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Didone,sorella del re di Tiro, costretta a fuggire
dalla patria per le persecuzioni del fratello. Cartagine divenne un grande Stato commerciale, colonizzò parte della Sicilia, della
Sardegna e della Spagna, e per diversi secoli dominò nel Mediterraneo, finché fu sopraffatta dalla potenza di Roma.
I Fenici erano ricchi e potenti sul mare, ma deboli sulla terraferma. Essi non riuscirono mai ad unificare il loro territorio in
un forte Stato nazionale, ma vissero sempre divisi in tanti piccoli Stati autonomi, spesso rivali fra loro, retti da
sovrani locali oppure ordinati in Repubbliche con magistrati elettivi. Tra questi Stati-città ricordiamo: Biblo,
Benito, Sidone e Tiro. Delle divisioni interne dei Fenici approfittarono più volte i potenti stati vicini,
elle assoggettarono ora l'una ora l'altra città e le sottoposero a gravosi tributi, finché nel 332 a. C. tutta la regione cadde sotto
il dominio di Alessandro Magno.
La civiltà Fenicia.-La Fenicia fu nell'antichità la regione di incontro delle civiltà del Nilo, del
Tigri e dell'Eufrate, e dell'Egeo. Essa non creò una sua civiltà originale, ma accolse ed elaborò la civiltà dei popoli con i
quali ebbe rapporti commerciali. Fu gran merito dei Fenici aver diffuso, con gli scambi delle merci, le usanze e i costumi dei
popoli civili presso le genti ancora barbare ed incolte, contribuendo così in maniera notevole, dopo gli Egei e prima dei Greci,
allo sviluppi della civiltà mediterranea. II contributo originale dato dai Fenici al progresso umano consiste in alcune innovazioni
introdotte nell'arte di navigare, coma l'uso dell'ancora e il modo di orientarsi di notte in mare per mezzo
delle stelle e soprattutto nell'invenzione dell'alfabeto fonetico. Essa risale, come
attestano alcune tavolette scoperte dagli archeologi francesi negli scavi di Ugarit, al secondo millennio prima di Cristo,
e fu determinata, probabilmente, dalla necessità di avere un sistema di scrittura facile e rapido che consentisse anche a gente poco
colta, come potevano essere i mercanti fenici, di annotare giorno per giorno, tra una contrattazione e l'altra, le merci e i
guadagni. L'alfabeto fenicio era composto di ventidue segni, ciascuno corrispondente al suono di una consonante: i segni
corrispondenti ai suoni delle vocali furono più tardi inventati ed aggiunti dai Greci.
La scrittura fenicia fu una delle più grandi conquiste dell'umanità, perché rese più facili, e perciò accessibili a tutti,
l'istruzione e la cultura. La dipendenza della civiltà fenicia dalle civiltà egiziana ed assiro-babilonese si nota specialmente
nella reliione e nel culto dei morti.
I Fenici adoravano molti dèi, tra i quali i principali erano: Baal, il padrone;
Moloch, il re; Adone, il signore che, come l'egiziano Osiride, moriva e rinasceva ogni anno col
morire e col rinascere
della vegetazione. Una divinità femminile molto onorata era la dea di origine
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mesnpotamica
Astarte personificazione della natura feconda, che più tardi i Greci e i Romani identificarono con la dea Venere.
Gli dèi erano adorati piegando il ginocchio e mandando con la mano un bacio. Per placarne l'ira, in caso di calamità o di
sventure, si celebravano sacrifici anche umani, specialmente di fanciulli.
I Fenici credevano, come gli Egiziani, che i morti sopravvivessero finché i loro corpi si conservassero intatti. Perciò ne avevano
grande cura, li imbalsamavano secondo l'uso egiziano, li chiudevano in sarcofaghi preziosi c li seppellivano in sontuose tombe.
Più che grandi artisti, i Fenici furono abilissimi artigiani, padroni di una tecnica molto evoluta, per la quale divennero
famosi in tutto il mondo antico. Architetti ed operai di Tiro. fatti venire a Gerusalemme dal re Salomone, costruirono
ed arredarono il Gran Tempio degli Ebrei.
Le principali industrie fenicie concernevano: la costruzione di navi, che erano lunghe, strette, con la prora appuntita,
fornite di due ordini di remi e di larghe vele rettangolari, molto adatte a solcare velocemente il mare; la lavorazione del
papiro, che avveniva specialmente nella città di Biblo, donde la parola greca "biblos" per indicare il libro; la
lavorazione della porpora sostanza colorante estratta da un mollusco marino, il murice, che tingeva di un bel colore
viola carico, splendente al sole, le stoffe destinate a vestire i sovrani; la lavorazione della ceramica, del vetro
e dei metalli preziosi, per la produzione di vasi a vari colori, di fialette per profumi, di coppe cesellate d'argento e
d'oro.
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