Giuseppe Pignatale
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PRIME VICENDE DI ROMA REPUBBLICANA.

L'antico villaggio era diventato una repubblica con due compiti principali: ordinarsi all'interno e mettersi al sicuro dalle minacce dei popoli vicini ......

 
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Abbiamo visto che intorno al 510 a.C. il popolo romano abbia scacciato Tarquinio il Superbo ponendo fine alla monarchia e dato inizio alla repubblica (vedi età monarchica).
In particolare in questo periodo, compaiono le gesta leggendarie di uomini e donne di Roma, iniziate nel periodo monarchico, che col loro coraggio e sacrificio contribuirono alla grandezza di Roma.

Abbiamo visto che Tarquinio il Superbo, non appena seppe della ribellione di Roma, si rifugiò presso gli Etruschi. E accadde che il lucumone di Chiusi, Porsenna, corse in aiuto di Tarquinio marciando col suo esercito contro Roma dando inizio a una guerra ricca di gesta leggendarie.
Ricordiamo Orazio Coclite che resiste da solo combattendo contro gli Etruschi sul ponte Sublicio, mentre i suoi compagni lo distruggono per evitare l'accesso dei nemici in città per riparare poi a nuoto. Altro personaggio leggendario fu Muzio Scevola che entrò da solo nel campo etrusco, per uccidere il re, e avendo ucciso per sbaglio un suo funzionario, punì la mano destra bruciandola su un braciere per dimostrare che un romano non teme il dolore lasciando sbigottito il re Porsenna. Non bisogna dimenticare poi la giovinetta Clelia, data in ostaggio al re etrusco, attraversa a nuoto il Tevere per tornare dai suoi, riconsegnata al lucumone di Chiusi fu poi rimandata a casa.
Dopo queste vicende, gli Etruschi si ritirarono, e, Tarquinio e i suoi seguaci, che nel frattempo erano stati espropriati dei loro beni a Roma, dovettero trovare rifugio a Tusculum dal genero di Tarquinio, il dittatore Ottavio Mamilio. Mamilio passò i successivi tre anni a preparare la guerra a Roma, aizzando i Latini che, d'altra parte, non avevano nessun bisogno di essere aizzati per combattere.
Essendo consoli Aulo Postumio e Tito Ebuzio Helva Roma dovette fronteggiare una battaglia più pericolosa delle altre; dopo alcuni anni di combattimenti con i vicini, i romani si trovarono davanti, sul campo assieme ai

 
 Sopra: Orazio Coclite combatte da solo contro gli Etru-
 schi per consentire ai suoi soldati di tagliare il ponte
 alle sue spalle.
 Sotto: Muzio Scevola bruciò la mano destra per punirla
 perchè non aveva ucciso il re Porsenna.

Tuscolani, Lucio Tarquinio e i fuoriusciti romani che vedevano l'ultima possibilità di vendicarsi e rientrare in patria da vincitori.
Tito Livio (Ab Urbe condita libri) racconta che
« Quando i Romani seppero che i Tarquini facevano parte dell'esercito dei Latini, furono spinti dall'ira ad attaccare immediatamente battaglia. E dunque questo scontro risultò più duro e sanguinoso di ogni altro: basti pensare che i comandanti non si limitarono a dirigere le operazioni [...] Perfino Tarquinio Superbo che pure era appesantito e indebolito dall'età stava in prima fila [...] Il comandante latino [...] fece avanzare una coorte di esuli di Roma comandata dal figlio di Lucio Tarquinio. E proprio grazie ad essa [...] poté rialzare per un po' il livello dello scontro. »
e poi Livio dice
« Al timore di una nuova guerra sabina si aggiungeva la notizia, abbastanza cer- ta, che trenta città si erano strette in giuramento sotto l'impulso di Ottavio Mami- lio. [...] fu così che si affacciò per la prima volta l'idea di creare un dittatore. »

Si noti che il problema dei Romani non era la capacità bellica dei consoli (Livio non riesce a precisarne il nome) ma il fatto di essere sospettati di parteggiare per la fazione dei Tarquini, evidentemente ancora dotata di un certo seguito nella città.

 

Sopra: posizione attuale dove si trova-
va il lago Regillo; esso un tempo si trovava nell'agro tuscolano e prosciu-
gato nel V o inizio IV secolo a.C.
(oggigiorno la piana che lo ha sosti-
tuito ha il nome di "Prataporci",
o "Pantano Secco").

Roma per alcuni anni si era trovata in una condizione di guerra fredda con continue provocazioni da e verso i popoli confinati e con continue chiamate alle armi che però sfociavano in taciti accordi fra le città. I Tarquini che avevano posto la loro base a Tuscolo si stavano adoperando per riprendere le ostilità con un supporto militare organizzato. Ottavio Mamilio si era attivato per formare una lega latina e per organizzare un esercito di dimensioni sufficienti da riuscire a vincere i potenti vicini. Livio asserisce che, essendo consoli Tito Ebuzio Helva e Gaio Veturio Gemino (secondo la cronologia varroniana era il 499 a.C.), fu assediata Fidene, conquistata Crustumerio e Preneste defezionò dalla Lega Latina passando al campo avversario. La guerra con i Latini era diventata inevitabile.
Nell'anno 498 a.C. nella Selva Ferentina si tennero riunioni dove si formò una alleanza detta Lega Latina. Trenta città si unirono per scrollarsi il peso di Roma. L'anno successivo i Latini conquistarono la fortezza di Corbium. Infine, nel 496 a.C., le formazioni della Lega e una coorte di fuoriusciti romani al seguito dei Tarquini iniziarono le operazioni belliche. Le forze latine assommavano a circa 40.000 fanti e 3.000 cavalieri. A Roma si era venuti a conoscenza della minaccia, Aulo Postumio venne nominato dittatore e vennero reclutati 24.000 fanti e 3.000 cavalieri, le usuali 4 legioni rinforzate dalle solite forze di cavalleria. Metà delle legioni furono appostate fra Roma e Tuscolo al comando di Postumio per controllare i movimenti dei Latini. Questi, visto l'esiguo numero di romani iniziarono lo spostamento verso le forze nemiche. Postumio fece venire da Roma il resto dell'esercito e dispose i sui uomini fra il lago Regillo e il monte, in una strettoia più facilmente difendibile. Entrambi gli eserciti attesero rinforzi e quando si sentirono sicuri, i Latini sferrarono l'attacco.
La Battaglia del lago Regillo. La battaglia fu violentissima. Tarquinio il Superbo si scagliò contro Postumio ma fu ferito a un fianco e ricondotto in salvo dai suoi; Ebuzio che comandava la cavalleria all'ala opposta, si scontrò direttamente con Ottavio Mamilio ed entrambi rimasero feriti, Ebuzio al braccio, l'altro al petto, e dovettero ritirarsi dietro le prime linee. Mamilio, comunque ritornò a combattere guidando la coorte dei fuoriusciti assieme al figlio di Tarquinio. Marco Valerio, fratello di Valerio Publicola, scorto il giovane Tarquinio spronò il cavallo e si gettò, lancia in resta, contro Tarquinio che si ritirò fra i suoi. Valerio non desistette, fu ferito al fianco da un avversario e morì poco dopo.



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Quell'ala cominciò a mostrare segni di cedimento; Postumio diede ordine di trattare come nemici coloro che si fossero dati alla fuga. I romani stretti fra i nemici e la coorte delle guardie del corpo del dittatore, interruppero la fuga e ripresero il combattimento aiutati proprio da quella coorte. Uomini freschi annientarono i nemici già stanchi, gli esuli furono quasi circondati. Mamilio vedendo il pericolo si fece seguire da alcuni manipoli tenuti di riserva e si gettò nuovamente nella mischia. Il legato Tito Erminio lo vide, gli si lanciò contro e lo uccise con un colpo; poi, colpito a sua volta, rientrò fra i ranghi per morire mentre gli si prestavano le cure.
La battaglia era stata lunga e la fanteria romana era stanca, i nemici stavano prendendo il sopravvento. Postumio allora chiese ai cavalieri di scendere dai cavalli e aiutare i fanti nelle loro azioni.

« Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare. »
Erano le fasi conclusive; i cavalieri romani risalirono sui loro destrieri e si diedero ad inseguire i nemici in fuga. La fanteria tenne dietro. Venne conquistato il campo latino.

Secondo la leggenda, oltre a questo rinforzo dei cavalieri Postumio chiese un aiuto divino ai Dioscuri, facendo voto di dedicare loro un tempio in cambio di un significativo aiuto. Si videro allora comparire due giovani guerrieri che nessuno dei Romani conosceva. Montati su cavalli bianchi si gettarono a combattere nelle prime file trascinando i Romani alla vittoria. Al termine della battaglia, però abbandonarono il campo. Sempre secondo la leggenda erano corsi a Roma a portare la notizia della vittoria, avevano lavato i cavalli alla fonte Giuturna ed erano scomparsi.
Postumio ed Ebuzio entrarono a Roma in trionfo; Postumio, devotamente, scioglierà il voto innalzando presso la fonte Giuturna un tempio a Castore e Polluce. Il vecchio re Tarquinio terminerà i suoi giorni alla corte di Aristodemo, tiranno di Cuma.
La sconfitta fermò definitivamente le velleità dei Latini che dovettero accettare la supremazia di Roma. Ma i Romani furono abbastanza saggi da non sfruttare troppo le popolazioni assoggettate, tanto che qualche anno dopo, verso il (462 a.C.), i tuscolani furono i più fedeli alleati di Roma quando la città, stremata da una micidiale pestilenza, ne ricevette l'aiuto contro le popolazioni degli Equi e dei Volsci.