Giuseppe Pignatale
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   LA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO OCCIDENTE
Il 4 settembre del 476 d.C. cadeva l'impero romano d'occidente ad opera di Odoacre e iniziava un nuovo lungo periodo della storia dell'Uomo: il Medio Evo che durò circa mille anni e in particolare l'Europa passò da un periodo oscuro, fatto di regressione, dove molti furono ridotti al livello di servi della gleba, un livello leggermente superiore alla schiavitù. Ma poi l'Europa e il Mondo si risollevarono in quanto il pensiero degli antichi Greci e Romani e le varie scienze non andarono perse grazie agli Arabi e Persiani, poi, in Europa si attuò man mano il risveglio che portò a un aumento demografico grazie ai miglioramenti di vita dei singoli individui dovuti anche a una maggiore produzione agricola che portò poi i vari stati europei ad essere più aggressivi (Crociate) fino ai tempi moderni ( scoperte scientifiche e geografiche, risveglio dell'arte, sino alla Rivoluzione industriale che prosegue tutt'oggi).
 
   APPROFONDIMENTI

 1453: caduta impero romano d'oriente.



   

Romolo Augusto
Flavio Romolo Augusto, noto anche col diminutivo di Augustolo, cioè Piccolo Augusto, (latino: Flavius Romulus Augustus; 461 circa – dopo il 511), è consi- derato tradizionalmente l'ultimo imperatore romano d'Occidente (31 ottobre 475 - 4 settembre 476), in quanto dopo la sua deposizione a opera del generale barbaro Odoacre non fu nominato nessun nuovo imperatore. La sua deposizio- ne segna convenzionalmente la fine dell'Impero romano d'Occidente e l'inizio del Medioevo. Giuridicamente però non ottenne nessun riconoscimento da Costantinopoli.
Le fonti storiche danno pochi dettagli sulla sua vita. Fu messo sul soglio imperiale dal padre Flavio Oreste, magister militum dell'esercito romano dopo la deposizione del precedente imperatore, Giulio Nepote. Poco più che un bambino, Romolo fu di fatto un fantoccio nelle mani del padre. Regnò solo per dieci mesi. Fu spedito da Odoacre in Campania, al Castellum Lucullanum, dopodiché scomparve dalle fonti.

Ascesa al trono Romolo era figlio del magister militum Flavio Oreste, un cittadino romano di origine barbara della Pannonia. La madre era Flavia Serena, figlia del comes del Norico Romolo, originario di Poetovio. Dal 474 era imperatore d'Occidente Giulio Nepote, nominato tale dagli imperatori d'Oriente Leone I e Zenone. Nel 475 Nepote rimosse il patrizio e magister militum dell'Occidente, il gallo-romano Ecdicio, per nominare al suo posto Oreste. Quest'ultimo, ottenuto il sostegno dell'esercito, si mosse da Roma ed entrò a Ravenna (28 agosto), obbligando Nepote, impossibilitato a resistere, a fuggire in Dalmazia, a Salona. Dopo circa due mesi, durante i quali aveva forse atteso un riconoscimento da parte dell'impero d'Oriente, il 31 ottobre dichiarò decaduto Nepote e nominò imperatore il figlio Romolo, che aveva 12 o 14 anni e che poteva assurgere al soglio imperiale in quanto la madre era di stirpe romana.

   Sopra: deposizione di Romolo Augustolo.
Sotto:Impero Romano d'Occidente (in blu) e Impero Romano d'Oriente (in rosso), nel 476: l'exclave in Gallia corrisponde al Regno di Soissons.
 
 

Anno 476: termina una lunga agonia.
Sono state avanzate molte ipotesi per spiegare la decadenza dell'Impero e la sua fine, dall'inizio del suo declino nel terzo secolo alla caduta di Costantinopoli nel 1453.
Comunque, da un punto di vista strettamente politico-militare, l'Impero romano d'Occidente cadde definitivamente dopo che nel V secolo fu invaso da vari popoli non romani e quindi privato del suo nucleo peninsulare per mano delle truppe germaniche in rivolta di Odoacre nel 476. Sia la storicità che le esatte date di questo avvenimento rimangono ancora incerte e alcuni storici negano che possa parlarsi di caduta dell'Impero. Rimangono divergenti perfino le opinioni sul fatto che tale caduta sia frutto di un singolo evento oppure di un lungo e graduale processo.
Quel che è certo è che l'Impero già prima del 476 si presentava rispetto ai secoli precedenti molto meno romanizzato e sempre più caratterizzato da una impronta germanica, soprattutto nell'esercito, che costituiva l'asse portante del potere imperiale. Anche se l'Occidente romano crollò sotto l'invasione dei Visigoti all'inizio del V secolo, il rovesciamento dell'ultimo imperatore, Romolo Augusto, non fu compiuto da truppe straniere, ma piuttosto da federati germanici organici all'esercito romano. In questo senso, se non avesse rinunciato Odoacre al titolo di imperatore per dichiararsi invece Rex Italiae e "patrizio" dell'imperatore d'Oriente, l'impero avrebbe potuto perfino dirsi conservato, almeno nel nome, se non nella sua identità, da tempo profondamente mutata: non più esclusivamente romana e sempre più condizionata dalle popolazioni germaniche, che già prima del 476 si erano ritagliate ampi spazi di potere nell'esercito imperiale e di dominio in territori ormai solo formalmente soggetti all'imperatore. Nel V secolo, infatti, i popoli di ascendenza romana erano ormai stati "privati del loro ethos militare", in quanto lo stesso esercito romano non era altro che un coacervo di truppe federate di Goti, Unni, Franchi e altri popoli barbarici che combattevano nel nome della gloria di Roma.
Oltre alle invasioni germaniche del V secolo e all'importanza sempre più incisiva dell'elemento barbarico nell'esercito romano, sono stati individuati anche altri aspetti per spiegare la lunga crisi e la caduta finale dell'Impero romano d'Occidente:
. il calo demografico dovuto non solo alle guerre ed alle carestie, ma anche alle epidemie che si diffondevano molto velocemente e causavano numerose vittime;
. la crisi economico-produttiva delle campagne unita al crollo dei traffici commerciali, all'inflazione galoppante e, quindi, al ritorno ai pagamenti in natura;
. la crisi e la fuga dalle città, a rischio non solo di saccheggio da parte degli eserciti barbarici, ma anche di malattie infettive per le disastrose condizioni igieniche;
. la perdita di coesione sociale, dovuta all'enorme squilibrio nella distribuzione della ricchezza: lusso eccessivo per pochissimi privilegiati e povertà estrema per la grande massa dei contadini e del proletariato urbano;
. la mancanza di consenso nei confronti del governo centrale, causata anche dalla degenerazione burocratica: da una parte corruzione sistematica, dall'altra eccessivo peso fiscale che finiva per gravare sui ceti meno abbienti;
. i difetti del sistema costituzionale, con il governo centrale condizionato dallo strapotere dell'esercito e sempre a rischio di usurpazione.

Il 476, anno dell'acclamazione di Odoacre re, fu quindi preso a simbolo della caduta dell'Impero romano d'Occidente semplicemente perché da quel momento in poi, per oltre tre secoli fino a Carlo Magno, non vi furono più imperatori d'Occidente, mentre l'Impero romano d'Oriente, dopo la caduta dell'Occidente, si trasformò profondamente, divenendo sempre più greco-orientale e sempre meno romano.

Invasioni barbariche del V secolo

Se la struttura politica, economica e sociale dell'Impero romano d'Occidente era già sgretolata e pericolante da secoli (almeno a partire dalla crisi del III secolo), a mandarla in frantumi del tutto con la spallata decisiva furono comunque le invasioni barbariche che imperversarono dalla fine del IV secolo.


I regni romano-barbarici dopo il 476
Tali nuove e fatali invasioni furono la conseguenza della migrazione degli Unni nella grande pianura ungherese. Il contributo degli Unni nelle invasioni barbariche si può dividere in tre fasi:
. gli Unni, migrando verso la pianura ungherese, spingono numerose popolazioni barbariche a invadere l'Impero (376-408).
. gli Unni, una volta terminata la migrazione, aiutano l'Impero a combattere i gruppi barbari entrati all'interno dell'Impero (410-439).
. gli Unni, sotto Attila, diventano nemici dell'Impero, e invadono dapprima l'Impero d'Oriente e poi quello d'Occidente (440-452).


Migrazione degli Unni e conseguenze: le crisi del 376-380 e 405-408
Inizialmente negli anni 370, mentre la maggior parte degli Unni era ancora concentrata a nord del Mar Nero, alcune bande isolate saccheggiatrici di Unni attaccarono i Visigoti a nord del Danubio, spingendoli a chiedere ospitalità all'Imperatore Valente. I Visigoti, suddivisi in due gruppi (Tervingi e Grutungi), furono ammessi in territorio romano-orientale, ma in seguito a maltrattamenti, si rivoltarono e inflissero una grave sconfitta all'Impero d'Oriente nella battaglia di Adrianopoli. Con il foedus del 382, ottennero di stanziarsi nell'Illirico orientale come foederati dell'Impero, con l'obbligo di fornire truppe mercenarie all'Imperatore Teodosio I.
Intorno al 395 i Visigoti, che si erano insediati come foederati in Mesia, si ribellarono. Guidati da Alarico, tentarono di prendere Costantinopoli, ma furono respinti e si diedero quindi a saccheggiare buona parte della Tracia e della Grecia settentrionale. Nell'inverno del 401-402 Alarico, entrato in Italia, forse su istigazione dell'imperatore d'Oriente Arcadio, occupò parte della Regio X Venetia et Histria e, successivamente, assediò Mediolanum, sede dell'imperatore romano Onorio, difesa da truppe gotiche. L'arrivo di Stilicone con il suo esercito costrinse Alarico a togliere l'assedio e a dirigersi verso Hasta (Asti), dove Stilicone lo attaccò nella battaglia di Pollenzo, conquistando l'accampamento di Alarico. Stilicone si offrì di restituire i prigionieri in cambio del ritorno dei Visigoti in Illyricum. Ma Alarico, giunto a Verona, arrestò la sua ritirata. Stilicone allora lo attaccò nuovamente nella battaglia di Verona (nel 403) e sconfisse di nuovo Alarico, costringendolo a ritirarsi dall'Italia. Dopo l'assassinio di Stilicone nel 408, i Visigoti invasero di nuovo l'Italia, saccheggiando Roma nel 410 e spostandosi poi, sotto re Ataulfo, in Gallia. Sconfitti dal generale romano Flavio Costanzo nel 415, i Visigoti accettarono di combattere per l'Impero in Spagna contro gli invasori del Reno, ottenendo in cambio il possesso della Gallia Aquitania come foederati dell'Impero (418).
 Impero d'Occidente 410  Impero d'Occidente 421
Sinistra: L'Impero romano d'Occidente nel 410 immediatamente dopo il sacco di Roma:
giallo__ Impero d'Occidente (Onorio).
rosso__ Area controllata da Costantino III (usurpatore).
verde__ Aree in rivolta.
viola__ Franchi, Alemanni, Burgundi.
marrone__ Area controllata da Massimo (usurpatore).
blu__ Vandali Silingi (nel 421 Vandali e Alani).
azzurro__ Vandali Asdingi e Suebi (nel 421 solo Suebi).
grigio__ Alani.
rosa__ Visigoti.
Destra: L'Impero romano d'Occidente nel 421.
Grazie alle prodezze di Flavio Costanzo, la Gallia e la Tarraconense erano tornate sotto il dominio di Onorio con la sconfitta degli usurpatori, mentre gli Alani erano stati scacciati con il supporto visigoto dalla Lusitania e dalla Cartaginense, e i Bagaudi nell'Armorica erano stati ricondotti all'obbedienza. I Visigoti ottennero, in cambio dei loro servigi in Hispania, la Gallia Aquitania come foederati dell'Impero.
Se la prima "crisi" provocata dagli Unni portò solo i Visigoti a penetrare e ad ottenere uno stanziamento permanente nell'Impero, lo spostamento degli Unni dal nord del Mar Nero alla grande pianura ungherese, avvenuta agli inizi del V secolo, portò a una "crisi" ben più grave: tra il 405 e il 408 l'Impero fu invaso dagli Unni di Uldino, dai Goti di Radagaiso (405) e da Vandali, Alani, Svevi (406) e Burgundi (409), spinti all'interno dell'Impero dalla migrazione unna. Se i Goti di Radagaiso (che invasero l'Italia) e gli Unni di Uldino (che colpirono l'Impero d'Oriente) furono respinti, non fu lo stesso per gli


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 L'Europa nel 476, dal Muir's Historical Atlas (1911).

invasori del Reno del 406.
In quell'anno, un numero mai visto prima di tribù barbariche approfittò del gelo per attraversare in massa la superficie ghiacciata del Reno: Franchi, Alemanni, Vandali, Svevi, Alani e Burgundi sciamarono attraverso il fiume, incontrando una debole resistenza a Moguntiacum (Magonza) e a Treviri, che furono messe a sacco. Le porte per la completa invasione della Gallia erano aperte. Nonostante questo grave pericolo, o forse proprio a causa di esso, l'Impero romano continuò ad essere dilaniato da lotte intestine, in una delle quali Stilicone, principale difensore di Roma in quel periodo, fu messo a morte. Fu in un questo clima tormentato che, nonostante i rovesci subiti, Alarico tornò in Italia nel 408, riuscendo a mettere a segno il sacco di Roma due anni più tardi. A quella data già da alcuni anni la capitale imperiale si era trasferita da Milano a Ravenna, ma qualche storico candida il 410 quale possibile data per la caduta dell'impero romano.
Privato di molte delle sue precedenti province, con un'impronta germanica sempre più spiccata, l'Impero romano degli anni successivi al 410 aveva davvero poco in comune con quello dei secoli precedenti. Nel 410 la Britannia era ormai quasi del tutto sguarnita di truppe romane e già nel 425 non faceva ormai più parte dell'Impero, invasa com' era da Angli, Sassoni, Pitti e Scoti. Gran parte dell'Europa occidentale era ormai messa alle strette "da ogni genere di calamità e disastri", ed alla fine venne divisa fra i Regni romano- barbarici dei Vandali in Africa, degli Svevi nella Spagna nord occidentale, dei Visigoti in Spagna e nella Gallia meridionale, dei Burgundi tra la Svizzera e la Francia e dei Franchi nella Gallia settentrionale. Non si trattò, comunque, di una catastrofe subitanea, ma piuttosto di un lungo trapasso: infatti gli eserciti-popoli barbarici si insediarono nelle loro terre chiedendo però l'approvazione formale dell'imperatore d'Oriente, se non di quello d'Occidente. Rapporti tra Unni e Impero.
Dopo il 410 la difesa di quel che restava del territorio imperiale, se non dell'impronta romana, fu portata avanti dai magistri militum Flavio Costanzo (410-421) e Ezio (425-454), che riuscirono a fronteggiare efficacemente gli invasori barbarici facendoli combattere l'uno con l'altro. Costanzo riuscì a sconfiggere i vari usurpatori che si erano rivoltati contro l'imbelle Onorio e a rioccupare temporaneamente parte della Spagna spingendo i Visigoti di re Vallia a combattere per l'Impero contro Vandali, Alani e Svevi. Ezio, suo successore, dopo una lunga lotta per il potere, ottenne vari successi contro gli invasori barbari. Ai limitati successi di Costanzo ed Ezio contribuirono certamente gli Unni, lo stesso popolo che aveva provocato indirettamente le crisi del 376-382 e del 405-408. Infatti, gli Unni, ormai stanziati stabilmente in Ungheria, arrestarono il flusso migratorio ai danni dell'Impero, in quanto, volendo dei sudditi da sfruttare, impedirono ogni migrazione da parte delle popolazioni sottomesse. Inoltre aiutarono l'Impero d'Occidente a combattere La distruzione dell'Impero romano, di Thomas Cole. Dipinto allegorico (ispirato molto probabilmente al sacco di Roma dei Vandali del 455), quarto della serie "Il corso dell'Impero" del 1836, oggi a New York, presso l'Historical Society.
i gruppi invasori: nel 410 alcuni mercenari unni furono inviati ad Onorio per sostenerlo contro Alarico, mentre Ezio dal 436 al 439 impiegò mercenari unni per sconfiggere in Gallia Burgundi, Bagaudi e Visigoti, ottenendo delle vittorie contro questi ultimi nella battaglia di Arles e nella battaglia di Narbona; poiché però nessuna delle minacce esterne fu annientata definitivamente nemmeno con il sostegno degli Unni, questo aiuto compensò solo minimamente gli effetti nefasti provocati dalle invasioni del 376-382 e del 405-408. Nel 439, anzi, fu perduta Cartagine, seconda città dell'impero d'Occidente per grandezza, in favore dei Vandali, insieme a buona parte del Nordafrica.


Franchi, Ottomani e Russi.

 Erede dell'impero romano fu  Carlo Magno.
 

Oltre all'Impero bizantino, unico e legittimo successore dell'Impero romano dopo la caduta della sua parte occidentale, altre tre entità statuali ne rivendicarono l'eredità. La prima fu l'Impero carolingio, che mirava esplicitamente a un grande progetto di ricostituzione dell'Impero in Occidente: simbolo di questa aspirazione fu il giorno di Natale dell'800 l'incoronazione a "Imperatore dei Romani" da parte del papa Leone III del re dei Franchi Carlo Magno. La seconda fu l'Impero ottomano: quando gli Ottomani, che basarono il loro stato sul modello bizantino, conquistarono Costantinopoli nel 1453, Maometto II stabilì nella città la propria capitale e si proclamò Imperatore romano. Maometto II compì anche un tentativo di impossessarsi dell'Italia in modo da "riunificare l'impero", ma gli eserciti papali e napoletani fermarono l'avanzata turca verso Roma a Otranto nel 1480.
Il terzo a proclamarsi erede dell'Impero dei Cesari fu l'Impero russo, che nel XVI secolo

ribattezzò Mosca, centro del potere zarista, la "Terza Roma" (essendo Costantinopoli considerata la seconda).
Escludendo questi tre ultimi Stati, che sostennero di essere successori dell'Impero, e dando per vera la data tradizionale della fondazione di Roma, lo Stato romano durò dal 753 a.C. al 1461, anno in cui cadde l'Impero di Trebisonda (ultimo frammento dell'Impero bizantino sfuggito alla conquista Ottomana nel 1453), per un totale di 2.214 anni.

IL SACRO ROMANO IMPERO.
Nel natale dell'800 l'imperatore dei Franchi Carlo Magno venne incoronato "Imperatore dei Romani" dal Papa Leone III. In seguito Ottone I di Sassonia, nel X secolo, trasformò una parte del vecchio impero carolingio nel Sacro Romano Impero. I Sacri Romani Imperatori si consideravano, come i bizantini, i successori dell'Impero romano, grazie all'incoronazione papale, anche se da un punto di vista strettamente giuridico l'incoronazione non aveva basi nel diritto di allora. I bizantini erano, però, governati allora dall'Imperatrice Irene, illegittima agli occhi degli occidentali. Inoltre Bisanzio non aveva alcun mezzo militare, né un reale interesse, per far valere le proprie ragioni. Il Sacro Romano Impero conobbe il suo periodo di massimo splendore nell'XI secolo quando insieme al Papato era una delle due grandi potenze della società medioevale. Già sotto Federico Barbarossa e le vittorie dei Comuni l'Impero iniziò a declinare, perdendo il reale controllo del territorio, soprattutto in Italia, in favore delle varie autonomie locali. Comuni, signori e principati comunque continuarono a vedere l'Impero come un sacro ente sovrannazionale dal quale trarre legittimità formale del proprio potere, come testimoniano i numerosi diplomi imperiali concessi a caro prezzo. Nella sostanza, però, l'Imperatore non aveva alcun'autorità e la sua carica, se non ricoperta da individui di particolare forza e determinazione, era puramente simbolica. Nel 1648 con la Pace di Vestfalia i principi feudali divennero praticamente indipendenti dall'Imperatore e il Sacro Romano Impero si ridusse a una semplice confederazione di Stati solo formalmente uniti, ma de facto indipendenti. Esso continuò comunque a esistere formalmente fino al 1806, quando l'imperatore francese Napoleone Bonaparte obbligò l'Imperatore Francesco II a sciogliere il Sacro Romano Impero e a diventare imperatore d'Austria. Voltaire si prese gioco del Sacro Romano Impero con la celebre affermazione secondo cui non era «né sacro, né romano, né un impero».