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I segnali che disturbano il corretto funzionamento delle apparecchiature elettroniche civili ed industriali, sempre presenti
sulla rete di alimentazione, a volte sono i soli responsabili di guasti, rotture e danneggiamenti. Soprattutto quando si
esprimono attraverso tensioni e frequenze elevate, intollerabili dalla maggior parte dei semiconduttori.
Alcune recenti indagini tecniche sulla natura e l'entità dei disturbi provenienti dalla rete-luce hanno dimostrato che, in molti
ambienti domestici, si possono rilevare picchi di tensione sino a 5.000 V, con frequenze comprese fra i 100 KHz e i 10 MHz,
principalmente generati dalle manovre di apertura e chiusura di circuiti con carichi induttivi come, ad esernpio lampade al neon,
lavatrici, frigoriferi, lucidatrici, aspirapolvere e molti altri elettrodomestici.
Da questo tipo di disturbi ci si potrebbe difendere eliminando, all'origine, le estratensioni e le extracorrenti. Ma questo
intervento diretto sulle sorgenti, che dovrebbe risultare doveroso per tutti, non sempre viene effettuato. E chi ne soffre le
conseguenze non può far altro che realizzare un sistema di protezione locale delle apparecchiature elettroniche esposte a tali
pericoli, senza poter in alcun modo intervenire direttamente sulle sorgenti dei disturbi.
Tale sistema di protezione locale consiste nello stabilizzare la tensione alternata di alimentazione all'ingresso dell'apparato
elettronico che si vuol proteggere, annullando così tutti i picchi di tensione di valore superiore a quello massimo di sicurezza
imposto dai semiconduttori.
A questo risultato si arriva facendo ricorso ai varistori nel modo che vedremo più avanti, dopo esserci doverosamente intrattenuti
sui concetti fondamentali che stanno alla base della teoria che interpreta il comportamento di questi particolari componenti
elettronici.
VARIETA' DI VARISTORI.
I varistori, denominati anche resistenze V.D.R. (voltage dependent resistor), sono componenti elettronici rappresentativi di una
vasta gamma di elementi non lineari e realizzati con tecniche svariate. Normalmente ci si riferisce a quel componente il cui valore
intrinseco resistivo diminuisce quando aumenta il valore della tensione applicata ai suoi terminali. La maggior parte delle
tecniche applicative dei varistori si estendono dalla soppressione dei picchi di sovratensione, su linee disturbate. a quella
degli archi voltaici che vengono spontaneamente a formarsi fra i contatti dei relé, degli interruttori e, più in generale,
degli apparati con parti soggette a movimento. Nelle tecniche applicate si incontrano oggi diversi tipi di varistori, ma i più
comuni sono soltanto tre:
i varistori al carburo di silicio, i varistori al selenio e quelli all'ossido di zinco.
Ciascuno di questi tre tipi di varistori risulta caratterizzato da un indice di non linearità.
Quanto più elevato è l'indice di non linearità, tanto maggiore risulta la variazioni di resistenza intrinseca del componente al
variare della tensione applicata ai suoi terminali. I varistori al carburo di silicio attualmente non sono più utilizzati: la loro
presenza sul mercato tecnologico, infatti, è cessata da anno a questa parte.
I varistori al selenio si ritrovano tuttora in molti circuiti. Essi presentano un indice di non linearità praticamente doppio di
quello dei varistori al carburo di silicio. Ma presentano lo svantaggio di essere ingombranti e di richiedere il collegamento di
due elementi contrapposti se si vuole raggiungere l'effetto bidirezionale.
VARISTORI ALL'OSSIDO DI ZINCO
Le migliori caratteristiche tecnologiche sono presenti, allo stato attuale della tecnica, nei varistori all'ossido di zinco.
L'indice di non linearità di questi componenti è superiore a 30 e la loro caratteristica si avvicina molto a quella dei diodi
zener, tanto da poter essere ritenuti quasi degli elementi stabilizzatori in alternata. Un ulteriore notevole vantaggio, derivante
dall'uso dei variatori all'ossido di zinco, è costituito dalla possibilità di sopprimere le sovratensioni e di assorbire correnti
di intensità sino a 4.000 A, nei modelli più piccoli, e sino a 25.000 A, ed oltre, nei modelli più grossi. Questo vantaggio è
ancor più appariscente se si ricorda che in un diodo zener, di grosse dimensioni, si possono tollerare, al massimo, picchi di
corrente di 50 A. I varistori all'ossido di zinco possono lavorare con tensioni nominali che si estendono entro la gamma che va
dai 22 V sino ai 1.800 V. I diodi zener, al contrario. possono tollerare tensioni massime di poche centinaia di volt.
GENERALITA' COMMERCIALI
I varistori sono componenti elettronici che vengono attualmente prodotti da varie case costruttrici. La sigla più nota è
senz'altro la GE-MOV, che risulta impressa sui modelli prodotti dalla G.E. (General Electric). Ma sono
noti anche i varistori " Zenamic" prodotti dilla IRCI "International Rectitier".
La forma fisica dei varistori varia in funzione delle caratteristiche elettriche di dissipazione. mentre il simbolo elettrico
universalmente adottato è quello riportato in figura 1.
I moderni varistori vengono realizzati con polveri di ossido di zinco ed ossido di bismuto, finemente pressate, in modo da
ottenere un componente simile ad un elemento ceramico (figura 2).
Le forme, più consuete dei varistori all'ossido di zinco sono
quelle riportsate in ligura 3. Come si può notare, questi componenti, somigliano molto ai comuni condensatori di tipo
ceramico, a disco o a tubetto.
Per quanto riguarda le caratteristiche intrinseche, in commercio i trovano modelli per tensioni comprese fra
i 20 e i 1000 V, in grado di sopportare impulsí di correte che vanno da un minimo di 50 A, per i piccoli modelli, sino ad
oltre 2500 A per i modelli di potenza.
SIGLA DEL COMPONENTE
Quasi sempre la sigla impressa sul corpo esterno del componmente è in grado di offrire tutte le indicazioni che caratterizzano
il vatistore. In figura 4 riportiamo un esempio indicativo. Si tratta varistorc dello G.E. di tipo V250 LA 40 A.
La prima indicazione si riferisce alla tensione nominale di lavoro del componente in corrente alternata che risulta essere di
250 V.
La seconda sigla LA indica il modello di varistore mentre il numero 40 sta ad indicare l'energia espressa in joule che il
componente pun assorbire.
Ricordiamo che:
1 joule = 1 W x 1 sec.
Questo terzo elemento fornisce una chiara indicazione sulla possibilità del componente di assorbire picchi di corrette più
o meno intensi (sino a 2000 A per il modello citato). L'ultima indicazione ossia la lettera A, si riferisce alla selezione
della qualità del prodotto.
VARISTORI E ZENER
La resistenza del varistore dipende dalla tensione applicata ai suoi terminali. Più precisamente, la
tensione di questi compo- nenti diminuisce fortemente con l'aumentare della tensione. Si tratta di una caratteristica assimilabile a
quella di due diodi zener, collegati tra loro come indicato in figura 5, ma con la possibilità di sopportare, sia pure per brevi
istanti correnti elevatissime, dell'ordine delle migliaia ampere, che distruggerebbero immediatamente qualsiasi diodo zeuer, anche
di potenza.
LE SOVRATENSIONI
Occorre a questo punto chiarire il concetto di sovratensione. Le sovratensioni si manifestano generalmente nei circuiti induttivi,
cioè in quei circuiti in cui è presente un avvolgimento (bobine, trasformatori, autotrasformatori, impedenze).
Queste sovraten- sioni sono dovute all'energia immagazzinata dai campi elettromagnetici che avvolgono le induttanze. In pratica
quando si
interrompe l'alimentazione in corrente alternata di un circuito, il campo elettromagnetico, che avvolge l'induttanza stessa, si
scarica nel circuito tramite una sovratensione momentanea che è la causa di una sovraccorrente.
Un fenomeno molto appariscente in tal senso è rappresentato dalla scintilla che si manifesta tra gli elettrodi di contatto di un
relè oppure tra i morsetti di un interruttore all'atto dell'apertura del circuito.
Occorre tenere presente che ogni avvolgimento, a causa dei valori capacitivi parassiti che insorgono spontaneamente
tra i fili conduttori, può essere considerato come un vero e proprio circuito risonante, caratterizzato dalla presenza di una
induttanza e di una capacità.
L'energia immagazzinata dall'induttanza viene restituita, all'atto dell'apertura del circuito, sottoforma di una sovratensione che
è causa di una conseguente sovracorrente.
L'impiego dei varistori in questi particolari tipi di circuiti si propone appunto di eliminare le sovratensioni, che costituiscono
sempre causa di disturbi, più o menu intensi, nelle apparecchiature elettroniche dislocate in prossimità del punto in cui il
fenomeno si manifesta.
AZIONE DEL VARISTORE
I due diagrammi riportati in figura 6 interpretano il concetto di inserimento di un varistore in una linea di alimentazione
in corrente alternata. Il collegamento risulta effettuato in parallelo con la linea stessa, che si suppone interessata da una
tensione variabile fra i 300 e i 160 V ( vedi diagramma) . L'azione del varistore, che aupponiamo da 250 V, si manifesta
nell'annullamento stelle creste di tensione che superano il valore di 250 V. L'effetto del varistore
non si esercita sui valori di tensioni al di sotto dei 250 V.
Le espressioni teoriche ora proposte non devono in alcun modo indurci ad una possibile soluzione del problema di stabilizzazione di
una tensione alternata per mezzo di un varistore. Nella figura 6, infatti, si interpreta soltanto un concetto di funzionamento del
varistore, ossia della sua eventuale azione sulle sinusoidi delle correnti alternate. Perché qualsiasi varistore, così impiegato,
sarebbe subito distrutto, non essendo essi in grado di dissipare la sufficiente potenza in gioco in un simile ipotetico sistema di
stabilizzazione.
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Fig.03. Sopra: sono riportate le forme fisiche più
consuete dei varistori all'ossido di zinco. La loro somiglianza con
i comuni condensatori di tipo ceramico, a disco o a tubetto è evindentissima.
Fig.04. Sotto: sul corpo esterno dei varistori, prodotti dalla General Electric,
risulta impressa una particolare sigla, che ci permette di conoscere le principali caratteristiche
del componente.


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