Giuseppe Pignatale
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Il predestinato. Tra i generali di Silla ve n'era uno, molto giovane, ricco, audace, ambizioso, il quale, con un
esercito di uomini tratti quasi esclusivamente dalle campagne di sua proprietà, aveva aiutato in modo decisivo il futuro dittatore
nella sua lotta per assumere il potere. Si chiamava Gneo Pompeo. Con la sua ricchezza, la sua abilità in guerra, la sua
fortuna in tutte le imprese, sembrava un vero prediletto degli dèi; amava l'avventura e invidiava
Alessandro Magno
per la meravigliosa epopea elle aveva potuto vivere.
Morto Silla, gli antichi sostenitori di Mario avevano cercato di prendersi una rivincita raccogliendosi in Spagna sotto la guida del
generale Quinto Serturio. Per combatterli, il senato aveva bisogno di un uomo sicuro, il quale non si servisse poi dell'esercito per
assumere il potere in Roma. E Pompeo, ancor giovane, generoso, aristocratico, sembrava l'uomo giusto.
Egli condusse dunque la guerra contro Sertorio riuscendo a disperdere il partito mariano, ed era appena tornato in Italia quando il
caso gli permise di concludere con egual fortuna un'altra lotta. La grande abbondanza di schiavi, costretti a un'esistenza di duro
lavoro, aveva infatti provocato varie rivolte, più o meno gravi: le cosiddette guerre servili. Nel 72 avanti Cristo, mentre Pompeo
sbaragliava i mariani in Spagna, era scoppiata in Italia una rivolta di schiavi particolarmente pericolosa perchè a capo dei ribelli
si era messo un coraggioso schiavo trace, Spartaco, proveniente da una scuola di gladiatori.
Il gladiatore, lo schiavo addestrato a combattere contro le belve o con altri gladiatori con le armi più diverse, dal corto e solido
gladio al tridente, solo per dare spettacolo della sua abilità e del suo coraggio, è una figura tipica della tradizione romana. Per
secoli il popolo di Roma fu un appassionato di questi spettacoli sanguinosi che venivano eseguiti in un'arena circolare intorno a cui,
su gradinate di legno o di pietra, si affollavano gli spettatori: il circo. Era disposto a sopportare 1a miseria e la fame purchè, ogni
tanto, qualche ricco gli offrisse i circenses, ossia i giuochi del circo. E con i circenses erano stati spesso placati i suoi tumulti.
I gladiatori venivano addestrati in apposite scuole e formavano una specie di tragica casta destinata alla morte violenta, ma anche a
effmeri e illusori trionfi quando divenivano quel che oggi diremmo dei «divi». Da una di queste scuole provenivano Sparlaco e i migliori
dei suoi seguaci, ai quali si erano uniti schiavi fuggitivi di ogni genere scorrazzando l'Italia in lungo e in largo e predando.
Dopo lunghe lotte, l'esercito servile di Spartaco era stato sconfitto da un generale che mirava anche lui al potere: Marco Licinio
Crasso. Siccome i superstiti si erano rifugiati sulle montagne dell'Appennino, e toccò a Pompeo il compito di inseguirli e di
distruggerli, assicurandosi così anche il merito di avere concluso la lotta.
Vittorie sui pirati e su Mitridate. Sulle ali della fortuna, la Luna di Pompeo andò sempre più aumentando; unico tra i Romani,
egli ebbe il soprannoute di Magno, come Alessandro: e, sebbene non avesse mai ricoperto pubbliche cariche, fu nominato console. La
fortuna continuò ad aiutarlo. Incaricato di combattere i pirati, che, approfittando delle difficoltà in cui si era trovata Ronca,
scorrazzavano per il Mediterraneo, aggredendo le navi, facendo razzie, prendendo prigionieri e imponendo riscatti, riuscì a distruggerli
in quattro mesi. Allora si senti pronto per un'impresa di vaste proporzioni e chiese che gli fosse affidato il contando della guerra
contro Mitridate.
Questo re, infatti, non aveva abbandonato le sue ambizioni nè il suo odio per i Romani. Si era allcto con il vicino re di Armenia e
insisteva nei suoi tentativi di rivincita tenendo in scacco gli eserciti romani che gli erano stati mandati
contro.
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Sopra: Pompeo.
Sotto: gladiatori: reziario, a centro mirmidone, e, infine oplomaco.
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Pompeo decise di chiudere la partita con lui una volta per sempre: aveva mostrato di non voler approfittate degli eserciti che gli
venivano affidati, e il senato gli affidò senza timore l'incarico di condurre la
guerra in oriente.
Le operazioni furono condotte con grande decisione e abilità: Mitridate fu sconfitto e sarebbe caduto prigioniero se non si fosse
ucciso; la Bitinia, la Cilicia, la Siria furono ridotte a province romane. Gerusalemme fu conquistata.
Ristabilito così su tutta l'Asia
il dominio di Roma, nel 62 avanti Cristo, Pompeo tornava nella città eterna carico di gloria e di ricchezze.
Catilina. Frattanto a Roma le ambizioni infuriavano, uomini di ogni sorta, avventurieri senza scrupoli, arrivisti, cercavano di
conquistare il potere. E il governo repubblicano non riusciva più a dominare la situazione.
Un patrizio corrotto e pronto a tutto, Lucio Sergio Catilina, che si era fatto un partito riunendo intorno a sè uu gruppo di ambiziosi,
dopo aver tentato invano di essere nominato console, ordì un colpo di stato: i senatori dovevano essere assaliti e uccisi nelle loro case,
la città incendiata e, nel disordine, egli avrebbe assunto il potere. Ma si trovò contro un grande oratore, il maggior avvocato del tempo,
non privo neppur lui
di ambizione ma onesto e, pur nella sua enfasi e nella sya retorica, sincero difensore delle libertà repubblicane: Marco Tullio Cicerone.
Cicerone, che in quell'anno, il 63 avanti Cristo, era console, seppe della congiura e la svelò in senato pronunciando contro Catilina
alcune orazioni rimaste famose. Catilina dovette fuggire morendo poi presso Pistoia in un disperato tentativo di dar battaglia.
II primo triumvirato. Pompeo trovò Roma in queste condizioni. Arrivato in Italia,
sciolse l'esercito e si cra avviato verso Roma seguito da pochi amici come un semplice cittadino: egli non voleva abusare del suo potere. Si dice che
le popolazioni, nel vederlo con un seguito così modesto, si affollassero intorno a lui per fargli scorta seguendolo con le loro
acclamazioni.
Giunto in Roma, egli indugiò qualche tempo a prendere una decisione: si sentiva considerato con diffidenza poichè era certo colui che
aveva le maggiori possibilità di dar l'assalto al potere. 11 senato stesso. sebbene egli avesse licenziato l'esercito rinunciando così
a una qualsiasi dittatura militare, volle mostrare di non subire la sua influenza rifiutando una distribuzione di terre ai suoi veterani.
Allora Pompeo comprese che, almeno in un primo momento, doveva mettersi d'accordo con altri e dividere il governo con loro.
Emergevano quindi due figure: un giovane uomo politico ambiziosissimo che si era già messo in vista acquistando una notevole popolarità,
Gaio Giulio Cesare; e un abile uomo d'affari che, dopo avere ammassato una ricchezza enorme e avere condotto con fortuna la guerra
contro Spartaco, voleva far carriera politica, Licinio Crasso. Questi non era certo un genio, ma conosceva i suoi limiti, mirava
soprattutto ai guadagni ed era circondato da una clientela vastissima.
Pompeo li scelse per stringere un accordo privato di reciproca assistenza nella corsa al potere, e fu questo il cosiddetto « primo
triumvirato ».
La storia segue in particolare su Giulio Cesare e sconfitta e morte a Carre di Crasso.
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Sopra: Crasso; sotto: Cesare.

Sotto: Cicerone.

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Sopra: Mitridate, re del Ponto, si uccise per non cadere vivo nelle mani di Pompeo.
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Sotto: territori in Asia conquistati o riconquistati da Pompeo.
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