Giuseppe Pignatale
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   Sensori ad effetto di Hall.
Un interruttore elettronico» che si ecciti con un campo magnetico può risultare molto utile per risolvere svariati problemi in campo hobbistico e industriale: in questo articolo vi forniremo diversi esempi teorici e pratici di come si possa utilizzare un simile componente per condurre esperimenti di vario genere.
 
   

L'effetto Hall, cioè la scoperta che una calamita avvicinata in un ben determinato modo ad un conduttore o semiconduttore percorso da una corrente elettrica permette di far deviare all'interno di questo i «portatori di carica» (cioè gli elettroni) creando così una piccola «tensione» in senso trasversale al conduttore stesso non è recente, anzi si può affermare che è vecchissima in quanto i testi di «fisica» la fanno risalire addirittura al 1879.
Tale scoperta comunque inizialmente non venne sfruttata per applicazioni pratiche e solo 80 anni dopo si iniziarono a vedere in giro le prime «testine» ad effetto di Hall, le quali comunque venivano offerte a prezzi così elevati da doverle considerare componenti da milionari.

SEMBRA UN TRANSISTOR

  Precisiamo subito che di «sensori» ad effetto di Hall in commercio ne esistono diversi tipi, per esempio ve ne sono di quelli che forniscono in uscita una tensione proporzionale all'intensità del campo magnetico applicato (vedi TL. 173) ed altri invece, come il TL.172 che abbiamo scelto per le nostre esperienze, che funzionano da veri e propri interruttori elettronici.
Esternamente questi «interruttori» o «sensori», come vogliamo chiamarli, si presentano come un normalissimo transistor plastico con involucro a mezzaluna (vedi fig. 1) e sono provvisti di 3 terminali indicati rispettivamente con V-M-U, cioè VOLT ALIMENTAZIONE-MASSAUSCITA. Con il passar degli anni tuttavia il progresso tecnologico ha fatto passi da gigante ed oggi non solo questi sensori vengono forniti a prezzi molto più accessibili, ma i sensori stessi vengono forniti in involucri microscopici, già completi di amplificatore interno, trigger di Schmitt e transistor d'uscita, il che permette di utilizzarli come veri e propri interruttori elettronici senza dover aggiungere nessun componente esterno. Tali caratteristiche ci hanno fatto ritenere che sia giunto il momento di prenderli seriamente in consi-
derazione per utilizzarli in tutte quelle applicazioni in cui sia presente un «campo magnetico» ed anche se a prima vista non è facile intuire quali siano le applicazioni veramente vantaggiose, sarà sufficiente riportare qualche esempio per constatare che in molti casi un sensore di questo tipo è praticamente insostituibile.
Tanto per iniziare potremmo utilizzare questo sensore come «contatto magnetico» in un impianto antifurto in quanto, considerate le sue dimensioni, risulta facile nasconderlo tuttavia non è certo questa la sola applicazione possibile infatti esso può servire per controllare la polarità di un magnete e la sua potenza rispetto ad altri, per sostituire le puntine platinate nei normali spinterogeni, per comandare dei «fine-corsa» nelle macchine utensili, per controllare il numero di giri di un albero motore (con l'ausilio di un contatore digitale), per realizzare delle tastiere elettroniche ad elevata affidabilità, per realizzare impianti di sicurezza per portiere, vetrine o macchine utensili, per realizzare delle chiavi magnetiche, per controllare il fine corsa in un registratore ecc.
Come vedete le applicazioni sono tante e tante altre se ne potranno trovare in seguito con un minimo di immaginazione: noi stessi, come vedrete, vi abbiamo preparato qualche circuito applicativo che speriamo possa servirvi, se non materialmente, almeno come spunto per risolvere i vostri problemi.
Al loro interno però risultano molto più complessi di un semplice transistor infatti, come vedesi in fig. 4, ognuno di essi contiene rispettivamente:
. un alimentatore stabilizzato;
. sensore ad effetto di Hall;
. un amplificatore differenziale;
. trigger di Schmitt;
. un transistor di bassa potenza a collettore aperto condizioni di riposo la base del transistor finale non è polarizzata per cui tale transistor non conduce.
Se però noi avviciniamo al corpo del TL 172, dal lato questo è sfaccettato (vedi fig. 2) il polo SUD di una calamita, oppure avviciniamo dalla parte opposta, cioè dal lato in cui I'ìnvolucro è semìcìrcolare (vedi fig. 3) il NORD della stessa calamita, automaticamente ecciteremo all'interno di questo il sensore ad effetto di il quale di conseguenza genererà una debole tensione d'intensità proporzionale all'intensità dei campo magnetico applicato. Questa tensione, amplificata dal «differenziale» che abbiamo visto in precedenza, verrà quindi applicata all'ingresso dei trigger di Schmitt e non appena il suo valore supererà il livello di soglia superiore di tale trigger, l'uscita del trigger stesso erogherà una tensione positiva sulla base del transistor finale portandolo in conduzione. Una volta raggiunta tale condizione, anche allontanando il magnete dal corpo dei sensore, il trigger interno non commuta subito e, infatti perché ciò avvenga è necessarlo che la tensione sul suo ingresso scenda al di sotto del livello di soglia inferiore, condizione questa che si verifica solo allontanando il magnete stesso di diversi millimetri. Precisiamo che il terminale V+ deve sempre essere alimentato con una tensione continua di 5 volt (massimo 7 volt), il terminale M deve sempre essere collegato alla massa, mentre il terminale U deve sempre essere collegato al positivo dei + 5 volt con una resistenza di valore superiore ai 270 ohm in modo che la corrente che scorre sul collettore dei transistor finale non superi mai i 20 milliampère (generalmente si calcola questa resistenza per una corrente di collettore di circa 8-10 mil(iampère). La velocità di commutazione è molto elevata (circa 80 nanosecondi) e ottima è anche la sensibilità, basti pensare che per far scendere a «zero» la tensione in uscita (cioè per chiudere l'interruttore) è sufficiente una densità di flusso magnetico di 50-60 millitesla (cioè 500-600 gauss) ed una volta raggiunta questa condizione, per ottenere la commutazìone inversa, cioè per riaprire l'interruttore, è necessario che la densità di flusso diminuisca di 23 millitesla (cioè di 230 gauss). In pratica questi 23 millitesla sono l'equivalente dell'isteresi che possiede il trigger di Schmitt presente all'interno dell'integrato, isteresi assolutamente necessaria per ottenere una chiusura decisa del contatto e un'apertura egualmente decisa senza quei «tentennamenti» che inevitabilmente insorgono quando si utilizza un circuito provvisto di una sola «soglia» di commutazione. Con queste informazioni chi ha dimestichezza con il magnetismo e le sue unità di misura potrà già valutare le possibilità d'impiego di tali «sensori»; chi invece non conosce tali unità di misura si troverà imbarazzato sentendo parlare di «millitesla» o di «gauss» ed è proprio per togliervi da tale imbarazzo che
apriamo a questo punto, una piccola parentesi per fornirvi qualche informazione, più precisa in proposito. Diremo allora che il «testa» è l'unità di misura defl'indduzione magnetica adottata nel sistema metrico internazionale mks.
Un «tesla» equivale in pratica a 1 «weber/metro quadro» oppure a 10.000 «gauss». Un «millitesla» sarà invece pari a 0,001 «weber/metro quadro» oppure a 10 «gauss». Tanto per fornirvi un'idea più precisa di quanto valga effettivamente un «millitesla» possiamo dirvi che avvolgendo su un supporto di ferro lungo 2 cm., per esempio su un bullone, 10-12 spire di filo di rame smaltato, per ottenere un'induzione sufficiente a far eccitare il nostro sensore (cioè 60 millitesla) è necessario far scorrere in queste spire una corrente di circa 10-15 miiliampère. Premesso questo possiamo ora presentarvi qualche schema applicativo di tali sensori: prima però vorremmo ricordarvi che la loro affidabilità, stando almeno a quanto riportato nella documentazione tecnica che la Casa ci ha fornito, è elevatissima in quanto gli esemplari montati finora su macchine hanno già effettuato oltre 10 milioni di commutazioni senza denotare nessun inconveniente. In ogni caso dobbiamo aggiungere che se qualcuno tentasse di alimentarli con tensioni superiori ai 6 volt, o facesse scorrere sul collettore una corrente superiore ai 20 milliampère, oppure li montasse alla rovescio sullo stampato, saranno sufficienti 2 sole commutazioni per metterti immediatamente fuori uso. Il più semplice circuito che potremo realizzare con tali componenti è quello visibile in fig. 5 costituito da un - TL. 172, un diodo led e una resistenza. Tale circuito, che deve essere alimentato con una tensione di 5 volt, ci servirà per condurre interessanti esperienze ed anche per risolvere qualche problema pratico.

CIRCUITO DI PROVA
Per esempio, avvicinando una calamita alla parte sfaccettata dell'involucro, se il diodo led si accende significa che abbiamo avvicinato il polo SUD; se invece il diodo led rimane spento anche avvicinandosi quasi fino a toccare significa che il polo in esame è quello NORD. Una volta individuato sulla calamita il polo NORD e il polo SUD potrete ora ripetere la stessa prova dall'altra parte dell'involucro, cioè dalla parte in cui questo è «semicircolare».
Constaterete che da questa parte, per accendere il diodo led è necessario avvicinare il polo NORD delta calamita in quanto avvicinando il polo SUD il diodo led rimane spento. - Con questo semplice circuito si potrà anche confrontare la potenza di due magneti infatti quello dei due che riuscirà a far accendere il diodo led da più lontano sarà senz'altro il più potente. Sempre con tale circuito potrete inoltre verificare quale corrente è necessario far scorrere in una bobina da voi avvolta su un nucleo di ferro o altro materiale ferromagnetico per eccitare il sensore, infatti per raggiungere lo scopo vi sarà sufficiente applicare in serie alla bobina un milliamperometro e dosare quindi la corrente con un potenziometro anch'esso in serie alla bobina fino a veder accendere il diodo led. Precisiamo che la tensione da utilizzare dovrà risultare continua e se applicando ad un capo di tale bobina il «positivo» il led non si accende, occorrerà invertire la polarità dell'alimentazione. Per ultimo, avvicinando il sensore presente in questo circuito agli altoparlanti delle vostre casse acustiche, potrete non solo determinare la potenza dei magneti inclusi negli altoparlanti stessi ma anche stabilire se il polo positivo di questi è rivolto verso la parte anteriore o posteriore del cono.
CIRCUITO PER COMANDI A DISTANZA
Poiché qualche lettore avrà già pensato di installare questo componente su qualche macchina utensile oppure in un impianto di antifurto in cui il sensore stesso, per esigenze di ubicazione, si troverà sempre a notevole distanza dal quadro di controllo, vi suggeriamo in fig. 6 uno schema tramite il quale è possibile, con un semplice cavetto schermato, portare tensione anche a notevole distanza ottenendo così l'eccitazione di un relè oppure anche la semplice accensione di un diodo led a seconda delle esigenze.

Per esempio applicando un sensore con relativo magnete ad ognuna delle porte e finestre di una casa e collegando poi tutti questi sensori ad un unico quadra di controllo in cui ogni transistor piloti un diverso diodo led, noi potremo controllare a distanza se tutte le porte e finestre risultano chiuse oppure se qualcuna è aperta. Collegando sul collettore del transistor un relè ad autoritenuta potremo invece far scattare una sirena di allarme o qualche altro dispositivo analogo non appena qualcuno tenterà di aprire una porta o finestra dei locale protetto. A proposito dí questo circuito qualcuno potrebbe chiedersi come mai l'uscita viene prelevata dal terminale positivo della sonda, anzichè dal terminale U come sarebbe più logico aspettarsi. II motivo è molto semplice ed è dovuto unicamente alle necessità di utilizzazione un cavetto schermato con un solo conduttore interno per non complicare troppo i collegamenti. In pratica la sonda viene alimentata in questo caso tramite la resistenza R2 e poichè l'assorbimento della sonda stessa, in condizioni di riposo, non supera mai i 3-4 milliampère, ai capi della resistenza R2 si verrà a - stabilire una caduta di tensione pari a circa 150-200 millivolt, insufficiente comunque per far condurre il transistor TR1. Quando invece noi avviciniamo un campo magnetico al sensore ad effetto Hall, automaticamente il terminale U di questo, che normalmente si trova in condizione logica 1, cioè massima tensione positiva, si porterà nella condizione logica opposta, cioè in condizione 0, pertanto in questo caso sulla resistenza R2, oltre alla corrente assorbita come alimentazione dalla sonda, scorrerà anche la corrente assorbita dall'uscita U tramite la resistenza R1. Questa corrente aggiuntiva fa scendere la tensione sulla base di TR1 di quel tanto che basta per portarlo in conduzione e fargli così erogare in uscita una tensione positiva, ma nello stesso tempo la variazione ottenuta è così limitata da non influire sul funzionamento della «sonda» il cui terminale positivo è collegato esso pure alla base di TR1.

Come vedete, con questo semplice «trucchetto» è possibile risparmiare un filo all'interno del cavetto schermato, quel filo cioè che ciascuno di voi avrebbe tranquillamente collegato al terminale U del TL172 per prelevare il segnale in uscita.

CONTAGIRI o CONTACOLPI
Applicando un piccolo magnete sopra un albero motore e ponendo in prossimità di quest'albero il sensore ad effetto Hall, noi potremo prelevare dall'uscita di questo un impulso ogni giro, quindi impiegare tali impulsi per pilotare l'ingresso di un contatore digitale a 3-4-7 display come per esempio i modelli LX333-334-344-347 presentati sol n. 65 (rivista Nuova Elettronica), in modo da poter leggere, al termine di un determinato periodo di tempo, quanti giri l'albero ha percorso.



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Se invece ci interessa rilevare il numero di giri al secondo o al minuto, dovremo applicare questi impulsi all'ingresso di un frequenzimetro con la base dei tempi commutata su «1 secondo» ed automaticamente avremo raggiunto il nostro scopo. Una volta ottenuto questo risultato, per calcolarsi il numero di giri al minuto, sarà sufficiente moltiplicare X 60 il numero che appare sui display, cioè se i giri al secondo sono per esempio 150, i giri al minuto risulteranno: 150 x 60 = 9.000.
Se poi volessimo leggere direttamente sui display il numero di giri al minuto senza dover eseguire nessuna operazione mentale, ci basterà applicare sull'albero motore, invece di un solo magnetino, 6 magnetini equidistanti fra di loro sulla stessa circonferenza ed in tal caso, ricevendo il frequenzimetro 6 impulsi in ingresso per ogni giro dell'albero, i giri al secondo che leggeremo sui display risulteranno già moltiplicati X 6, quindi ci basterà aggiungere uno 0 alla fine per ottenere automaticamente i «giri al minuto».
Per esempio se sui display di tale frequenzimetro compare il numero 370, è ovvio che i giri al minuto sono: 370 x 10 = 3.700 Sempre con uno schema di questo tipo potremmo inoltre realizzare dei comandi elettronici in grado di far eccitare un relè o teleruttore dopo 10-100-1.000 giri infatti per raggiungere questo scopo sarà sufficiente collegare sulle uscite dei contatori, anziché delle decodifiche con relativi display, una rete costituita da porte nand o nor in grado di fornire una tensione positiva in uscita quando si raggiunge nel conteggio il numero prestabilito.

AVVISATORE ACUSTICO
In fig. 10 potete vedere lo schema di un semplice avvisatore acustico realizzato con un solo TL. 172 e un integrato NE.555
In pratica in tale progetto, finché il magnete si trova nelle vicinanze del sensore ad effetto Hall, l'altoparlante resta «muto» tuttavia non appena il magnete stesso viene allontanato dal sensore automaticamente l'altoparlante si mette a suonare generando una nota acustica ad una frequenza di circa 1.000 Hz.
Il motivo per cui questo avviene è presto detto infatti l'uscita del «sensore» pilota direttamente l'ingresso di «reset» (piedino 4 dell'integrato NE.555 il quale da parte sua viene utilizzato come un normalissimo oscillatore ad onda quadra.
Finché il magnete si trova vicino al sensore l'uscita di questo si mantiene in condizione logica 0 e tale condizione, applicata all'ingresso di reset dell'integrato, gli impedisce di emettere in uscita la propria nota.
Quando invece noi allontaniamo il magnete, automaticamente l'uscita del sensore si riporta in condizione logica 1 e l'integrato è libero di oscillare fornendo così in uscita sull'altoparlante un'onda quadra alla frequenza di circa 1.000 Hz. Tale frequenza viene determinata dai valori di R2-R3-C1 e tuttavia il componente, su cui è consigliabile agire per modificare la frequenza stessa è il condensatore C1 e precisamente se si vuole abbassare la frequenza occorrerà aumentare la capacità di questo condensatore, viceversa se si vuole aumentare la frequenza occorrerà diminuire la capacità del condensatore. Anche questo circuito, come del resto tutti quelli visti in precedenza, deve essere alimentato con una tensione continua di 5-5,5 volt massimi. Se a qualcuno interessa ottenere l'effetto opposto, cioè ascoltare la nota acustica in altoparlante quando il magnete si avvicina al sensore anziché quando si allontana, potrà invece realizzare lo schema di fig. 9 il quale pure impiega un integrato NE.555 anche se collegato in modo diverso rispetto al precedente. Precisiamo subito che tutto il «segreto» dei funzionamento di questo schema risiede nei valori di Rl-R2-R4 che sono stati opportunamente calcolati per mantenere bloccato l'oscillatore quando sull'uscita del TL.172 è presente una condizione logica 1 e per farlo oscillare liberamente solo quando su tale uscita è presente una condizione logica 0, cioè quando si avvicina il magnete al sensore. Modificando anche uno solo di questi valori potreste correre il rischio che l'oscillatore vi funzioni sempre oppure rimanga «muto» anche quando voi avvicinate la calamita al TL.172. Anche in questo caso, come già nell'esempio precedente, se vi interessa modificare la frequenza dell'oscillatore potrete agire sul condensatore C1 aumentandone, la capacità nel caso in cui vi interessi diminuire la frequenza o viceversa.

INTERRUTTORE DI INIZIO O FINE CORSA
Un altro circuito che potrebbe risultare valido per applicazioni su macchine utensili o similari è quello che vi presentiamo in fig. 12 realizzato con due «sensori» ad effetto di Hall più un normalissimo integrato CMOS di tipo CD.4011 contenente nel suo interno 4 porte nand a 2 ingressi (vedi A-B-C-D sullo schema).
Con questo circuito, quando noi avviciniamo il magnete al sensore che appare più in basso nel disegno (sensore B), automaticamente eccitiamo il relè collegato sul collettore dei transistor TR1 il quale se ne rimarrà eccitato finché con il magnete non ci avvicineremo al secondo sensore posto più in alto nello schema (sensore A). In pratica infatti il sensore B eccita il flip-flop set-reset costituito dai due nand A-B, mentre il sensore A posto in alto provvede a diseccitarlo. I due nand C-D collegati fra di loro in parallelo funzionano invece da semplice amplificatore in corrente.
Facciamo presente che con questo circuito, avvicinando un magnete al sensore in alto, il relè si diseccita in ogni caso anche se nello stessó istante è presente un magnete davanti al sensore che serve per «eccitare». Un circuito simile, come già detto in precedenza, potrebbe venir impiegato per realizzare delle serrature automatiche per Saracinesche, per realizzare degli automatismi di inizio o fine corsa oppure per mettere in moto delle pompe per riempire delle cisterne in modo tale che quando il livello scende al di sotto del minimo prestabilito il relè ecciti la pompa e quando invece il livello ha raggiunto il suo massimo il motore si fermi. Tale circuito, come vedesi dallo schema, richiede per la sua alimentazione una tensione di 12 volt: questo però non contraddice quanto abbiamo affermato in precedenza riguardo i sensori infatti la tensione per alimentare questi ultimi e l'integrato IC1 viene stabi)izzata sul valore di 5,1 volt tramite il diodo zener DZ1 e la resistenza di caduta R3. Nei paragrafi precedenti vi abbiamo presentato alcuni schemi elementari di impiego di questi sensori ad effetto Hall, schemi che tutti possono provare con la matematica certezza di un perfetto funzionamento in quanto già sono stati collaudati da Nuova Elettronica.
Possiamo solo aggiungere che per eccitare questi «sensori» non è necessario disporre di un piccolo magnete o calamita, in quanto essi si possono eccitare anche avvicinando solamente un piccolo solenoide o bobina di relè nel cui avvolgimento venga fatta scorrere una corrente continua. II montaggio di questi circuiti è estremamente semplice ed alla portata di tutti. - Consideriamo per esempio il primo telaio, siglato LX442, relativo all'avvisatore di prossimità. Su questo circuito stampato monteremo per prime le resistenze, poi lo zoccolo per l'integrato, il diodo DS1 (facendo attenzione a rispettarne la polarità), i tre condensatori e per ultimo il «sensore» ad effetto di Hall la cui parte sfaccettata deve essere rivolta come indicato
Una volta terminato il montaggio potremo inserire sul relativo zoccolo l'integrato NE.555 poi collegare l'altoparlante in uscita ed a questo punto potremo alimentare il tutto con una pila quadra da 4,5 volt oppure con un alimentatore stabilizzato da 5-5,1 volt.
Eseguita anche questa operazione, avvicinando al nostro sensore un magnetino prelevato per esempio da un vecchio altoparlante fuori uso oppure uno di quei magnetini utilizzati per la chiusura degli sportelli nei mobili, automaticamente dovremo udire la nota a 1.000 Hz in altoparlante. Se questa nota non si sente significa che abbiamo avvicinato al sensore il polo NORD della calamita anziché il polo SUD pertanto ci basterà girare la calamita stessa per ascoltare la nota a 1.000 Hz.
Avvicinando la calamita dalla parte in cui l'involucro dei TL.172 è semicircolare vi accorgerete che occorre avvicinarla molto di più rispetto all'altro lato in quanto il sensore ad effetto di Hall è situato all'interno dell'integrato vicino alla parte sfaccettata.
Il secondo circuito che potrete richiederci in kit è quello siglato LX443 (vedi schema di fig. 12), costituito da 2 sensori ad effetto di Hall, più un integrato CIMOS di tipo CD.4011, un transistor di tipo BD.137 ed un relè da 12 volt. Il montaggio di tale circuito si dovrà eseguire attenendosi alle indicazioni fornite dallo schema pratico di fig. 15 e ricordandosi di rispettare la polarità del diodo zener DZ1, dei diodo DS1 e del condensatore elettrolitico Cl. Per prime monteremo come al solito tutte le resistenze, poi lo zoccolo per l'integrato, lo zener, il diodo, il transistor, il led e i due sensori per terminare con il relè. A montaggio ultimato questo circuito andrà alimentato con una tensione continua di 12 volt facendo attenzione a non invertire il filo positivo con il negativo diversamente i due sensori se ne andranno immediatamente fuori uso. A questo punto avvicinando il polo positivo di un magnete al sensore B sentirete il relè eccitarsi e contemporaneamente vedrete accendersi il diodo led DL1. Ottenuta questa condizione, anche allontanando il magnete dal sensore, il relè se ne rimarrà sempre eccitato infatti per diseccitarlo occorre avvicinare il magnete stesso al sensore A. Volendo i due «sensori» ad effetto di Hall potranno anche essere sistemati esternamente al circuito stampato purché si utilizzi per i collegamenti del cavetto schermato. Come già detto questi due circuiti si prestano per un'infinità di applicazioni tuttavia anche utilizzandoli per pura esperienza siamo certi che vi serviranno come spunto per creare voi stessi altri circuiti per applicazioni particolari, applicazioni che fino ad oggi non avete potuto attuare in quanto non avevate a disposizione dei «sensori» che potessero garantire una simile affidabilità e precisione.