Roma per alcuni anni si era trovata in una condizione di guerra fredda con continue provocazioni da e verso i popoli confinati e
con continue chiamate alle armi che però sfociavano in taciti accordi fra le città.
I Tarquini che avevano posto la loro base a
Tuscolo si stavano adoperando per riprendere le ostilità con un supporto militare organizzato. Ottavio Mamilio si era attivato per
formare una lega latina e per organizzare un esercito di dimensioni sufficienti da riuscire a vincere i potenti vicini. Livio
asserisce che, essendo consoli Tito Ebuzio Helva e Gaio Veturio Gemino (secondo la cronologia varroniana era il 499 a.C.), fu
assediata Fidene, conquistata Crustumerio e Preneste defezionò dalla Lega Latina passando al campo avversario. La guerra con i
Latini era diventata inevitabile.
Nell'anno 498 a.C. nella Selva Ferentina si tennero riunioni dove si formò una alleanza detta Lega Latina. Trenta città si unirono
per scrollarsi il peso di Roma. L'anno successivo i Latini conquistarono la fortezza di Corbium. Infine, nel 496 a.C., le
formazioni della Lega e una coorte di fuoriusciti romani al seguito dei Tarquini iniziarono le operazioni belliche. Le forze
latine assommavano a circa 40.000 fanti e 3.000 cavalieri.
A Roma si era venuti a conoscenza della minaccia, Aulo Postumio venne nominato dittatore e vennero reclutati 24.000 fanti e 3.000
cavalieri, le usuali 4 legioni rinforzate dalle solite forze di cavalleria. Metà delle legioni furono appostate fra Roma e Tuscolo
al comando di Postumio per controllare i movimenti dei Latini. Questi, visto l'esiguo numero di romani iniziarono lo spostamento
verso le forze nemiche. Postumio fece venire da Roma il resto dell'esercito e dispose i sui uomini fra il lago Regillo e il monte,
in una strettoia più facilmente difendibile. Entrambi gli eserciti attesero rinforzi e quando si sentirono sicuri, i Latini
sferrarono l'attacco.
La Battaglia del lago Regillo. La battaglia fu violentissima. Tarquinio il Superbo si scagliò contro Postumio ma fu ferito
a un fianco e ricondotto in salvo dai suoi; Ebuzio che comandava la cavalleria all'ala opposta, si scontrò direttamente con
Ottavio Mamilio ed entrambi rimasero feriti, Ebuzio al braccio, l'altro al petto, e dovettero ritirarsi dietro le prime linee.
Mamilio, comunque ritornò a combattere guidando la coorte dei fuoriusciti assieme al figlio di Tarquinio. Marco Valerio, fratello
di Valerio Publicola, scorto il giovane Tarquinio spronò il cavallo e si gettò, lancia in resta, contro Tarquinio che si ritirò
fra i suoi. Valerio non desistette, fu ferito al fianco da un avversario e morì poco dopo.
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Quell'ala cominciò a mostrare segni di cedimento; Postumio diede ordine di trattare come nemici coloro che si fossero dati alla
fuga. I romani stretti fra i nemici e la coorte delle guardie del corpo del dittatore, interruppero la fuga e ripresero il
combattimento aiutati proprio da quella coorte. Uomini freschi annientarono i nemici già stanchi, gli esuli furono quasi
circondati. Mamilio vedendo il pericolo si fece seguire da alcuni manipoli tenuti di riserva e si gettò nuovamente nella mischia.
Il legato Tito Erminio lo vide, gli si lanciò contro e lo uccise con un colpo; poi, colpito a sua volta, rientrò fra i ranghi per
morire mentre gli si prestavano le cure.
La battaglia era stata lunga e la fanteria romana era stanca, i nemici stavano prendendo il sopravvento. Postumio allora chiese
ai cavalieri di scendere dai cavalli e aiutare i fanti nelle loro azioni.
« Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai
portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere
i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare. »
Erano le fasi conclusive; i cavalieri romani risalirono sui loro destrieri e si diedero ad inseguire i nemici in fuga. La fanteria
tenne dietro. Venne conquistato il campo latino.
Secondo la leggenda, oltre a questo rinforzo dei cavalieri Postumio chiese un aiuto divino ai Dioscuri, facendo voto di
dedicare loro un tempio in cambio di un significativo aiuto. Si videro allora comparire due giovani guerrieri che nessuno dei
Romani conosceva. Montati su cavalli bianchi si gettarono a combattere nelle prime file trascinando i Romani alla vittoria. Al
termine della battaglia, però abbandonarono il campo. Sempre secondo la leggenda erano corsi a Roma a portare la notizia della
vittoria, avevano lavato i cavalli alla fonte Giuturna ed erano scomparsi.
Postumio ed Ebuzio entrarono a Roma in trionfo; Postumio, devotamente, scioglierà il voto innalzando presso la fonte Giuturna
un tempio a Castore e Polluce. Il vecchio re Tarquinio terminerà i suoi giorni alla corte di Aristodemo, tiranno di Cuma.
La sconfitta fermò definitivamente le velleità dei Latini che dovettero accettare la supremazia di Roma. Ma i Romani furono
abbastanza saggi da non sfruttare troppo le popolazioni assoggettate, tanto che qualche anno dopo, verso il (462 a.C.), i
tuscolani furono i più fedeli alleati di Roma quando la città, stremata da una micidiale pestilenza, ne ricevette l'aiuto
contro le popolazioni degli Equi e dei Volsci.
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