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  Giuseppe Pignatale  Presenta:
   Storia moderna:
LA RIVOLUZIONE FRANCESE.

La Rivoluzione Francese fu dovuta al forte impoverimento in cui versava buona parte della popolazione francese in seguito alle condizioni climatiche e a decenni di infausta politica imperialistica francese, avendo la Francia partecipato a tutte le guerre dell'epoca, perdendo tra l'altro il Quebec, mentre le classi agiate, come i nobili e il clero, vivevano in un diffuso benessere. Essa fu poi il trionfo della borghesia che da tempo aspirava al potere......

 
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Sopra: vita fastosa del settecento francese da un quadro di Jean Francois de Troy.

La Francia nel Settecento non visse un periodo glorioso: prese parte a tutte le guerre di equilibrio del Settecento e in nessuna fece una figura brillante perdendo gran parte del suo dominio coloniale. L'aiuto dato alle colonie americane non le permetteva di mettere piede in America.

Era successo che la politica di Luigi XIV era stata seguita da minore accortezza dai suoi

successori, accentuando così i difetti e trascurando i vantaggi, arrivando così a una situa- zione molto critica. In pratica Luigi XIV per togliere alla nobiltà il potere rendendola innocua, la chiamò a corte ricoprendola di privilegi e onori. I suoi successori Luigi XV e Luigi XVI continuarono a mantenere la nobiltà, convinta di vivere in una eterna primavera, che costava però molto al paese.

 Costumi del Settecento

LA NOBILTA' DIVIENE UN PESO MORTO.- La nobiltà finì col costare molto al paese perchè molti nobili riscuotevano lauti compensi per uffici puramente nominali; a questo occorre aggiungere che la nobiltà pur possedendo un quarto dei territori del paese, non pagava le tasse. Poi bisogna aggiungere il clero, pure esentato dalle tasse, che deteneva un quarto dei terreni francesi: si aveva di conseguenza che il rimanente 50% del suolo francese era nelle mani dei piccoli proprietari che pagavano per tutti. Ora bisogna considerare che i tempi sono cambiati. Mentre nel medioevo, la nobiltà costituiva la classe dei guerrieri, e, essendo diffuse le guerre non essendoci un ordine prestabilito, ad essa era affidata la salvezza comune: infatti erano frequenti le scorrerie di popoli meno civili, come i vichingi, ai danni di popoli civili: si doveva ricorrere alla forza per ripristinare l'ordine. Per evitare poi, che la violenza sfoci in una guerra di tutti contro tutti, la società guerriera era stata organizzata e ordinata in gerarchia arricchita di ideali religiosi e militari.

In queste condizioni poteva sembrare giusto che i guerrieri, che rischiavano spesso la loro vita avessero dei privilegi rispetto a chi aveva preferito vivere una vita più tranquilla difesi dai primi. Era cosa normale che un piccolo proprietario, che dopo aver subito per due o tre volte le scorrerie armate si rivolgeva a un nobile, e dopo avergli ceduto i terreni si metteva sotto la sua protezione.
Ora, la nobiltà non aveva nessun compito: non proteggeva e difendeva nessuno ma con-

 
tinuare i suoi privilegi conservando una mentalità medioevale. Nella nobiltà del Settecento non c'era nulla da ammirare e si sà che gli uomini accettano di sacrificarsi solo per gli uomini che ammirano e non per quelli che vogliono essere ammirati a tutti i costi anche quando non lo meritano. La corte francese era la più splendida d'Europa anche se brillava di uno splendore vuoto: era un lusso che costava alla nazione più di quanto valesse.
 

UNA SITUAZIONE MOLTO CRITICA -. Essendo diventata molto critica la situazione molti ingegni di prim'ordine suonarono il campanello d'allarme.
E fu allora che accadde un fatto molto assurdo: Voltaire (pronuncia voltèr) criticò grave- mente la società del suo tempo e la nobiltà lesse avidamente i suoi libri, lo esaltò conside- randolo genio nazionale ma non pensò minimamente di cambiare il suo sistema.
Poi intervenne Montesqieu ( pr. monteschiè) che mostrò quando la società francese fosse arretrata rispetto a quella inglese ed era necessaria subito una riforma radicale del sistema: la nobiltà fu ancora con lui non pensando di ammirare l'opera, ma bisognava applicarla.
Anche Gian Giacomo Rousseau (pr, russò) fu ammirato quando nella sua opera affermò, che secondo la legge della natura, che tutti gli uomini sono uguali e che i re sono in sostanza dei grandi servitori del popolo che ha dato loro l'autorità per il bene comune della nazione. Cone al solito però non venne preso sul serio.

OCCORRE UN INTERVENTO CHIRURGICO PERICOLOSO.-
Quando la situazione arriva a un punto di non ritorno, servirebbe un mutamento deciso e radicale, così come in presenza di una piaga in mancanza di guarigione occorre un chirurgo. Il guaio è che non ci sono chirurghi per le piaghe della collettività o meglio non vengono ascoltati quando propongono i loro rimedi. A questo punto scoppiano le rivoluzioni, che sono operazioni chirurghiche, condotte dallo stesso malato che si lacera con le unghie, folle di dolore e di paura. Non si deve pensare che la rivoluzione francese, scoppiata alla fine del Settecento, sia stata solo un cieco furore di popolo. In un primo momento fu guidata da intellettuali e il popolo rimase molto legato agli antichi ideali e non si abbandonò a grandi eccessi. Se all'inizio avessero detto al popolano più esaltato che il suo re sarebbe finito decapitato sarebbe scappato inorridito. Accadde però che a un certo punto nessuno fu più capace di dirigere il movimento e quindi la rivoluzione procedette come un fiume in piena.


I tentativi di salvezza: Turgot. Prima dello scoppio della rivoluzione francese si ebbe un periodo inquieto, in cui tutti, compreso il re, sovrano di intelligenza illimitata, si rendevano conto che c'era qualcosa che non andava. Lo stato è come una azienda in cui mancando i denari si corre verso il fallimento e la Francia di fine Settecento ne era molto vicina.
Luigi XVI, salito al trono nel 1774, si rivolse a un economista di grande valore, Giacomo Turgot ( pr. Turgò) che disse semplicemente " facciamo economia" come una buona massaia che si accorge che ci sono dei debiti da pagare senza che le entrate aumentino. Eliminare i debiti significava eliminare soprattutto le spese superflue su cui viveva un certo numero di persone privilegiate: elimare gli abusi e distruggere i privilegi. Nessuna meraviglia se in breve tempo il Turgot ebbe molti nemici. La stessa regina Maria Antonietta, nonostante fosse piena di buone intenzioni ma priva di idee politiche chiare, gli era avversa. A un certo punto lo stesso re ebbe paura delle innovazioni del suo ministro.

Interviene Necker il tecnico. Così accadde che il Turgot venne licenziato e in pratica sostituito subito dopo con Giacomo Necker, un economista svizzero un tecnico freddo e calcolatore che ebbe all'inizio molta influenza sul re Luigi XVI inducendolo a rinnovare numerosi sistemi di amministraziome. Quando però nel 1781 il ministro fece redigere pubblicare un bilancio delle entrate e delle spese del regno mostrando come la casa reale incidesse enormemente. La corte insorse sdegnata e il Necker, vedendosi assalito da tutte le parti, chiese al re di mostrargli la sua solidarietà accogliendolo nel Consiglio di Stato, costituito da uomini a cui il re aveva maggiore fiducia. Luigi XVI però non osò appoggiare apertamente il suo ministro che si dimise.

Calonne, il ciarlatano. Poco dopo, invano un giovane ministro, il D'0rmesson, mise il dito nella piaga delle finanze francesi proponendo che lo stato riscuotesse direttamente le tasse invece di darle in appalto la riscossione, come aveva fatto sin allora, col risultato di arricchire enormemente gli appaltatori senza che l'erario ne avesse nessun beneficio. I potentissimi appaltatori, lo fecero subito dimettere e al ministero delle finanze si insediò un avventuriero, il Calonne (pr.calònn), che sbalordì la corte dandole l'illusione di una improvvisa prosperità.
Il suo sistema molto semplice ragionava in questo modo: avendo un debitodi un milione, mi faccio prestare due, pago il mio debito e mi rimane ancora un milione per soddiafare i miei piaceri; l'inconveniente è rappresentato dal debito di due milioni. ma basta non pensare. In questo modo, il Calonne fece vivere la corte per un certo tempo in prosperità, portando poi la Francia sull'orlo del fallimento. Il popolo incominciò ad agitarsi e alla fine fu richiamato il Necker.

Gli Stati Generali.- Il Necker però era un tecnico e le cose erano arrivate a un punto in cui non era sufficiente fari i conti: occurreva ritrovare la fiducia del popolo, spingerlo a collare e a fare nuovi sacrifici, in cambio di una maggiore comprensione e di una maggiore umanità. Questo il Necker non poteva farlo se non scongiurare per il momento la catastrofe.
Si decisi di convocare gli Stati Generali cioè l' assembea dei tre stati o classi: la nobiltà, il clero, e il popolo o terzo stato. Queste riunioni risalivano al medioevo e avvenivano in particolari circostanze per risolvere i problemi del paese. Da quasi due secoli, gli Stati Generali non erano stati convocati, ma adesso la situazione era tale che serviva il parere di tutto il popolo francese. Si era arrivati al 1789.

 Sopra: i rappresentanti del terzo stato, nel salone di giuoco della palla-  corda, giurarono di non separarsi.

 Sotto: il 14 luglio del 1789, i Parigini infuriati occuparono e demolirono la  Bastiglia.

 Luigi XVI

 Maria Antonietta.

 Necker.

 Danton

 Marat

 Robespierre
 

Il problema del voto.- La Francia intera era in fermento. Il re Luigi XVI aveva bisogno di consultare il popolo francese: era venuto il momento che doveva capire le esigenze delle grandi masse. Il terzo stato, cioè tutti coloro che non appartenevano nè alla nobiltà nè al clero, aveva ottenuto che i suoi rappresentanti fossero raddoppiati per chè rappresentavano la maggioranza del popolo francese. Circolavano quindi molti opuscoli in cui il popolo francese esponeva lagnanze e desideri: molto importante era un libretto dell'abate Sieyès (pr. sieiès) intitolato: "Che cosa è il terzo stato?", che iniziava così: " che cosa è il terzo stato? Tutto. Che cosa è stato fin ora? Nulla. Che cosa vuola? Essere qualche cosa."
Quando poi i tre stati furono riuniti negli Stati Generali, il 5 maggio del 1789, sorse subito un problema del voto: come sarebbero avvenute le votazione sulle varie questioni? si sarebbe tenuto conto complessivo di ogni stato, oppure si sarebbe tunuto conto dei voti dei singoli rappresentanti? Quanto detto è molto importante, perchè le classi privilegiate dei nobili e del clero, andando d'accordo avrebbero messo in comune due voti contro quello del terzo stato: quindi era perfettamente inutile raddoppiare i voti del terzo stato. Nel secondo caso, la maggioranza l'avrebbe avuto il terzo stato, i cui rappresentanti erano più numerosi di quelli degli altri due riuniti.

Il giuramento della pallacorda.- Si cercò per molto tempo la soluzione al problema del voto. Il Necker non ne comprese l'importanza e ancora meno il re Luigi XVI, troppo legato a una vecchia mentalità, per comprendere le esigenze attuali: nessuno di loro aveva l'autorità e la chiarezza di idee per risolvere i problemi in un momento così difficile. E fu allora che i rappresentanti del terzo stato si separarono dagli altri due, prendendo il nome di Assemblea Nazionale, esaminando da sola i problemi del paese. In questo modo non si parlava più di stati e i componenti dell'assemblea, divenivano egualmente rappresentanti della nazione. Alla fine riunitisi in un grande salone che serviva al giuoco della pallacorda, una specie di tennis, giurarono di non separarsi finchè non avessero dato alla nazione francese un nuovo ordinamento: fu il famoso "giuramento della pallacorda".

L'Assemblea Nazionale Costituente.- Il re all'inizio non si rendeva conto di quello che stava avvenendo: si mostrò autoritario e ricorse alle minacce, poi lasciò fare ed infine ordinò ai rappresentanti della nobiltà e del clero di raggiungere il terzo stato, cosa che era in parte avvenuta. Quando si vide che l'Assemblea Nazionale, col nome di Assemblea Nazionale Costituente, iniziava sul serio l'opera di riordinamento della nazione, soprattutto per volontà della regina, alla maniera forte: il Necker venne licenziato, e si scagliarono truppe per la capitale. Il popolo di Parigi, già esasperato, insorse e il 14 luglio 1789, data poi considerata come quella che dava origine a una nuova epoca, circa quarantamila popolani assaltavano la fortezza della Bastoglia, simbolo della tirannia, dove venivano imprigionati i condannati politici: le guardie che la difendevano vennero uccise, la fortezza demolita. In quel momento nella Bastiglia erano racchiusi solo alcuni prigionieri, che scontavano reati comuni, ma la distruzione dell'antico carcere, dove l'asolutismo dei sovrani imprigionava i suoi nemici, ebbe un terribile valore simbolico.
Il re cedette ancora e richiamò al governo il Necker per accontentare il popolo e andò avanti fino alla fine, negando prima e concedendo poi, credendo di salvare il suo privilegio ma perdendolo ogni giorno di più.

L'abolizione dei privilegi.- Nel frattempo l'Assemblea Nazionale Costituente proseguiva nella sua opera e il 4 agosto del 1789, su proposta di due membri dell'aristocrazia, che si rendevano conto del momento, decise l'abolizione di tutti i diritti e privilegi feudali.
Il grande passo era compiuto ma era ormai troppo tardi: nelle campagne i contadini erano in rivolta e a Parigi, la plebe, aizzata dalla stampa rivoluzionaria, tumultuava e nel "Palazzo reale" del duca d'Orleans, cugino del re, un ambizioso che tentava di mettersi a capo della rivoluzione per raggiungere il trono,venivano compilate liste di nobili che iniziando dalla regina e dal fratello del re dovevano essere banditi. L'Assemblea e la corte erano a Versailles, nel grande palazzo fatto costruire dal re Luigi XIV a poca distanza da Parigi. La sera del 1 ottobre del 1789 gli ufficiali della guardi didedero un banchetto ai camerati di un nuovo reggimento, nella sala del teatro del castello: intervennero naturalmente il re e la regina che vennero acclamati. A Parigi si sparse la notizia che si stava preparando una contro-rivoluzione: il popolo, agitando picche e randelli si mise in marcia verso la reggia di versailles, entrò in essa e per poco non fece a pezzi la regina e costrinse la corte a stabilirsi a Parigi. Anche l'Assemblea si stabilì a Parigi.

Il re tenta di fuggire.- L'aria diveniva rovente. Accanto alla borghesia intellettuale, che sognava una democrazia democratica in cui il re e il popolo erano solidali e uniti, incominciavano a comparire i partiti repubblicani e violenti, che volevano abbattere la monarchia; tra questi i più importanti erano i Cordiglieri e i Giacobini, rivoluzionari che volevano "rigenerare" il popolo francese, per renderlo consapevole e potente per affidargli le redini della nazione. Il re era atterrito e prima cercò di accordarsi con qualche rivoluzionario autorevole e di seguire d'intesa una linea di azione. Per questo scelse uno dei personaggi più in vista dell'Assemblea Costituente, Gabriele Riquetti, conte di Mirabeau (pr. Mirabò), un uomo geniale però disordinato, convinto della necessità di vaste riforme, che la rivoluzione non avrebbe risolto i problemi della Francia e che solo una monarchia costituzionale poteva risolvere i problemi del paese guidando il popolo. Il Mirabeau non riuscì nel suo scopo e morì subito dopo, sapendo che ormai la partita era persa per la monarchia. Rimasto solo il re, credette che l'unica via di salvezza fosse la fuga. La notte del 20 giugno del 1791, l'intera famiglia reale fuggiva da Parigi su una carrozza da viaggio, avviandosi verso il confine tedesco.


Sopra: Luigi XVI e la sua famiglia, nel tentativo di fuga, vengono riconosciuti a Varennes, nella casa del farmacista Sauce dove si erano rifugiati; la folla sdegnata li costrinse a tornare a Parigi



A causa di ritardi imprevisti la fuga fallì: il re fu fermato a Varennes e costretto a tornare a Parigi fra due ali di folla silenziosa e ostile ammoniva da cartelli di questo genere: "Chi applaudirà il re sarà bastonato, chi lo offenderà sarà impiccato."

L'Assemblea Legislativa.- Nel settembre del 1791, l'Assemblea portava a termine la nuova costizione per cui la Francia diveniva una monarchia costituzionale nella quale le leggi venivano create da un'Assemblea Legislativa eletta dai cittadini, e il re le faceva applicare per mezzo dei suoi ministri. Poi il clero francese passava alla diretta dipendenza dello stato a cui avrebbe dovuto giurare fedeltà. terminato il suo lavoro, la Costituente si sciolse e il 1 ottobre si riunì la Nuova Assemblea Legislativa: in essa vi erano molti elementi contrari alla monarchia. Si dividevano in due gruppi: i Giacobini, chiamati così perché si radunavano nel vecchio convento di dominicani, detti comunemente giacobini, che tendevano a una dittatura popolare che avesse il suo centro a Parigi; e i Girondini, più moderati dei precedenti e chiamati così perché i loro capi provenivano dal dipartimento della Gironda, e volevano una repubblica in cui le province avessero una grande autonomia. Fra i Giacobini vi erano dei capi-popolo come Marat (pr.marà), Robespierre (pr. Robespierr), Danton (pr. danton), che miravano al potere, e credevano necessaria una epurazione mirante in particolare allo sterminio dei nobili. I Girondini, costituiti da avvocati, giornalisti, e liberi professionisti, erano contrari alle violenze e speravano di raggiungere a un ordinamento del paese in modo pacifico e secondo i propri ideali.

 

LA GUERRA ALL'AUSTRIA.- Nel frattempo l'Austria e la Prussia iniziavano a pre- occuparsi delle cose che avvenivano in Francia: è sempre pericolo avere un vicino la cui casa brucia!
I popoli erano inquieti e potevano seguire l'esempio francese. Austria e Prussia decisero che si doveva salvare il re di Francia e il prestigio delle monarchie europee e invitarono gli altri stati a unirsi a loro per questo scopo. In Francia, però, i Girondini, che costituivano allora la maggioranza dell'Assemblea Legislativa, non si spaventarono e si entusiasmarono all'idea di una guerra: in questo modo avrebbero mandato le truppe rivoluzionarie e vittoriose in tutta l'Europa, in modo da diffondere le nuove idee. Da parte sua anche il re fu contento della guerra imminente, ma, per ragioni opposte a quelle dei Girondini. Luigi XVI era convinto che gli eserciti francesi sarebbero stati sconfitti e che i vincitori avrebbero portato la Francia alle condizioni di prima. In ogni caso, a capo di un esercito, si sarebbe avvicinato alle frontiere e se le cose si mettevano male poteva passare dall'aktra parte. Quindi il 20 aprile del 1792 fu dichiarata guerra all'Austria.


 Costumi della Rivoluzione francese: sopra anno 1789 e a destra anno 1792

Il manifesto di Brunswick.- I primi scontri furono disastrosi per i Francesi perchè le truppe si diedero alla fuga ribellandosi ai loro ufficiali; questo però non portò a un cedimento totale a cui sperava il re. A Parigi furonopresi provvedimenti di estremo rigore, come quelli di deportare i preti, che erano molti, che non volevano giurare fedeltà allo stato. Il re Luigi XVI, si rifiutò di approvare questi provvedimenti di emergenza, nonostante che la folla avesse minacciato e invaso più volte il palazzo reale: il re per tre ore rimase chiuso in un vano di una finestra,lasciando che le turbe armate le sfilassero davanti: il re accettò di bere un bicchiere che gli porgevano, accettò di mettersi il berretto rosso dei galeotti, divenuto simbolo di libertà (esso era portato da un gruppo di soldati ribelli tolti dalla galera), ma si rifiutò di firmare i provvedimenti di emergenza proposti dai Girondini. Si creò ina forte tensione fra il re e la Gironda. Le cose precipitarono quando il generale prussiano, il Brunswick, comandante delle truppe prussiane, fece la dviocchezza di firmare un manifesto compilato da uno dei più scalmanati nobili francesi emigrati, che diceva fra l'altro che le truppe prussiane e austriache venivano a salvare il re di Francia dalla furia popolare. Si credette che il re Luigi XVI fosse d'accordo con il nemico; il popolo insorse e il re per evitare di essere fatto a pezzi dovette rifugiarsi presso l'Assemblea Legislativa. Il re fu sospeso dalle sue funzioni e rinchiuso nell'antica residenza dell'Ordine dei Templari, il Tempio. La monarchia francese era in pratica caduta il 10 agosto 1792.

A Valmy i Prussiani sono sconfitti.- I Prussiani, nel frattempo, avanzavano e minaccia- vano Parigi, preoccupando i Girondini. I Giacobini approfittarono della debolezza degli avversari per aizzare la plebe esasperata, convincendola che quello che accadeva era colpa dei nobili fuggiti dalla Francia, eccitandola poi contro quelli rimasti. I nobili furono imprigio- nati a migliaia, uomini, donne, fanciulli. Poi nei primi di settembre del 1792, un migliaio di sicari pagati dai giacobini, invase le prigioni massacrando oltre 2000 prigionieri.
La Comune rivoluzionaria, cioè il centro rivoluzionario che si era formato nel municipio di Parigi dopo la caduta del re, e che aveva in mano la città, si vantò di aver salvato la nazione con queste stragi. In realtà la Francia fu salva grazie a un generale francese, il Kellermann, che presso Valmy, fermò le truppe prussiane che marciavano verso Parigi. I Prussiani, convinti fin allora che al loro arrivo tutta la Francia si sarebbe sollevata contro i rivoluzionari, stupitissimi di questa resistenza, si ritirarono. Il grande poeta Goethe era presente. Quando alcuni ufficiali prussiani gli chiesero cosa pensasse, Goethe rispose: " Amici miei, da questo momento inizia una nuova età nella storias del mondo."

 

LA CONVENZIONE NAZIONALE: MORTE DEL RE..- Sospeso il re Luigi XVI dalle sue funzione, serviva per lo stato una nuova costituzione. L'Assemblea Legislativa si sciolse e il 20 settembre 1792 si riunì una nuova assemblea, detta Convenzione Nazionale: essa aveva il compito di dare alla Francia un nuovo ordine e di decidere sulle sorti del re. Nella nuova assemblea, la maggioranza era dei Girondini però i Giacobini, sostenuti dalla Comune, eri decisi a imporre la loro dittatura e si facevano sempre più minacciosi. Si abolì subito la monarchia e fu proclamata la repubblica: dubito dopo si dovette pensare sulle sorti del re: la maggior parte avrebbe voluto salvarlo, ma sarebbe stato pericoloso per il futuro della Francia. Se fosse stato esiliato, Luigi XVI, poteva prendere accordi con gli altri stati, se lasciato vivere in Francia, poteva essere causa di disordini. Il Robespierre sostenne la necessità di condannare a morte il re per ragion di stato: il 17 gennaio 1793, Luigi XVI venne condannato a morte da una non grande maggioranza e quattro giorni dopo il 21 gennaio 1793 la sentenza veniva eseguita. Come la Gironda aveva temuto, la morte del re provocò lo sdegno di tutte le potenze europee che si unirono in una prima coalizione contro la Francia. A sua volta la Francia, comprese che era questione di vita o di morte, e, per recuperare i denari necessari alla guerra, fece man bassa dei beni del clero e dei nobili. Poi arruolò tutti gli abili alle armi e si preparò alla guerra. In Vandea i contadini che erano affezionati ai loro padroni, nonostante vigesse anche là un sistema feudale, insorgevano in massa contro i rivoluzionari.

IL TERRORE: Robespierre al potere.- In genere, una rivoluzione quando si vede minacciata, per difendersi ricorre alla estrema violenza. La conseguenza dei pericoli che minacciavano la rivoluzione fu la caduta del partito moderato dei Girondini e la conseguente salita al potere dei Giacobini.Prevalsero quindi i sanguinari fanatici come Marat (pr.Marà) e Hèbert (pr. ebér), i dottrinari freddi , calcolatori, freddi come Robespierre (pr. robespier), i demagoghi tonanti come Danton. Furono istituiti un tribunale rivoluzionario che giudicava senza appello; un Comitato di salute pubblica che aveva a disposizione la polizia. In pratica si doveva stabilre all'interno un regime di terrore, eliminando tutti coloro, che potessero rappresentare il più piccolo pericolo per la repubblica sfruttando il fanatismo del popolo per squinzagliarlo contro i nemici esterni per una difesa disperata.Inizià così quel periodo rimasto famoso col nome di Terrore e che durò da luglio 1793 a luglio successivo.
Da questo momento la rivoluzione ebbe due aspetti:
- un aspetto interno in cui la ghigliottina funzionava con continuità, con i Giacobini che finirono per azzannarsi fra di loro, finchè Marat ucciso da una giovane girondina, Carlotta Corday 8pr. Cordè), Robesperre si sbarazzò di Hébert e Danton e dei loro seguaci, rimanendo solo al potere;

- un secondo aspetto legato alle frontiere, dove l'esercito rivoluzionario, lontano dalle ambizioni degli odii delle lotte civili, si trovava in un ambiente più sano e combatteva alla brava.

Molti speravano che con Robespierre, si rarebbe avuto un pò di pace: erano caduti i suoi rivali e avrebbe potuto riordinare il paese. Invece il dittatore, seguendo i suoi ideali utopistici era deciso ad arrivare fino in fondo. Voleva creare una civiltà secondo ragione, che avesse per religione la scienza e, come divinità un Ente supremo, astratto regolatore di tutte le cose. Affermò di voler sterminare tutti i nemici della rivoluzione, che sarebbero stati condannati senza difensori e senza testimoni, in base a una semplice accusa. Furono eseguite così in un mese più di mille condanne a morte.

L'esercito rivoluzionario.- Vediamo ora cosa avveniva sui fronti di combattimento.
Verso la fine del Settecento gli eserciti europei avevano ancora una personalità germanica, fatta di disciplina, di ordine, di meticolosità in tutto. Erano comandati da generali anziani, dotti nell'arte della militare, ma più ricchi in teoria che di pratica e ufficiali, pieni di sensi cavallereschi, che si facevano stirare le uniformi prima di andare in battaglia, ma erano incapaci di slancio personale e privi di iniziativa.
L'esercito francese era invece comandato da generali e ufficiali giovanissimi, perchè gli anziani, in pratica i nobili, erano stati eliminati e da truppe fanatiche ed indisciplinate: si combatteva alla disperata, buttandosi in massa contro il nemico. E succede un pò quello che avviene quando uno schermitore provetto si trova di fronte un inesperto risoluto: finisce con lo buscare perchè l'avversario non rispetta nessuna regola e afferrando la spada per la punra gli sbatte in testa l'impugnatura. Di conseguenza la francia non solo difese i confini, ma entrò in territorio nemico occupando il Belgio e l'Olanda. Alcuni stati della coalizione gli chiesero la pace.

Caduta di Robespierre.- Frattanto a Parigi gli eventi precipitavano: Robespierre, col terrore esercitato, fece sorgere negli avversari il coraggio della paura; ormai nessuno poteva essere sicuro di vivere.
Uno notte del luglio del 1794, i membri della Convenzione si accordarono per eliminare il dittatore, Il mattino del 27 luglio, non appena Robespierre mise piede nell'Assemblea, fu aggredito e coperto di imprecazioni e di insulti con lo scopo di non farlo parlare: tutti temevano l'eloquenza del tribuno, che se si fosse fatto udire avrebbe finito per dominare l'Assemblea.
Invano il dittatore chiese la parola; le grida"Abbasso il tiranno" coprivano la sua voce. Allora Robespierre si rivolse per l'ultima volta al presidente dell'Assemblea, urlando:" Per l'ultima volta, presidente di assassini, chiedo la parola!" Ma un colpo di tosse interruppe quel grido e si udì alta la voce di un membro dell'Assemblea:" E' il sangue di Danton che ti soffoca!" Robespierre non potè dire altro: fu arrestato con tutti i suoi seguaci, tra cui l'austero Saint-Just (pr. sèn just). La Comune li liberò, però subito dopo la Convenzione fece circondare il palazzo municipale e riprese i prigionieri: nel trambusto Robespierre ricevette un colpo di pistola che gli ruppe la mascella. Il giorno dopo il 28 luglio 1794 venivano tutti ghigliottinati.


 Sopra: Costumi della Rivoluzione francese - 1795.

La reazione.- Il peggio era passato.Cominciavano a tornare i giovani che avevano combattuto e vinto e, il loro spirito sano si sdegnava di fronte alla mentalità settaria e feroce che trovavano in patria. Dopo tante lotte questi volevano trovare in patria l'ordine e la serenità e non lo spettro della ghigliottina. Ed è da questi giovani che inizia la reazione. Dopo la morte di Robespierre aumentò sempre più l'ostilità verso i Giacobini. La nuova generazione si riunì nel circolo dei Giovani di Parigi, che ebbe molta influenza: furono liberate molte persone sospette, fu abolito il "culto di Marat" come martire della rivoluzione. Quando poi i Giacobini tentarono una sommossa, furono domati dall'esercito.
Nel frattempo la Convenzione terminava il suo compito presentando la nuova costituzione dello stato francese: il potere veniva affidato a un Direttorio composto da cinque direttori e fiancheggiato da due Camere ( composte da un Consiglio degli anziani, cioè il Senato e dal Consiglio dei Cinquecento cioè la Camera dei deputati. Le due camere dovevano essere elette dal popolo. Poichè i monarchici facevano una grande propaganda e minacciavano di avere nelle camere una grande rappresentanza, si decise che i nuovi deputati dovessero essere scelti in grande parte tra i membri della Convenzione, nella quale i monarchici erano pochissimi.
Questa decisione fece insorgere i monarchici, che stavano per rovesciare la Convenzione, quando un giovane generale, quasi sconosciuto, Napoleone Bonaparte, incaricato di difendere l'Assemblea, disperse i rivoltosi a colpi di mitraglia. La Convenzione fu salva. Il 27 ottobre del 1795 i deputati nuovi eletti si riunivano per iniziare la loro attività.

 

  Sopra:dopo la caduta di robespierre, i moderati escono di prigione.
 Sotto: sanculotto e presidente di comitato rivoluzionario.
 Sopra: costumi sofisticati che seguono la rivoluzione: due "invincibili" e un
 "moscardino".
 Sotto: Napoleone difese il palazzo della Convenzione a colpi di mitraglia.

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