I popoli italici. Sono detti italici i popoli di stirpe indoeuropea che si stabilirono nella nostra penisola in età preistorica e che parlavano lingue aventi
qualche affinità con la lingua latina. Essi contribuirono molto all'incivilimento dell'Italia, perché portarono con sé la conoscenza della metallurgia, che rese
possibile un rapido miglioramento degli strumenti e delle condizioni del lavoro umano. Le migrazioni cominciarono all'inizio dell'età del rame, fra il terzo e il
secondo millennio avanti Cristo, e proseguirono durante l'età del bronzo e del ferro. Esse avvennero specialmente attraverso i valichi alpini dai paesi del Danubio
e del Reno.
Per primi giunsero i popoli del gruppo latino-siculo, ne praticavano il rito funebre dell'inumazione, cioè seppellivano i cadaveri mediante interramento, come
già facevano gli aborigeni: essi fissarono la loro sede nell'Italia centrale e meridionale e nella Sicilia.
A questi seguirono, durante l'età del bronzo, i popoli del gruppo osco-umbro, che praticavano il rito funebre dell'incinerazione, cioè bruciavano i cadaveri e ne
seppellivano le ceneri chiuse entro urne:
essi da principio si fermarono a Nord dei Latino-Siculi e successivamente si affiancarono a quelli nell'Italia centrale e meridionale.
Al periodo di queste migrazioni si fanno risalire le civiltà dei palafitticoli e dei terremaricoli, documentate da numerosi rinvenimenti archeologici, avvenuti
specialmente nella valle padana, e la civiltà villanoviana, di cui i primi documenti furono scoperti verso la metà del secolo scorso a Villanova, presso Bologna,
dall'archeologo Giovanni Gozzadini.
La necropoli di Villanova è caratterizzata dalle tombe a incinerazione, con urne composte di dite tronchi conici riuniti alle basi, e con suppellettili e ornanunti di
bronzo e, in misura minore, di ferro, comprendenti rasoi, fibule, spille, collane, braccialetti.
Altre scoperte, che si riferiscono al periodo villanoviano, avvennero nelle regioni dell'Appennino settentrionale e centrale, e inoltre in qualche località della valle
padana e dell'Italia meridionale.
Da esse si deduce che nei secoli X e IX a. C. era in atto in quasi tutta la Penisola il progresso civile delle genti abitanti in Italia.
Ai villaggi di capanne si sostituivano le costruzioni in muratura e si cominciavamo a lastricare le vie dei centri abitati. Le tombe si arricchivano di preziosi
corredi funebri.
Con l'argilla si plasmavano vasi, scodelle, piatti, tazze, che venivano decorati con disegni geometrici; con la lana e con alcune fibre vegetali si intrecciavano
corde e si tessevano stoffe; col legno, l'osso e il corno si fabbricavano pale, cucchiai, fusi, pettini, punteruoli; coi metalli si fucinavano strumenti da lavoro,
armi, oggetti di ornamento.
Gli Etruschi.
Le tracce della presenza in Italia degli Etruschi, detti anche Tirreni, risalgono a circa mille anni prima di Cristo, ma si ignora chi essi fossero e
da dove
venissero: alcuni li dicono originari della Lidia, altri dell'Europa centrale; qualche studioso li crede autoctoni ( - nativi del luogo) e discendenti degli antichi
neolitici. Con certezza si sa soltanto che non appartenevano ai popoli indoeuropei.
Essi abitavano nella valle padana, tra i Liguri e i Veneti, e nei due versanti
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Sotto: cartina con i maggiori centri etruschi, ed "espansione" della civiltà etrusca nel corso dei secoli.

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adriatico
e tirrenico dell'Appennino settentrionale, fino al corso del 'Tevere, da dove si spinsero anche
nell'Italia meridionale, occupando gran parte della Campania.
La regione centrale, in cui soprattutto si formò la nazione etrusca e in cui più tardi gli Etruschi si ridussero sotto la pressione dei Cclti a Nord e dei Greci e dei
Romani a Sud, fu dal loro nome detta Etruria, e corrisponde de all'odierna Toscana.
Dagli Etruschi ci sono pervenute numerose iscrizioni, in massima parte votive e funerarie, che noi siamo in grado di leggere, perché scritte in un alfabeto di origine
greca arcaica, ma la cui interpretazione presenta difficoltà non ancora superate, perché la lingua etrusca ha scarsissime somiglianze con le altre lingue conosciute.
Quindi, per conoscere la vita e la civiltà degli Etruschi dobbiamo basarci specialmente sui documenti archeologici ed artistici che di essi ci rimangono e sulle
notizie tramandateci dagli scrittori greci e romani.

Sopra: la Chimera di Arezzo;
a destra: suonatore, affresco nella tomba del Triclinio.
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Organizzazione politica. Gli Etruschi non costituirono mai una salda unità politica.
Essi erano organizzati in tanti Stati-città autonomi, retti ciascuno
da un principe chiamato lucumone, che nel governo era assistito da un consiglio di aristocratici.
Le città sorgevano generalmente sopra alture, spesso alla confluenza di due corsi d'acqua, oppure in vicinanza del mare, ed erano circondate da poderose
mura di difesa, costruite con blocchi squadrati, come le mura di Populonia, oppure con mattoni, come quelle di Arezzo.
Avevano la forma quadrangolare, ed erano attraversate da vie larghe e diritte, col fondo lastricato o selciato a ciottoli, che si incrociavano tagliandosi ad angolo retto.
Le porte di solito erano tre, ma potevano anche essere di più: la città di Cere ne aveva otto.
Le dodici più importanti città dell'Etruria erano riunite in una confederazione avente carattere religioso, detta la dodecapoli (= lega delle dodici città), i cui
rappresentanti si radunavano ogni anno nel santuario del dio Voltumna, nascosto in mezzo a un bosco sacro nei dintorni dei lago di Bolsena, per affermare,
con la celebrazione di feste e di giuochi comuni, l'unità religiosa del popolo etrusco.
Le città confederate erano: Cere, Veio, Volterra, Tarquinia, Vetulonia, Populonia, Arezzo, Volsinii, Cortona, Chiusi, Falerii, Vulci.
Esse formavano tradizionalmente la nazione etrusca che, mancando di vincoli politici, si fondava sui vincoli religiosi e sul culto dei comuni eroi, fondatori
e protettori delle città e della gente etrusca.
Vita e lavoro.
Gli Etruschi furono un popolo intelligente e laborioso, dotato di vivo senso artistico, amante delle cose belle e degli agi della vita.
In molte pitture e sculture essi ritrassero se stessi in atteggiamenti sereni
e festosi: spesso appaiono sdraiati su morbidi letti, davanti a tavole imbandite, allietati da spettacoli di suonatori e di danzatori, oppure sono intenti ai giuochi
e alle gare sportive, oppure partecipano in allegre comitive a partite di caccia
e di pesca.
Costruirono secondo un disegno razionale le loro città e le dotarono di uri completo sistema di condotti sotterranei per la raccolta e per lo scarico delle acque e
dei rifiuti: la Cloaca massima di Roma fu opera di ingegneri etruschi. Nelle costruzioni usarono l'arco a tutto sesto e la volta, che erano quasi ignoti ai Greci:
da essi i Romani
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Sotto l'Italia preromana.

appresero l'arte di costruire i ponti, gli acquedotti, gli archi di trionfo.
A vantaggio dell'agricoltura compirono grandi lavori di prosciugamento dei terreni acquitrinosi, bonificando vaste zone costiere, e di incanalazione delle acque,
soprattutto nella Cal Chiana, provvedendo a una razionale irrigazione delle regioni coltivate.
Grande prosperità economica trassero dalle industrie metallurgiche, tessili, della ceramica, del legno. Il centro dell'industria metallurgica era la città di
Populonia, dove venivano lavorati i metalli estratti dalle miniere dell'isola d'Elba e del Monte Amiata.
Gli artigiani etruschi erano abilissimi nella fabbricazione di peritole e di vasi di ferro per la cucina, di suppellettili e di ornamenti di bronzo per la casa, di
fini oggetti di oreficeria, di strumenti musicali, di urne cinerarie e di sarcofagi, di vasi di ceramica policromi, e specialmente di tutto ciò che occorreva per
la toeletta e per il trucco delle donne.
Esercitarono l'egemonia sul mare che dal loro nome fu detto Tirreno e praticarono il commercio per mare e per terra non solo con le genti della Penisola italica,
ma anche con quasi tutti i popoli del bacino del Mediterraneo. Per pesare le merci si servivano di bilance e di stadere di bronzo; come mezzo di scambio usarono, da
principio, il metallo greggio, poi pezzi di bronzo di forma quadrata, finché nel sec. V a. C. appresero dai Greci l'arte di coniare monete d'oro e d'argento.
Nei secoli IX e VIII a. C., per l'impulso dato dagli intraprendenti Etruschi, in tutta la nostra penisola migliorarono molto le condizioni di lavoro e le
abitudini di vita degli abitanti, con grande vantaggio per il progresso della civiltà.
Religione e culto dei morti.
Le divinità etrusche erano disposte secondo un ordine gerarchico, al vertice del quale si trovava la triade celeste: Tinia aveva gli stessi attributi di
Zeus-Giove, Uni, corrispondente ad Hera-Giunone, e Menrva, corrispondente ad Atena-Minerva. Un tempio tripartito, dedicato a questa triade, sorgeva
sull'acropoli di ogni città etrusca.
I rapporti tra gli dei e gli uomini erano regolati da un complesso di norme e di tradizioni, costituenti la disciplina etrusca, che concernevano la vita civile, le
cerimonie del culto e le pratiche divinatorie.
L'arte divinatoria, detta aruspicina, era praticata da speciali sacerdoti, gli aruspici, che credevano di interpretare la volontà degli dèi e di indovinare
il futuro dall'osservazione dei fenomeni celesti, del volo degli uccelli c delle viscere ancora palpitanti degli animali sacrificati.
Gli uomini buoni, che vivevano secondo i precetti della disciplina etrusca, godevano della protezione degli dèi e, dopo la morte, erano condotti da spiriti alati
al cospetto di Eita e di Phersipnei (Plutone e Proserpina), il re e la regina del mondo infernale, che li accoglievano in un luogo di delizie, dove essi trascorrevano
il tempo tra banchetti e danze.

Sopra: sarcofago degli sposi
Invece gli uomini malvagi nell'oltretomba cadevano in balia di orrendi spiriti demoniaci, rappresentati spesso con becco d'aquila, naso adunco, orecchie d'asino,
capelli formati di serpenti attorcigliati, che avevano il compito di tormentarli senza posa.
Gli Etruschi avevano grande cura dei loro morti: alcuni praticavano il rito dell'incinerazione, e chiudevano le ceneri in urne di terracotta, sormontate spesso
dalla figura del defunto; altri praticavano il rito dell'inumazione, e chiudevano le salme in sarcofagi di pietra scolpita o di terracotta policrona, con la figura
del defunto scolpita o plasmata sul coperchio. Le urne e i sarcofagi erano deposti in grandi tombe circolari o a camera, poggianti su basamenti di pietra, con
copertura e pseudo-cupola e con le pareti interne riccamente decorate di pitture e di bassorilievi. Queste abitazioni dei defunti, costruite sul modello delle case
dei vivi, erano raggruppate in monumentali necropoli ( = città dei morti), esistenti nelle vicinanze di ogni città etrusca.
Gli altri popoli preromani.
Tra i più antichi abitatori dell'Italia devono essere ricordati i Liguri, che all'inizio dell'età del rame occupavano vaste zone della Francia meridionale e
dell'Italia settentrionale. In seguito, sotto la spinta di altri popoli, furono costretti a restringersi nella regione costiera a cavallo delle Alpi marittime finché,
in età ormai storica, si stabilirono definitivamente nell'attuale Liguria. Essi erano uomini robusti, tenaci nel lavorare una terra aspra e sterile, arditi
nell'affrontare il mare su rudimentali imbarcazioni fatte con tronchi d'albero incavati.
Dormivano all'aperto, di rado in
capanne e tuguri, spesso sotto rupi strapiombanti, e regolavano la loro vita secondo
consuetudini antiche e primitive.
Altro popolo antichissimo è quello dei Sardi, le cui
tracce nella Sardegna risalgono al secondo millennio avanti Cristo.
Come testimonianze della civiltà dei Sardi rimangono le costruzioni megalitiche dei nuraghi, numerosissimi in Sardegna, e inoltre le statuette votive di bronzo,
di cui il Museo di Cagliari possiede una buona raccolta.
Tra i popoli indoeuropei stabilitisi nella nostra Penisola dobbiamo ancora ricordare gli Illirici e i Galli.
Gli Illirici vennero in Italia tra l'età del bronzo
e l'età del ferro, in parte per via di terra dalle Alpi orientali e in parte
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Nuraghe.

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per via di mare. Essi comprendevano: i
Veneti, che si fermarono a Nord nel litorale adriatico da Aquileia alla foce del Po, i Piceni, che occuparono le Marche, i Japigi e i Messapi, che si stabilirono
nell'Abruzzo e nella penisola Salentina in Puglia. I Galli scesero in Italia dai valichi alpini in successive ondate nei secoli VI e V a. C. e si sostituirono agli
Etruschi nella valle padana. La vasta regione da essi occupata fu detta Gallia Cisalpina.
Dei Greci, grandi colonizzatori della Sicilia e delle coste dell'Italia meridionale. Ad essi si devono aggiungere i Cartaginesi, che occuparono la
Corsica, la Sardegna e la parte occidentale della Sicilia e tennero per qualche tempo l'egemonia marittima.
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