Giuseppe Pignatale
 Presenta:

IL TRIONFO DEGLI UOMINI
DI BUONA VOLONTA'
 
    
 Supersapiens.it
Forum  Promozione Sviluppo Globale Benessere

Google
Web www.supersapiens.it
   AUSTERLITZ

Austerlitz, una grande battaglia vinta dai Francesi guidati da Napoleone: in essa l'imperatore francese mostrò tutto il suo genio, anche se alla fine questa vittoria non servì a nulla perché l'Inghilterra rimasta sola a fronteggiare la Francia divenne una grande potenza navale, la padrona dei mari. Successivamente il Blocco Continentale, voluto da Napoleone per fiaccare la sua grande nemica, fu fallimentare e portò all'invasione della Russia....

 
 
 APPROFONDIMENTI.  

 Napoleone alla Battaglia di Austerlitz dipinto dell'artista francese François Gérard
 
   

La battaglia di Austerlitz, detta anche battaglia dei tre imperatori, fu l'ultima e decisiva battaglia svoltasi durante la guerra della terza coalizione, parte delle guerre napoleoniche. Fu combattuta il 2 dicembre 1805 (11 frimaio, anno XIV del CRF) nei pressi della cittadina di Austerlitz (l'attuale comune di Slavkov u Brna nella Repubblica Ceca, nelle vicinanze di Brno) tra la Grande Armée francese composta da circa 73.000 uomini comandati dall'imperatore Napoleone Bonaparte e un'armata congiunta, formata da russi e austriaci, composta da oltre 85.000 uomini comandati dal generale russo Michail Illarionovic Kutuzov, con la collaborazione del generale austriaco Franz von Weyrother che era stato l'ideatore del piano di battaglia austro-russo.
Dopo avere accerchiato e distrutto un'intera armata austriaca durante la campagna di Ulma, le forze francesi occuparono Vienna l'11 novembre 1805. Gli austriaci riuscirono a evitare ulteriori combattimenti fino all'arrivo dei rinforzi russi. Napoleone necessitava di una vittoria decisiva e, per attirare gli avversari sul terreno di battaglia da lui scelto nei pressi di Austerlitz, finse di trovarsi in difficoltà facendo ripiegare le sue avanguardie e indebolendo deliberatamente il suo fianco destro. I generali austro-russi concentrarono la maggior parte delle forze contro la destra francese, sguarnendo pericolosa- mente il centro del loro fronte, che subì il violento attacco di sorpresa del IV Corpo del Maresciallo Nicolas Jean-de-Dieu Soult. Dopo il crollo del centro nemico, i francesi poterono sbaragliare entrambi i fianchi dello schieramento nemico e costrinsero gli alleati ad una fuga disordinata, catturando migliaia di prigionieri.
Francia e Austria conclusero un armistizio immediato cui seguì poco dopo, il 26 dicembre, la pace di Presburgo: il trattato poneva l'Austria fuori sia dalla guerra che dalla terza coalizione, confermando la perdita austriaca dei territori in Italia a favore della Francia e in Germania a favore degli alleati tedeschi di Napoleone. La cruciale vittoria ad Austerlitz permise a Napoleone di creare la Confederazione del Reno; di conseguenza il Sacro Romano Impero cessò di esistere nel 1806 con l'abdicazione di Francesco II dal trono imperiale.
La battaglia di Austerlitz rappresenta il più grande successo raggiunto da Napoleone nella sua carriera militare e ha assunto una statura quasi mitica nell'epopea napoleo- nica. Grazie alla precisa esecuzione dello

 Il maresciallo Soult, comandante  del IV Corpo d'armata, prota-  gonista  dell'assalto al Pratzen
audace ma ingegnoso piano dell'imperatore, i francesi conseguirono una vittoria schiacciante, e la battaglia è spesso celebrata come il capolavoro di Napoleone per l'abilità di cui egli diede prova e, per i risultati raggiunti, è stata paragonata alla battaglia di Canne, il famoso trionfo di Annibale.

La campagna d'Italia del 1800 di Napoleone era culminata con la vittoria francese nella battaglia di Marengo che, sebbene non decisiva ai fini del conflitto della seconda coalizione, aveva obbligato gli austriaci ad abbando- nare per la seconda volta l'Italia nell'arco di tre anni e a ritirarsi dietro il Mincio. Il 3 dicembre il generale Jean Victor Marie Moreau ottenne finalmen- te una vittoria decisiva sugli austriaci nella battaglia di Hohenlinden; ormai allo stremo, il 9 febbraio 1801 l'Austria si ritirò dal conflitto con la firma del trattato di Lunéville. Contro la Francia rimase in armi solo il Regno di Gran Bretagna (dal 1º gennaio 1801 "Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda") ma la situazione tra le due potenze divenne di stallo: la Gran Bretagna dominava i mari e precludeva a Napoleone un'invasione delle isole britanniche, ma a sua volta non disponeva di forze di terra sufficienti per insidiare il controllo francese sul continente. Alle due rivali non restò altro che la via dei negoziati; il 25 marzo 1802 fu quindi firmato il trattato di Amiens, che sanciva la conclusione delle ostilità mettendo ufficialmente fine alle guerre rivoluzionarie francesi. Per la prima volta dopo dieci anni tutta l'Europa era in pace.
La pace di compromesso sancita ad Amiens lasciava tuttavia scontenti entrambi i contendenti, che ben presto si accusarono reciprocamente di aver violato il trattato: da un lato, Napoleone influenzò pesantemente le elezioni tenutesi nella Repubblica Batava, oltre a farsi eleggere (con un vero e proprio diktat) presidente della Repubblica Italiana; dall'altro, il Regno Unito era riluttante a cedere la strategica isola di Malta per restituirla ai suoi precedenti proprietari, i Cavalieri Ospitalieri, e a rinunciare alla maggior parte delle conquiste coloniali che aveva fatto fin dal 1793. La situazione si fece progressivamente insostenibile, anche perché Bonaparte continuava la guerra economica contro la Gran Bretagna, che aveva invece sperato in una ripresa dei suoi commerci, e inoltre aveva intrapreso una aggressiva politica di espansione coloniale che non poteva che irritare e preoccupare ulteriormente i britannici. Il 18 maggio 1803 il Regno Unito dichiarò formalmente guerra alla Francia, dando così inizio alle "guerre napoleoniche" vere e proprie.

Inizialmente il conflitto riprese soprattutto a livello commerciale e navale, ma per la metà del 1804 Napoleone, nel frattempo autoproclamatosi imperatore, ammassò un'armata di oltre 150.000 uomini a Boulogne-sur-Mer, denominata Armée d'Angleterre, in vista di un'invasione delle isole britanniche. Nonostante l'ingresso in guerra contro la Gran Bretagna della Spagna, che apportò un prezioso contributo navale, a causa di difficoltà pratiche, dell'inferiorità delle navi francesi e delle modeste qualità dei comandanti delle squadre, il complicato piano di invasione sarebbe però finito in un totale fallimento: dopo aver subito perdite alla battaglia di Capo Finisterre contro la squadra dell'ammiraglio Robert Calder, l'ammiraglio Charles Villeneuve, comandante della squadra francese di Tolone che avrebbe dovuto garantire il trasporto dell'armata di invasione, si ritirò prima a El Ferrol e quindi il 18 agosto a Cadice, dove venne bloccato dalle squadre degli ammiragli britannici Cornwallis e Calder. A questa data le operazioni navali erano ormai inutili dato che Napoleone aveva deciso il 24 agosto 1805 di abbandonare i suoi piani di sbarco in Inghilterra e, di fronte alla sempre più concreta minaccia di un attacco da parte delle potenze continentali, trasferire in massa l'Armée d'Angleterre, ridenominata Grande Armée, da Boulogne sul fronte del Reno e del Danubio. Dopo lunghi negoziati e grazie alla mediazione del primo ministro britannico William Pitt, tra la fine del 1804 e il giugno del 1805, Regno Unito, Austria, Russia e Regno di Napoli avevano infatti dato vita alla terza coalizione antifrancese, e avevano iniziato ad ammassare le forze in vista dell'imminente conflitto.

LE FORZE IN CAMPO.

La Grande Armata.
L'esercito francese era stato profondamente riorganiz- zato durante il periodo di pace: invece di essere divise in più armate indipendenti come ai tempi della rivoluzione, le truppe francesi erano ora riunite in un'unica armata sotto il diretto controllo di Napoleone; unità operative fondamentali erano i corpi d'armata, comandati da un Maresciallo dell'Impero o da un generale superiore, e comprendenti tutte le armi (fanteria, cavalleria e artigli- eria). Ciascun corpo, la cui composizione non era mai
fissa ma poteva mutare a seconda delle circostanze richieste, era quindi una sorta di esercito in miniatura, capace di agire autonomamente e di affrontare da solo un avversario, in attesa dell'arrivo di rinforzi. Un unico corpo (correttamente dislocato in una forte posizione difensiva) avrebbe potuto sopravvivere ad almeno una giornata di combattimenti senza alcun supporto, permettendo alla futura Grande Armée numerose opzioni strategiche e tattiche in ogni campagna. Napoleone, inoltre, aveva creato una riserva di cavalleria di 22.000 unità organizzata in due divisioni di corazzieri, quattro di dragoni a cavallo, una di dragoni appiedati e una di cavalleria leggera, con il supporto di 24 pezzi di artiglieria.

L'imperatore Napoleone,
comandante in capo della
Grande Armata
Inizialmente questa forza, chiamata Armée d'Angleterre, era stata concentrata da Napoleone in sei campi attorno a Boulogne per invadere l'Inghilterra. L'imperatore era così sicuro del successo dell'impresa che fece coniare in anticipo delle medaglie commemorative per celebrarne la conquista. Anche se alla fine non sbarcarono mai sul suolo inglese, queste forze furono ben addestrate per ogni possibile operazione militare;
in un primo tempo restarono però inattive e la noia serpeggiava spesso tra le truppe: Napoleone previde quindi parecchie visite e condusse personalmente spettacolari parate per tenere alto il morale dei soldati.
Gli uomini a Boulogne formavano il nucleo fondamentale di quella che verrà in seguito chiamata Grande Armée. Al principio l'armata francese compren- deva circa 200.000 uomini divisi in sette corpi d'armata con a disposizione ognuno dai 36 ai 40 cannoni, ma nel 1805 il numero degli uomini arrivò a 350.000, ben armati e addestrati e guidati da ufficiali esperti e capaci.

L'Armata russa
L'esercito imperiale russo del 1805 si rifaceva ancora ai modelli dell'Ancien Régime: non esistevano unità perma- nenti al di sopra del livello reggimentale, gli ufficiali era- no tutti designati secondo le loro nobili origini senza badare alle loro reali capacità militari, il soldato russo era spesso maltrattato e picchiato per "inculcargli la disci- plina"; ciononostante, la fanteria russa era considerata una delle più agguerrite d'Europa.
Gli alti ufficiali erano in gran parte reclutati negli ambienti aristocratici e gli incarichi di comando erano generalmente venduti al miglior offerente, a prescindere dalla sua competenza. Il sistema di rifornimenti dell'armata imperiale russa durante le campagne napoleoniche fu sempre inadeguato anche perché dipendeva dalla popolazione locale e dagli alleati austriaci, che fornivano circa il 70% dei rifornimenti necessari. Questo sistema cagionò ai soldati problemi nel mantenere salute e prontezza al combattimento.

L'Armata austriaca
L'arciduca Carlo, fratello dell'imperatore austriaco, iniziò a riformare l'esercito nel 1801 togliendo potere al Consi- glio di guerra di Corte (Hofkriegsrat), preposto a pren- dere le decisioni riguardanti le forze armate austriache. Carlo era certamente il miglior comandante austriaco ma non era molto popolare a corte e, dopo la dichiarazione di guerra austriaca alla Francia che egli non condivideva, perse ulteriormente influenza. Nuovo comandante in capo dell'esercito austriaco divenne Karl Mack von
Leiberich, promotore alla vigilia della guerra delle riforme della fanteria, che prevedevano di dotare ogni reggimento di quattro battaglioni formati da quattro compagnie, al posto dei precedenti tre battaglioni di sei compagnie. Il cambiamento non fu però accompagnato da un'adeguata formazione degli ufficiali, deficienza che sul campo di battaglia si manifestò in scarsa organizzazione. La cavalleria, considerata a quel tempo la migliore in Europa, fu divisa in piccole unità assegnate ai vari reparti di fanteria, riducendone inevitabilmente l'efficacia di fronte alla controparte francese.

L'INIZIO DELLE OSTILITA'
La sconfitta navale di Trafalgar. A ottobre l'ammiraglio Villeneuve, sollecitato da Napoleone ad attaccare Napoli dove stava per sbarcare un corpo di spedizione anglo-russo, decise di uscire da Cadice con la sua flotta franco-spagnola al completo, ma venne intercettato il 21 ottobre 1805 e completamente sbaragliato al capo Trafalgar dall'ammiraglio Horatio Nelson che nel frattempo aveva assunto il comando delle squadre inglesi. La maggior parte delle navi venne catturata o affondata e l'ammiraglio stesso fu fatto prigioniero. La battaglia segnava una svolta decisiva nella guerra tra Francia e Gran Bretagna, suggellando il dominio britannico dei mari e annullando, per molto tempo, ogni velleità da parte di Napoleone di riprendere i piani di sbarco in Inghilterra.

Le ostilità di terra erano state invece già aperte dall'Austria l'8 settembre del 1805: un esercito austriaco sotto il generale Mack aveva attraversato l'Inn e l'11 aveva invaso la Baviera, alleata dei francesi, senza incontrare molta resistenza e attestandosi nei pressi di Ulma in attesa dell'arrivo dei russi del generale Kutuzov in lenta avanzata da est; l'esercito bavarese intanto si era ritirato a nord dietro il fiume Meno.
Napoleone reagì rapidamente a questa minaccia. I primi reparti francesi avevano infatti già lasciato Boulogne alla volta della Germania meridionale il 25 agosto. Marciando separatamente ma in maniera strettamente coordinata, sette corpi d'armata francesi piombarono inaspettatamente sulle forze di Mack da nord, aggirarono il loro fianco destro e accerchiarono l'armata austriaca, obbligandola alla resa il 20 ottobre; in due settimane, senza mai doversi impegnare in battaglie di vaste proporzioni e perdendo solo 2.000 uomini, Napoleone aveva messo in rotta la principale armata austriaca, prendendo tra 49.000 e 60.000 prigionieri e aprendo di lì a poco a Gioacchino Murat la strada verso la capitale austriaca Vienna, già dichiarata dagli austriaci "città aperta", dove i francesi si impadronirono inoltre di 100.000 fucili, 500 cannoni e di tutti i ponti sul Danubio rimasti intatti.


La resa del generale Mack a Ulma

I soldati della Grande Armata avevano completato con successo le manovre e le marce forzate pianificate da Napoleone, ma le truppe, prive di sufficienti mezzi e di materiali ed esposte alle intemperie del clima, soffrirono molte privazioni durante questa campagna; anche se in apparenza questa si era svolta con regolarità e senza incertezze, i reparti, sottoposti a grande pressione fisica, in parte si disorganizzarono e il disordine si diffuse nell'esercito.
Nel frattempo le truppe russe erano arrivate in forte ritardo e senza avere la possibilità di soccorrere sul campo le armate austriache, per cui furono costrette a battere in ritirata a nord-est in attesa di rinforzi e di potersi congiungere con le unità alleate superstiti. Il generale Mikhail Illarionovich Kutuzov, nomi- nato dallo zar Alessandro I comandante in capo delle truppe russe e austriache, era arrivato nella zona delle operazioni militari già il 9 settembre 1805 per raccogliere informa- zioni e aveva contattato subito Francesco II d'Asburgo e i suoi consiglieri per discutere la pianificazione e le questioni logistiche delle successive azioni belliche. Sotto le pressioni  
 Il generale russo
 Michail Kutuzov
di Kutuzov, gli austriaci acconsentirono a fornire ai russi munizioni e armi in modo tempestivo e sufficiente. Kutuzov evidenziò anche gravi carenze nel piano di difesa austriaca, che definì «molto dogmatico». Inoltre contestò la pretesa annessione austriaca dei territori passati recentemente sotto il controllo di Napoleone, perché questa annessione avrebbe, secondo lui, reso diffidente verso le forze alleate la popolazione locale. Gli austriaci respinsero comunque molte delle proposte di Kutuzov.
Napoleone dal canto suo aveva ora bisogno di una battaglia decisiva: la situazione della Grande Armée rischiava infatti di diventare pericolosa in quanto le forze francesi si stavano progressivamente indebolendo a causa del logoramento della campagna ed inoltre erano ampiamente disperse per coprire tutte le direzioni, allungando eccessivamente le linee di comunicazione e dei rifornimenti: i marescialli Augereau e Ney e il generale Marmont erano impegnati ad occupare e controllare il Vorarlberg, il Tirolo e la valle della Drava e, temendo un congiungimento dell'arciduca Carlo e dell'arciduca Giovanni a sud di Vienna, l'imperatore francese aveva lasciato i corpi del maresciallo Davout e del generale Mortier a protezione della capitale. In Moravia, di fronte alle forze principali nemiche, Napoleone disponeva solo del IV Corpo del maresciallo Soult, del V Corpo del maresciallo Lannes, della cavalleria del maresciallo Murat e della Guardia imperiale, mentre il I Corpo del maresciallo Bernadotte era stato distaccato a nord per sorvegliare la Boemia. Ad aggravare la posizione francese contribuiva il fatto che le intenzioni dei prussiani erano ancora sconosciute e potenzialmente ostili, mentre gli eserciti russi e austriaci erano ormai in procinto di convergere e riunirsi. Bonaparte, inoltre, non poteva allontanarsi per troppo tempo dalla Francia essendo capo assoluto di tutta la macchina amministrativa dell'impero, quindi si rese conto che per capitalizzare il successo a Ulm senza vanificarlo avrebbe dovuto costringere rapidamente la coalizione nemica a combattere per sconfiggerla in maniera decisiva.

Sul versante russo, anche il comandante in capo Kutuzov realizzò che Napoleone aveva urgenza di dare la battaglia; così, invece di adottare il piano austriaco di difesa ad oltranza delle posizioni, da lui definito «suicida», decise di ritirarsi. Ordinò al generale Pëtr Ivanovic Bagration di mettersi al comando di un contingente di 6.000 soldati per contenere e trattenere i francesi a Vienna, e lo incaricò di accettare la proposta di cessate il fuoco di Gioacchino Murat in modo che l'esercito alleato potesse avere più tempo per ritirarsi. In seguito si scoprì che la proposta era falsa ed era stata utilizzata per lanciare un attacco a sorpresa contro Vienna; tuttavia, Bagration fu in grado con la sua piccola retroguardia di trattenere i francesi a Hollabrunn per il tempo sufficiente a negoziare un armistizio con Murat, che acconsentì a interrompere i combattimenti convinto di trovarsi di fronte tutta l'armata russa. Bagration riuscì quindi nel suo compito, fornendo a Kutuzov più tempo per ripiegare. Napoleone si rese presto conto degli errori di Murat e gli ordinò di proseguire rapidamente; in quel momento però l'esercito alleato si era già ritirato a Olmütz sulla riva sinistra del Danubio, facendo saltare dietro di sé i ponti. Secondo i piani di Kutuzov, gli Alleati si sarebbero dovuti ritirare ulteriormente oltre la regione dei Carpazi, e fino in Galizia dove, affermò il comandante russo, «io seppellirò i francesi».

La trappola di Napoleone.
Non essendo in grado, per mancanza di forze, di proseguire verso Olmütz, Napoleone progettò di indurre gli avversari ad attaccarlo subito mediante un inganno: simulare di essere in difficoltà e di temere una battaglia. Dopo alcuni scontri di avanguardia sfavorevoli ai francesi, Napoleone decise di indietreggiare e di passare sulla difensiva per dare l'impressione agli alleati che il suo esercito fosse in condizioni di estrema debolezza, desideroso di trattare un armistizio per negoziare una pace; circa 53.000 soldati francesi - tra le quali le forze di Soult, Lannes e Murat - furono incaricati di prendere possesso di Austerlitz e della strada per Olmütz, per attirare l'attenzione del nemico. Le forze austro-russe, che contavano circa 89.000 uomini, sembravano essere in numero di gran lunga superiore e sarebbero state quindi tentate di attaccare un'armata francese in chiara inferiorità numerica. Tuttavia, i comandanti coalizzati non erano a conoscenza del fatto che i rinforzi di Bernadotte, Mortier e Davout si trovavano già a distanza utile e che avrebbero potuto essere richiamati a marce forzate da Iglau e Vienna rispettivamente, portando il numero potenziale delle forze francesi a 75.000 soldati, con conseguente sensibile riduzione della loro inferiorità numerica.
L'esca di Napoleone non si limitò a questo. Il 25 novembre, il generale Anne Jean Marie René Savary fu inviato al quartier generale alleato a Olmütz per consegnare un messaggio dell'imperatore, che esprimeva il suo desiderio di evitare una battaglia; sfruttando l'occasione, egli poté esaminare segretamente la situazione delle forze della coalizione. Come previsto dall'imperatore, questo atteggiamento apparentemente remissivo fu scambiato dai coalizzati per un chiaro segno di debolezza. Quando il 27 Francesco I offrì un armistizio, Napoleone espresse grande entusiasmo nell'accettarlo; lo stesso giorno, l'imperatore ordinò a Soult di abbandonare sia Austerlitz che l'altopiano del Pratzen e, nel farlo, di creare un'impressione di confusione durante il ritiro, allo scopo di far credere al nemico che le armate francesi fossero allo sbando e indurlo a occupare le alture senza ulteriore indugio. Il giorno successivo, 28 novembre, l'imperatore francese richiese un colloquio personale con Alessandro I e ricevette la visita dell'aiutante più impetuoso dello zar, il conte Dolgorukij. Il generale Louis Alexandre Andrault de Langéron, un émigré messosi al servizio dell'armata imperiale russa, scrisse a proposito di quest'incontro nelle sue Mémoires che: «Il principe, più abituato ai balli di San Pietroburgo che ai bivacchi, si sorprese quando vide uscire da un fosso, una piccola figura molto sporca e mal vestita, e gli dissero che era Napoleone, che lui ancora non conosceva». L'incontro faceva parte della trappola architettata da Napoleone, che manifestò volutamente in questa occasione la sua presunta ansia e le sue esitazioni, dando mostra inoltre di incertezze e timori. Dolgorukij comunicò le condizioni dello zar, in primo luogo l'abbandono da parte dei francesi della riva sinistra del Reno, e fece altre proposte inaccettabili; Napoleone infatti rifiutò, ma al suo ritorno al campo il principe dichiarò: «Napoleone tremava tutto dalla paura. Ho visto l'armata francese alla vigilia della propria sconfitta. La nostra sola avanguardia basterebbe a schiacciarli». Dolgorukij riferì allo zar, ribadendo ulteriormente al sovrano la generale impressione di disfacimento del morale e della combattività delle truppe francesi.
La macchinazione ebbe successo. Molti degli ufficiali alleati, tra cui gli aiutanti dello zar e il capo di stato maggiore austriaco Franz von Weyrother, considerando con eccessivo ottimismo la situazione apparentemente favorevole, sostennero fortemente l'idea di attaccare subito i francesi senza attendere ulteriori rinforzi, facendo vacillare la più prudente opinione di Alessandro. Nonostante i perduranti dubbi e le resistenze del generale Kutuzov, il suo piano di ritirarsi fino alla regione dei Carpazi fu respinto e le forze alleate caddero nella trappola di Napoleone.

Il terreno.
La battaglia ebbe luogo a circa dieci chilometri a sud est di Brno, tra questa città e Austerlitz (l'odierna Slavkov u Brna) in quella che oggi è la Repubblica Ceca. La parte settentrionale del campo di battaglia è dominata dalla collina di Santon, alta 210 metri, e dai 270 metri di altezza della collina di Žurán che sarà per la maggior parte della durata della battaglia sede del quartier generale di Napoleone; entrambe le alture si affacciano sulla strada di importanza strategica vitale tra Olomouc (Olmütz in tedesco e nella maggioranza delle fonti) e Brno (o Brünn), che correva su un asse est-ovest. A ovest di queste due colline sorge oggi come allora il villaggio di Bedrichovice, e tra le colline scorre verso sud il torrente Bosenitz (Roketnice) per incontrarsi quindi con il torrente Goldbach (Rícka); quest'ultimo scorre tra i villaggi di Kobylnice, Sokolnice e Telnice.
Il campo di battaglia di Austerlitz è un grande rettangolo di circa 120 km². Le strade da Olmütz e da Vienna per Brno lo delimitano a nord e a ovest rispettivamente. A sud degli stagni, probabilmente ghiacciati quel giorno, e dei campi paludosi chiudevano il campo di battaglia. L'altopiano di Pratzen, al centro, domina tutto il territorio elevandosi per 10-12 metri, ed è stretto tra i torrenti Littawa e Goldbach, che formano tra loro una "V". Austerlitz si trova circa 5 km a est del Pratzen sulle rive della Littawa. La neve ancora poco spessa rendeva scivolosi i dislivelli. Napoleone studiò a lungo il campo di battaglia che aveva scelto e, durante uno dei suoi sopralluoghi, si rivolse ai suoi generali dichiarando: «Signori, esaminate con attenzione questo terreno, sta per diventare un campo di battaglia; ognuno di voi avrà un ruolo da svolgere su di esso».

L'ordine di battaglia.
Napoleone poteva inizialmente schierare per l'imminente battaglia circa 72.000 uomini e 139/157 cannoni, anche se circa 7.000 soldati del III Corpo del generale Davout erano ancora molto più a sud, provenienti a marce forzate da Vienna. Il suo capo di stato maggiore era il maresciallo Louis Alexandre Berthier e il generale di divisione Nicolas Marie Songis des Courbons aveva il comando dell'artiglieria. Gli eserciti di Russia e Austria erano rispettivamente sotto il comando nominale dello zar Alessandro I e dell'imperatore Francesco II, tuttavia il reale comando sul campo era affidato al generale Michail Kutuzov, che aveva sotto di sé anche il tenente generale principe Giovanni I Giuseppe del Liechtenstein alla testa delle forze austriache. L'esercito coalizzato poteva contare su almeno 85.000 soldati (il 70% dei quali russo) e su 278/318 cannoni.
L'esercito francese rimaneva quindi sensibilmente inferiore di numero e questo costituiva una preoccupazione per Napoleone: in una lettera scritta al ministro degli Affari Esteri Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, gli chiese di non rivelare a nessuno della imminente battaglia, perché non voleva turbare l'imperatrice Giuseppina di Beauharnais. Secondo Frederick C. Schneid, la preoccupazione principale di Napoleone era trovare il modo di spiegare alla consorte un'eventuale sconfitta dell'esercito francese.



 Le posizioni francesi (in bianco) e  austro-russe (in nero) alla vigilia della  battaglia

 Sopra: Napoleone con le sue truppe alla vigilia della battaglia. Dipinto di  Louis-François Lejeune.

Il piano e lo schieramento alleato..
Il 1º dicembre si riunì un consiglio austro-russo per discutere i piani in vista dell'imminente battaglia. La maggior parte degli strateghi aveva due obiettivi fondamentali in mente: prendere contatto immediato col nemico e assicurarsi il controllo del fianco meridionale, che garantiva la tenuta delle comunicazio- ne con Vienna.
Sebbene lo zar e il suo entourage facessero forti pressioni per entrare al più presto in bat- taglia, Francesco II si manteneva più cauto, sostenuto in questa posizione anche da Kutuzov, che avrebbe voluto attendere l'arrivo dell'arciduca Carlo; questi, appena partito dall'Italia, era l'unico che secondo il russo poteva misurarsi con Napoleone, avendolo già incontrato molte volte in passato. Tuttavia i nobili russi e i comandanti austriaci, ansiosi di ingaggiare uno scontro che sembrava annunci- arsi decisivo, riuscirono a far prevalere il proprio punto di vista: lo zar privò quindi bruscamente Kutuzov del suo ruolo di comando, affidandolo al capo di stato maggiore austriaco Franz von Weyrother e i coalizzati adottarono il suo piano. Questo prevedeva un'azione principale contro il fianco
 Lo zar Alessandro I
destro francese che, complici le ingannevoli manovre di Napoleone, si credeva essere poco difeso, e attacchi diversivi contro l'ala sinistra. Weyrother schierò il grosso delle truppe in quattro colonne, sotto il comando formale di Friedrich Wilhelm von Buxhoeveden (o Buxhowden): queste avrebbero dovuto scendere dalla loro posizione sul Pratzen, attaccare la destra francese respingendola oltre il torrente Goldbach, e avanzare fino alle retrovie dell'esercito nemico nei pressi di Tures, quindi assaltare la posizione nemica sullo Žurán-Santon in direzione di Brno. La Guardia imperiale russa sarebbe stata tenuta di riserva, mentre le truppe russe guidate dal generale Bagration furono incaricate di tenere la posizione a nord di Austerlitz, allo scopo di proteggere la destra alleata fino a quando il resto dello schieramento non avesse impegnato la retroguardia francese. A questo punto avrebbero dovuto unirsi all'attacco generale, assieme alla cavalleria del principe del Liechtenstein.

Il piano e lo schieramento francese
Come già accennato, Napoleone necessitava che le forze alleate lo attaccas-sero e, per indurle all'azione, indebolì deliberatamente il suo fianco destro. Il 28 novembre ebbe un incontro presso il quartier generale imperiale con i suoi marescialli, che lo informarono dei loro timori circa l'imminente battaglia. Tuttavia, l'imperatore ignorò il suggerimento di Soult e Murat di una ritirata.

Corazzieri francesi che prendono posizione
Il piano di Napoleone prevedeva che i coalizzati avrebbero impiegato la maggior parte delle truppe per aggirare il suo fianco destro, al fine di tagliare le linee di comunicazione con Vienna; come risultato, il loro centro e il loro fianco sinistro sarebbero rimasti esposti e vulnerabili. Per incoraggiare gli austro-russi a muoversi secondo i suoi piani, Napoleone ordinò che venisse abbandonata la posizione strategica sul Pratzen, mettendo da parte la prudenza pur di fingere meglio la debolezza delle sue forze. Nel frattempo, la forza principale di Napoleone sarebbe rimasta nascosta nella pianura di fronte l'altopiano, che garantiva una posizione coperta rispetto agli osservatori nemici. Sempre secondo il piano, le truppe francesi avrebbero contrattaccato investendo il fronte nemico per tagliarne in due lo schieramento, riconquistando l'altopiano del Pratzen. Dalle colline, avrebbero quindi lanciato un assalto decisivo al fronte centrale degli austro-russi; sbaragliatolo, avrebbero quindi aggirato le forze nemiche dalle retrovie.
« Se volessi impedire al nemico di passare, è qui che mi piazzerei, sui rilievi (del Pratzen). Ma allora non otterrei che una normale battaglia… Se, invece, io sacrifico la mia destra ritirandola verso Brno e i Russi abbandonano queste alture per aggirarmi, fossero anche 300.000 uomini, essi verranno colti in flagranza di reato e perduti senza speranze… »

La spinta sul Pratzen sarebbe stata condotta da 17.000 soldati del IV Corpo di Soult. Il terreno dove il IV Corpo si era posizionato era ammantato da una fitta nebbia durante la fase iniziale della battaglia; la buona riuscita del piano di Napoleone dipendeva dalla persistenza della nebbia: le truppe, infatti, sarebbero state scoperte prematuramente se la nebbia si fosse dissipata troppo presto mentre, se si fosse alzata troppo tardi, sarebbe stato impossibile determinare quando le truppe nemiche avrebbero lasciato il Pratzen, impedendogli di sincronizzare correttamente l'offensiva.
Nel frattempo, per sostenere il suo debole fianco destro, il 30 novembre l'imperatore ordinò al III Corpo di Davout di lasciare Vienna e raggiungerlo a marce forzate e di unirsi agli uomini del generale Claude Juste Alexandre Legrand, che dovevano tenere l'estremo fianco meridionale dell'armata e sopportare l'urto principale dell'attacco coalizzato: Davout aveva dunque 48 ore per coprire oltre 110 chilometri e il suo arrivo tempestivo era fondamentale nel determinare il successo del piano francese. Infatti, la disposizione di Napoleone sul fianco destro era molto rischiosa, in quanto i francesi avevano solo un velo di truppe a presidiarlo. Tuttavia, secondo Napoleone il rischio era calcolato perché Davout era uno dei suoi migliori marescialli, la posizione del fianco destro era protetta da un complicato sistema di corsi d'acqua e stagni e, infine, i francesi avevano già disposto una linea secondaria di ritirata attraverso Brno. Il I Corpo del generale Jean-Baptiste Jules Bernadotte fu posizionato dietro il Santon, mentre i granatieri del generale Nicolas Charles Oudinot e la Guardia Imperiale sarebbero rimasti di riserva, pronti a sostenere il fianco meridionale in caso di necessità e partecipare alla presa del Pratzen aggirando il nemico. Il V Corpo del generale Lannes, contrapposto alle truppe russe di Bagration, avrebbe presidiato il settore settentrionale del campo di battaglia, dove si trovava il Santon e la nuova linea di comunicazione verso Brno; la cavalleria di Murat, alla sua destra, avrebbe mantenuto il collegamento tra il V Corpo e Soult.

Entro la mattina del 1º dicembre 1805 l'esercito austro-russo, imitato da quello francese, si era spostato verso sud, esattamente come previsto da Napoleone: durante il pomeriggio della stessa giornata, mentre le due armate si riposavano presso i loro bivacchi, Napoleone con alcuni ufficiali e 20 combattenti della Guardia fece un rapido giro di perlustrazione tra le due linee, quindi salì sul Santon per ritornare al suo bivacco dietro la Žurán. Era quasi buio, ma fu in grado di distinguere le linee del nemico che dal Pratzen si allungavano a sud, verso i laghi di Aujezt, indicandogli chiaramente che intendevano aggirare i francesi sulla loro destra[72]. Da quel momento l'imperatore fu sicuro che il nemico si stesse comportando secondo i suoi piani e pare che, esultante, esclamò:
« È una mossa vergognosa! Cadono nella trappola! Abbandonano! Prima di domani sera, questa armata sarà mia! »

L'unica residua ansietà era rappresentata dalla perdurante assenza di Davout, ma egli era fiducioso del suo prossimo arrivo anche perché lo aveva raggiunto la notizia che la prima avanguardia del maresciallo si trovava già a poche miglia dal Goldbach.

La Battaglia.
La battaglia di Austerlitz fu combattuta su tre fronti principali, separati ma strettamente correlati. Sul fronte meridionale l'ala sinistra russa affrontò la destra francese per l'attraversamento del fiume Goldbach. Al centro due divisioni del corpo d'armata di Soult investirono sul Pratzen la 4ª colonna coalizzata agli ordini del generale Michail Andreevic Miloradovic e del feldmaresciallo Johann Kollowrat. A nord, l'avanguardia russa di Bagration, il reggimento di ulani del granduca Konstantin Pavlovic Romanov e la cavalleria del principe del Liechtenstein si scontrarono con le forze di Lannes, Bernadotte e con la Guardia imperiale. Lo scontro sul Goldbach
Il piano di Weyrother prevedeva che fossero i russi a rompere gli indugi attaccando il fianco destro, che Napoleone aveva lasciato ad arte in condizioni di inferiorità. Alle 07:00, poco dopo l'alba, la 1ª colonna, costituita da un'avanguardia agli ordini del generale Michael von Kienmayer e da una forza principale sotto il generale Dmitrij Sergeevic Dochturov, si mosse dal Pratzen con l'intento di assediare il villaggio di Telnice e quindi marciare verso il bosco di Turas in vista dell'assalto finale.
Gli austro-russi avevano concentrato la gran parte dei loro uomini per fronteggiare l'ala destra napoleonica, ma la tabella di marcia prevista da Weyrother si dimostrò presto troppo ottimistica per le reali capacità di movimento dell'esercito coalizzato; essendo inoltre stato previsto che molte colonne seguissero lo stesso percorso, ne risultò che queste si ostacolarono spesso a vicenda anche a causa del terreno, che non offriva il necessario spazio di manovra. In più i dislocamenti dei reparti si rivelarono a volte errati e mal sincronizzati: la cavalleria del principe del Liechtenstein, ad esempio, che si trovava inizialmente sul fianco sinistro, avrebbe dovuto essere collocata sul fianco destro e nella fase di ridispiegamento incontrò e rallentò parte della seconda colonna di fanteria di Langéron in avanzata verso la destra francese, mentre le colonne del generale russo Ignacy Przybyszewski e quelle dell'austriaco Kollowrat, nel contempo, si erano urtate. Per ironia della sorte questi ritardi rischiarono in più di un'occasione di compromettere i piani di Napoleone.
La battaglia ebbe inizio attorno alle 08:00, quando la 1ª colonna austro-russa attaccò il villaggio di Telnice che era difeso dal 3º Reggimento di linea dipendente dal mare- sciallo Soult. Questo settore del campo di battaglia testimoniò subito una pesante azione, con feroci attacchi dei coalizzati che alla fine costrinsero i francesi ad abbandonare la cittadina e, poi, a retrocedere fin sull'altro lato del Goldbach. Impantanati sulle rive del fiume, i francesi furono soccorsi dalle avanguardie del corpo di Davout, appena giunte: queste lanciarono un contrattacco che riconquistò Telnice, ma subirono a loro volta una decisa carica degli ussari e, in ultimo, furono co- strette a lasciare l'abitato in mano ai nemici. Riorganizzatisi, gli austro-russi intrapresero una serie di puntate fuori da Telnice, facil-
 Louis Nicolas Davout
mente rintuzzate dall'artiglieria francese. A poco a poco, comunque, le colonne del generale Kutuzov cominciarono a investire tutta la destra francese, anche se la scarsa velocità di manovra aveva permesso ai francesi di contenere con successo i primi attacchi.
La lotta fu simile anche attorno Sokolnice, difeso dal 26º Reggimento leggero dei Cacciatori Corsi e di quelli del Po, forse la zona più contesa sul campo di battaglia e che sarebbe passata di mano più volte nel corso della giornata. Gli iniziali assalti dei coalizzati furono infruttuosi e il generale Langéron ordinò il bombardamento del villaggio: il micidiale cannoneggiamento costrinse i francesi ad abbandonarlo e, più o meno nello stesso momento, la terza colonna attaccò il castello di Sokolnice. I francesi contrattaccarono e riconquistarono il paese, ma un pronto intervento di truppe nemiche li ricacciò nuovamente; gli scontri in quest'area cessarono solo quando Sokolnice fu ripresa dalla divisione del generale Louis Friant, parte del III Corpo, che la liberò dai russi posti a difesa. Tutto andava secondo i piani di Napoleone: più incerta fosse rimasta la lotta sul Goldbach, più riserve i comandanti alleati avrebbero dovuto impegnarvi a detrimento di altri settori del fronte.
Dopo la rioccupazione di Sokolnice, i combattimenti in quest'area raggiunsero una situazione di stallo. Le forze austro-russe, pur in superiorità numerica, non furono in grado di respingere i francesi per aprirsi la strada attraverso il Goldbach, con la conseguenza che l'attacco principale coalizzato si arrestò. Mentre gli austro-russi attaccavano il fianco destro francese, la 4ª colonna di Kutuzov manteneva la sua posizione sul Pratzen, rimanendo immobile. Proprio come Napoleone, il generale russo aveva compreso l'importanza dell'altopiano e aveva deciso di proteggere la posizione. Ma lo zar, di parere opposto, ordinò che la colonna si muovesse; a questo punto Kutuzov abbandonò definitivamente ogni residua velleità di comando generale dell'armata dei coalizzati, decisione che la precipitò nell'incertezza e nella confusione segnandone la sconfitta.

 


 Torna alla HomeBase



 A destra: Napoleone e Francesco II  dopo la battaglia di Austerlitz

 



L'assalto al Pratzen
Negli stessi istanti in cui era cominciato l'attacco a Telnice la nebbia si diradò. Le ultime due settimane prima della battaglia erano state caratterizzate da un cielo costantemente coperto, spesso accompagnato da nebbia fitta; la mattina del 2 dicembre il sole sbucò finalmente dalle nubi, spazzando via la foschia che aveva fino a quel momento celato il campo di battaglia e permettendo a Napoleone di osservare un grande numero di truppe nemiche che scendevano dal Pratzen.


I decisivi attacchi al centro, condotti dai generali St. Hilaire e Vandamme, spezzano in due l'esercito austro-russo e lasciano ai francesi una posizione strategica ideale per vincere la battaglia.
A questo punto, secondo i resoconti, l'imperatore rivolgendosi ai suoi aiutanti sullo Žurán li invitò ad ammirare le soleil d'Austerlitz ("il sole di Austerlitz"), quindi arringò le sue truppe:
« Soldati, dobbiamo concludere questa campagna con un colpo di tuono che schiacci i nostri nemici. Non concentratevi a tirare un mucchio di colpi di fucile, ma piuttosto a sparare senza sbagliare. Stasera sbaraglieremo queste tribù del nord che hanno il coraggio di competere con noi. »
(Napoleone, arringa ai reggimenti di Bernadotte la mattina del 2 dicembre.)
Le colonne del IV corpo del maresciallo Soult salgono sull'altopiano del Pratzen nel momento decisivo della battaglia Alle 08:45 Napoleone discusse personalmente con il maresciallo Soult, che aveva convocato al suo quartier generale, i dettagli tattici dell'assalto al Pratzen da cui si attendeva una svolta decisiva della battaglia; appreso dall'alto ufficiale che le sue truppe avrebbero impiegato circa venti minuti per raggiungere la sommità della collina, l'imperatore decise di attendere ancora un quarto d'ora prima di sferrare l'attacco, in modo da lasciare tempo alle colonne nemiche di continuare la loro incauta manovra verso la sua ala destra, che sguarniva pericolosamente il loro schieramento centrale. Le divisioni francesi del IV Corpo d'armata, comandate dai generali Dominique-Joseph René Vandamme e Louis Charles Vincent Le Blond de Saint-Hilaire, erano raggruppate nella vallata del Goldbach tra i villaggi di Puntowitz e Jirschikowotz, nascoste dalla nebbia. Il nemico sembrava ignorare la loro presenza sul fianco delle colonne austro-russe, che anche Napoleone dallo Žurán poteva vedere discendere dal Pratzen e marciare verso Sokolnice e Telnice. Alle 09:00, assicuratosi che i reparti di Kollowrat e Miloradovic avessero evacuato il Pratzen, l'imperatore diede ordine al maresciallo Soult di muovere le sue truppe, aggiungendo:
«Un colpo secco e la guerra è finita!».
Mentre Soult si dirigeva verso il fondo della vallata per prendere il comando del IV Corpo, l'imperatore parlò ancora con grande ottimismo ai suoi luogotenenti: il piano era riuscito e gli austro-russi stavano per subire una sconfitta decisiva. Nel frattempo i soldati francesi delle due divisioni di riserva del IV corpo iniziarono l'avanzata in massa sul lieve pendio del Pratzen, senza trovare alcuna opposizione: sulla sinistra marciava la divisione del generale Vandamme, affiancata a destra da quella del generale Saint Hilaire. Le truppe francesi entrarono in battaglia tutte insieme, sbucando dalla foschia residua, e colsero completamente di sorpresa l'attonito zar e l'intero suo seguito al quartier generale russo. Il generale Kutuzov e il suo stato maggiore, posizionati vicino al borgo di Krzenowitz, videro comparire all'improvviso le colonne francesi ad appena poche centinaia di metri e, dopo un momento di panico e confusione, compresero il grave pericolo. Il centro dello schieramento austro-russo era del tutto sguarnito e del varco stavano approfittando le forze del IV Corpo, avanzate rapidamente sul Pratzen per spezzare in due l'esercito coalizzato. Il maresciallo Soult, comandante del IV Corpo d'armata, protagonista dell'assalto al Pratzen Le colonne austro-russe del generale Michail Miloradovic e del generale Johann Kollowrat, che stavano discendendo dal Pratzen per raggiungere gli altri reparti impegnati nella manovra aggirante, furono quindi subito fermate e fu loro ordinato di tornare indietro per affrontare la grave minaccia. Mentre la colonna russa cercava di rioccupare il terreno da poco abbandonato, ben presto la situazione evolse in modo rovinoso per i coalizzati. I soldati del generale Saint Hilaire attaccarono alla baionetta, sbaragliarono le deboli difese presenti e catturarono le batterie dell'artiglieria russa. Anche le truppe della colonna del generale Miloradovic, ritornate indietro, furono sconfitte in poco più di un'ora: i francesi distrussero gran parte di questa unità. Nel frattempo però, gli uomini della seconda colonna, per lo più soldati austriaci inesperti, si unirono alla lotta scontrandosi anch'essi contro quella che era considerata una delle migliori forze combattenti dell'esercito francese, costringendola con la forza del numero a ritirarsi lungo i fianchi dell'altopiano. Tuttavia gli uomini di St. Hilaire, pur a corto di munizioni, si riorganizzarono e passarono al contrattacco alla baionetta scacciando gli alleati dal Pratzen, conquistando facilmente il villaggio eponimo. Più a nord, sulla sinistra, la divisione del generale Vandamme avanzò con rapidità in una zona chiamata Staré Vinohrady ("Antiche Vigne"), respinse con una serie di piccole scaramucce alcuni battaglioni russi e avanzò sul margine settentrionale dell'altipiano mettendo in fuga i reparti alleati presenti. Il maresciallo Soult coordinò accuratamente la manovra delle sue truppe: fece portare avanti alcune batterie di artiglieria che inflissero gravi perdite ai reparti austriaci del generale Kollowrat schierati davanti alle posizioni del generale Saint-Hilaire, mentre i soldati francesi del generale Vandamme completarono il successo con la precisione del fuoco e con una serie di cariche alla baionetta che costrinsero alla fuga i reparti russi; altri cannoni nemici vennero catturati. La battaglia stava evolvendo ormai in modo nettamente favorevole ai francesi, ma non era ancora finita. Napoleone ordinò al I Corpo di Bernadotte di sostenere la sinistra di Vandamme e trasferì il suo centro di comando dalla collina dello Žurán alla Cappella di S. Antonio sul Pratzen, spostandosi con la sua Guardia. La disperata situazione degli alleati fu confermata dalla decisione di impiegare la Guardia imperiale russa; il granduca Costantino, fratello dello zar Alessandro e al comando della Guardia, contrattaccò nel settore dove era schierata la divisione di Vandamme che si trovò in grande difficoltà; in questa fase i francesi persero l'unico vessillo di tutta la battaglia (quello di un battaglione del 4º Reggimento di linea). Percepito il momento critico, Napoleone ordinò alla cavalleria pesante della sua Guardia di farsi avanti: questi uomini, agli ordini di Jean Rapp, ebbero la meglio sulla Guardia russa, ma con entrambe le parti che riversavano nella mischia grandi masse di cavalleria lo scontro divenne confuso e disordinato.
Nonostante i russi conservassero ancora un relativo vantaggio numerico, ben presto i rapporti di forza si invertirono non appena la 2ª divisione del I corpo di Bernadotte, agli ordini di Jean-Baptiste Drouet d'Erlon, irruppe sul fianco dell'azione permettendo alla cavalleria leggera francese di rifugiarsi dietro le proprie linee. L'artiglieria a cavallo della Guardia inflisse quindi pesanti perdite alla cavalleria e ai fucilieri russi. Priva della protezione della cavalleria, la fanteria russa ruppe le linee e cominciò a ritirarsi in disordine verso Krenovice e Austerlitz[35] incalzata dalla rinvigorita cavalleria francese per circa un quarto di miglio. Le colonne di Langéron e di Ignacy Przybyszewski cercarono di ritirarsi lungo la parte settentrionale del Goldbach ma la cavalleria francese partì all'inseguimento dei fuggitivi, catturandone la maggior parte tra cui il generale Przybyszewski stesso.
Alle ore 13:00 la vittoria francese sul Pratzen era completa, il maresciallo Soult aveva eseguito la sua missione, le truppe del IV corpo d'armata occupavano saldamente l'altipiano e, posizionate nel mezzo delle linee nemiche, avevano frazionato in due parti lo schieramento austro-russo, disgregando inoltre il comando supremo alleato: lo zar era stato separato dal suo stato maggiore e per il resto della battaglia sarebbe rimasto una figura isolata, mentre Kutuzov fu coinvolto in una serie di singoli combattimenti senza più riuscire ad avere alcuna influenza sulla direzione generale della battaglia. Con il centro sbaragliato, le due ali della coalizione furono tagliate fuori e, poco dopo, incominciarono a ritirarsi fino a fuggire disordinatamente. I feriti e morenti furono accatastati nelle stalle e nelle chiese. Kutuzov fece affiggere presso gli ingressi un cartello scritto in francese: «Je recommande ces malheureux à la générosité de l'Empereur Napoléon et à l'humanité de ses braves soldats» ("Raccomando questi infelici alla generosità dell'Imperatore Napoleone e all'umanità dei suoi coraggiosi soldati"). Nel frattempo lo zar era ormai già fuggito verso est, mentre lo stesso Kutuzov, seriamente ferito, fu costretto a ritirarsi mettendosi in salvo presso un'unità austriaca, non prima di aver visto morire davanti ai suoi occhi uno dei suoi generi, Ferdinand von Tiesenhausen.

Gli scontri al nord
I piani precisi di Napoleone riguardo al settore settentrionale del campo di battaglia non sono ancora del tutto chiari agli storici moderni: questi furono comunicati oralmente ai suoi marescialli la mattina stessa della battaglia e non ne esistono dettagliate versioni scritte. Certo che Soult non avrebbe incontrato grande resistenza sul Pratzen, l'imperatore si limitò a posizionare le truppe di Lannes di fronte ai reparti di Bagration sulla strada per Olmütz, mentre Murat si schierò più a sud per mantenere il collegamento con Soult e Bernadotte; la Guardia imperiale rimase in riserva. Se è evidente che il compito di Lannes era quello di trattenere Bagration lontano dal Pratzen, non è chiaro invece se successivamente Napoleone intendesse attaccarlo in forze servendosi del concorso delle truppe di Bernadotte o se l'imperatore volesse limitarsi solo a contenerlo. Mentre i piani di Napoleone in questo settore non erano stati dettagliatamente predisposti, i coalizzati avevano al contrario minuziosamente stabilito i loro progetti tattici: secondo i piani di Weyrother, Bagration avrebbe dovuto prendere posizione a ovest della collina del Santon, mentre Liechtenstein gli avrebbe protetto il fianco provvedendo poi a occupare lo Žurán con l'artiglieria a cavallo. L'ala destra alleata avrebbe quindi dovuto attendere il successo delle quattro colonne in movimento dal Pratzen e solo quando queste avessero completato la manovra di aggiramento, risalendo verso Šlapanice, si sarebbe dovuta muovere per sbaragliare definitivamente le truppe francesi. Il fronte settentrionale della battaglia rimase tranquillo fin verso le 10:00 quando, durante una breve tregua al centro, la Guardia russa avanzò su Blasowitz; Lannes spostò quindi due divisioni agli ordini del generale Marie-François Auguste de Caffarelli du Falga per respingere Bagration verso nord e permettere alla cavalleria di Murat di incunearsi nel varco così creato nella linea nemica. A questo punto la cavalleria di Liechtenstein, finalmente in arrivo dal fianco meridionale, e parte di quella della Guardia russa entrarono in azione contro la fanteria francese disposta a quadrato e a sua volta assistita dalla cavalleria di François Étienne Kellermann; questi, con una manovra di finta ritirata, attirò il 3º reggimento di ulani del granduca Costantino, agli ordini del generale Müller-Zakomelsky, sotto il tiro dei fucilieri francesi, che annientarono il Le colonne del IV corpo del maresciallo Soult salgono sull'altopiano del Pratzen nel momento decisivo della battaglia Alle 08:45 Napoleone discusse personalmente con il maresciallo Soult, che aveva convocato al suo quartier generale, i dettagli tattici dell'assalto al Pratzen da cui si attendeva una svolta decisiva della battaglia; appreso dall'alto ufficiale che le sue truppe avrebbero impiegato circa venti minuti per raggiungere la sommità della collina, l'imperatore decise di attendere ancora un quarto d'ora prima di sferrare l'attacco, in modo da lasciare tempo alle colonne nemiche di continuare la loro incauta manovra verso la sua ala destra, che sguarniva pericolosamente il loro schieramento centrale[78]. Le divisioni francesi del IV Corpo d'armata, comandate dai generali Dominique-Joseph René Vandamme e Louis Charles Vincent Le Blond de Saint-Hilaire, erano raggruppate nella vallata del Goldbach tra i villaggi di Puntowitz e Jirschikowotz, nascoste dalla nebbia. Il nemico sembrava ignorare la loro presenza sul fianco delle colonne austro-russe, che anche Napoleone dallo Žurán poteva vedere discendere dal Pratzen e marciare verso Sokolnice e Telnice. Alle 09:00, assicuratosi che i reparti di Kollowrat e Miloradovic avessero evacuato il Pratzen, l'imperatore diede ordine al maresciallo Soult di muovere le sue truppe, aggiungendo:
«Un colpo secco e la guerra è finita!».
Mentre Soult si dirigeva verso il fondo della vallata per prendere il comando del IV Corpo, l'imperatore parlò ancora con grande ottimismo ai suoi luogotenenti: il piano era riuscito e gli austro-russi stavano per subire una sconfitta decisiva[87]. Nel frattempo i soldati francesi delle due divisioni di riserva del IV corpo iniziarono l'avanzata in massa sul lieve pendio del Pratzen, senza trovare alcuna opposizione: sulla sinistra marciava la divisione del generale Vandamme, affiancata a destra da quella del generale Saint Hilaire. Le truppe francesi entrarono in battaglia tutte insieme, sbucando dalla foschia residua, e colsero completamente di sorpresa l'attonito zar e l'intero suo seguito al quartier generale russo. Il generale Kutuzov e il suo stato maggiore, posizionati vicino al borgo di Krzenowitz, videro comparire all'improvviso le colonne francesi ad appena poche centinaia di metri e, dopo un momento di panico e confusione, compresero il grave pericolo. Il centro dello schieramento austro-russo era del tutto sguarnito e del varco stavano approfittando le forze del IV Corpo, avanzate rapidamente sul Pratzen per spezzare in due l'esercito coalizzato. Il maresciallo Soult, comandante del IV Corpo d'armata, protagonista dell'assalto al Pratzen Le colonne austro-russe del generale Michail Miloradovic e del generale Johann Kollowrat, che stavano discendendo dal Pratzen per raggiungere gli altri reparti impegnati nella manovra aggirante, furono quindi subito fermate e fu loro ordinato di tornare indietro per affrontare la grave minaccia. Mentre la colonna russa cercava di rioccupare il terreno da poco abbandonato, ben presto la situazione evolse in modo rovinoso per i coalizzati. I soldati del generale Saint Hilaire attaccarono alla baionetta, sbaragliarono le deboli difese presenti e catturarono le batterie dell'artiglieria russa. Anche le truppe della colonna del generale Miloradovic, ritornate indietro, furono sconfitte in poco più di un'ora: i francesi distrussero gran parte di questa unità. Nel frattempo però, gli uomini della seconda colonna, per lo più soldati austriaci inesperti, si unirono alla lotta scontrandosi anch'essi contro quella che era considerata una delle migliori forze combattenti dell'esercito francese, costringendola con la forza del numero a ritirarsi lungo i fianchi dell'altopiano. Tuttavia gli uomini di St. Hilaire, pur a corto di munizioni, si riorganizzarono e passarono al contrattacco alla baionetta scacciando gli alleati dal Pratzen, conquistando facilmente il villaggio eponimo. Più a nord, sulla sinistra, la divisione del generale Vandamme avanzò con rapidità in una zona chiamata Staré Vinohrady ("Antiche Vigne"), respinse con una serie di piccole scaramucce alcuni battaglioni russi e avanzò sul margine settentrionale dell'altipiano mettendo in fuga i reparti alleati presenti. Il maresciallo Soult coordinò accuratamente la manovra delle sue truppe: fece portare avanti alcune batterie di artiglieria che inflissero gravi perdite ai reparti austriaci del generale Kollowrat schierati davanti alle posizioni del generale Saint-Hilaire, mentre i soldati francesi del generale Vandamme completarono il successo con la precisione del fuoco e con una serie di cariche alla baionetta che costrinsero alla fuga i reparti russi; altri cannoni nemici vennero catturati. La battaglia stava evolvendo ormai in modo nettamente favorevole ai francesi, ma non era ancora finita. Napoleone ordinò al I Corpo di Bernadotte di sostenere la sinistra di Vandamme e trasferì il suo centro di comando dalla collina dello Žurán alla Cappella di S. Antonio sul Pratzen, spostandosi con la sua Guardia. La disperata situazione degli alleati fu confermata dalla decisione di impiegare la Guardia imperiale russa; il granduca Costantino, fratello dello zar Alessandro e al comando della Guardia, contrattaccò nel settore dove era schierata la divisione di Vandamme che si trovò in grande difficoltà; in questa fase i francesi persero l'unico vessillo di tutta la battaglia (quello di un battaglione del 4º Reggimento di linea). Percepito il momento critico, Napoleone ordinò alla cavalleria pesante della sua Guardia di farsi avanti: questi uomini, agli ordini di Jean Rapp, ebbero la meglio sulla Guardia russa, ma con entrambe le parti che riversavano nella mischia grandi masse di cavalleria lo scontro divenne confuso e disordinato.
Nonostante i russi conservassero ancora un relativo vantaggio numerico, ben presto i rapporti di forza si invertirono non appena la 2ª divisione del I corpo di Bernadotte, agli ordini di Jean-Baptiste Drouet d'Erlon, irruppe sul fianco dell'azione permettendo alla cavalleria leggera francese di rifugiarsi dietro le proprie linee. L'artiglieria a cavallo della Guardia inflisse quindi pesanti perdite alla cavalleria e ai fucilieri russi. Priva della protezione della cavalleria, la fanteria russa ruppe le linee e cominciò a ritirarsi in disordine verso Krenovice e Austerlitz incalzata dalla rinvigorita cavalleria francese per circa un quarto di miglio. Le colonne di Langéron e di Ignacy Przybyszewski cercarono di ritirarsi lungo la parte settentrionale del Goldbach ma la cavalleria francese partì all'inseguimento dei fuggitivi, catturandone la maggior parte tra cui il generale Przybyszewski stesso.
Alle ore 13:00 la vittoria francese sul Pratzen era completa, il maresciallo Soult aveva eseguito la sua missione, le truppe del IV corpo d'armata occupavano saldamente l'altipiano e, posizionate nel mezzo delle linee nemiche, avevano frazionato in due parti lo schieramento austro-russo, disgregando inoltre il comando supremo alleato: lo zar era stato separato dal suo stato maggiore e per il resto della battaglia sarebbe rimasto una figura isolata, mentre Kutuzov fu coinvolto in una serie di singoli combattimenti senza più riuscire ad avere alcuna influenza sulla direzione generale della battaglia. Con il centro sbaragliato, le due ali della coalizione furono tagliate fuori e, poco dopo, incominciarono a ritirarsi fino a fuggire disordinatamente. I feriti e morenti furono accatastati nelle stalle e nelle chiese. Kutuzov fece affiggere presso gli ingressi un cartello scritto in francese: «Je recommande ces malheureux à la générosité de l'Empereur Napoléon et à l'humanité de ses braves soldats» ("Raccomando questi infelici alla generosità dell'Imperatore Napoleone e all'umanità dei suoi coraggiosi soldati"). Nel frattempo lo zar era ormai già fuggito verso est, mentre lo stesso Kutuzov, seriamente ferito, fu costretto a ritirarsi mettendosi in salvo presso un'unità austriaca, non prima di aver visto morire davanti ai suoi occhi uno dei suoi generi, Ferdinand von Tiesenhausen.

Gli scontri al nord
I piani precisi di Napoleone riguardo al settore settentrionale del campo di battaglia non sono ancora del tutto chiari agli storici moderni: questi furono comunicati oralmente ai suoi marescialli la mattina stessa della battaglia e non ne esistono dettagliate versioni scritte. Certo che Soult non avrebbe incontrato grande resistenza sul Pratzen, l'imperatore si limitò a posizionare le truppe di Lannes di fronte ai reparti di Bagration sulla strada per Olmütz, mentre Murat si schierò più a sud per mantenere il collegamento con Soult e Bernadotte; la Guardia imperiale rimase in riserva. Se è evidente che il compito di Lannes era quello di trattenere Bagration lontano dal Pratzen, non è chiaro invece se successivamente Napoleone intendesse attaccarlo in forze servendosi del concorso delle truppe di Bernadotte o se l'imperatore volesse limitarsi solo a contenerlo. Mentre i piani di Napoleone in questo settore non erano stati dettagliatamente predisposti, i coalizzati avevano al contrario minuziosamente stabilito i loro progetti tattici: secondo i piani di Weyrother, Bagration avrebbe dovuto prendere posizione a ovest della collina del Santon, mentre Liechtenstein gli avrebbe protetto il fianco provvedendo poi a occupare lo Žurán con l'artiglieria a cavallo. L'ala destra alleata avrebbe quindi dovuto attendere il successo delle quattro colonne in movimento dal Pratzen e solo quando queste avessero completato la manovra di aggiramento, risalendo verso Šlapanice, si sarebbe dovuta muovere per sbaragliare definitivamente le truppe francesi. Il fronte settentrionale della battaglia rimase tranquillo fin verso le 10:00 quando, durante una breve tregua al centro, la Guardia russa avanzò su Blasowitz; Lannes spostò quindi due divisioni agli ordini del generale Marie-François Auguste de Caffarelli du Falga per respingere Bagration verso nord e permettere alla cavalleria di Murat di incunearsi nel varco così creato nella linea nemica. A questo punto la cavalleria di Liechtenstein, finalmente in arrivo dal fianco meridionale, e parte di quella della Guardia russa entrarono in azione contro la fanteria francese disposta a quadrato e a sua volta assistita dalla cavalleria di François Étienne Kellermann; questi, con una manovra di finta ritirata, attirò il 3º reggimento di ulani del granduca Costantino, agli ordini del generale Müller-Zakomelsky, sotto il tiro dei fucilieri francesi, che annientarono il
reparto nemico con le loro scariche di fucileria facendone prigioniero il comandante. Visto l'infausto esito di queste cariche, Bagration portò avanti circa 40 cannoni e cominciò un duro cannoneggiamento da ambo le parti che si concluse attorno alle 10:30. A questo punto cominciarono ad arrivare le notizie dell'anda- mento dello scontro sul Pratzen e, nonostante gli ordini fossero di attendere il successo degli alleati a sud prima di muoversi, Bagration pre- se l'iniziativa di attaccare. Anche se non è chiaro quanto conoscesse della drammatica situazione degli alleati in quei momenti, aggre- dendo i corpi di Lannes e di Murat il generale russo sperava probabilmente di costringere i francesi a spostare forze dalla loro destra e dal centro per respingere il suo attacco, alleg- gerendo la pressione sull'altopiano. Bagration, continuando a mantenere il possesso di Holubice per non farsi aggirare sul fianco destro, lanciò quindi incursioni a nord sulla strada per Brno e attorno al Santon.
I primi a gettarsi nella mischia furono i cavalieri cosacchi e gli ussari della Guardia che caricarono a nord del Santon, creando un iniziale scompiglio prima di essere falcidiati dalle batterie francesi posizionate sulla collina e poi dispersi dal contrattacco della fanteria di Lannes e della cavalleria a supporto, che causarono loro ulteriori gravi perdite . L'avanzata delle colon- ne francesi costrinse quindi Bagration a ritirarsi in buon ordine su Rousínov dove stabilì la sua nuova posizione. Nel frattempo Liechtenstein, determinato a fermare l'avanzata della fanteria di Caffarelli, caricò la cavalleria leggera di Kellermann con un pesante attacco di corazzieri, ussari e dragoni, forte di circa 6000 uomini. La cavalleria francese resistette inizialmente agli attacchi ma, una volta chiaro che il numero di nemici era troppo grande, fu costretta a trovare rifugio dietro la propria fanteria.
Gli uomini di Caffarelli respinsero tre attacchi in successione, dando il tempo a Murat di
 Ritratto del generale Pëtr  Ivanovic Bagration
 Sopra: il generale Jean Lannes.
 Sotto: Gioacchino Murat.
inviare nella mischia due divisioni di corazzieri (una comandata da d'Hautpoul e l'altra da Étienne Marie Antoine Champion de Nansouty) che, pur in inferiorità numerica in un rapporto di quasi due a uno, sbaragliarono le linee della cavalleria russa. La mischia conseguente fu lunga e accanita, ma alla fine i francesi prevalsero. Lannes guidò quindi il suo V Corpo contro gli uomini di Bagration e dopo duri combattimenti riuscì a metter il pur abile comandante russo fuori combattimento. Egli avrebbe voluto continuare a inseguirlo perché Bagration conservava ancora una forza ragguardevole e potenzialmente pericolosa, ma Murat, che aveva il comando di questo settore del campo di battaglia, fu di diverso avviso[100]. In seguito giustificò così la propria decisione:
« La mia intenzione era di continuare a respingere il nemico e di impadronirmi delle colline di Raussnitz (Rousínov) e Austerlitz dalle quali [il nemico] si era ritirato; ma sulla destra stavano ancora combattendo con grande determinazione; il principe non aveva alcuna notizia da quel versante »
(Rapporto del principe Murat, in Relations and rapports, )
La preoccupazione di Murat era di conservare il controllo delle vie di comunicazione da Ölmutz attraverso Austerlitz per Brno e di non allontanarsi troppo dal teatro della battaglia per garantire a Napoleone rinforzi immediati in caso di bisogno.

Epilogo
La situazione alle 14:00: l'esercito alleato era ormai pericolosamente tagliato in due. Napoleone aveva quindi la possibilità di colpire una delle ali alleate, e scelse quella sinistra poiché negli altri settori le forze nemiche erano già state liquidate o costrette a ritirarsi dal combattimento. Dopo essersi assicurato il controllo del Pratzen e aver compreso che sul fronte settentrionale Bagration si era ormai allontanato troppo verso est per essere rapidamente intercettato e distrutto, Napoleone si rese conto che il suo piano originale, che prevedeva un grande accerchiamento di tutta l'armata alleata, non era più realizzabile: la sua attenzione si rivolse quindi verso l'estremità meridionale del campo di battaglia in cui i francesi e gli alleati erano ancora in lotta per il possesso di Sokolnice e Telnice. Al I Corpo di Bernadotte, che fino a quel momento non aveva contributo molto attivamente alla battaglia, fu ordinato di tenere l'altopiano del Pratzen, mentre il compito di sferrare un nuovo attacco fu affidato ai reparti di Saint-Hilaire e Vandamme, sostenuti dalla 3ª divisione di Legrand. L'assalto fu compiuto su due fronti: la divisione di St. Hilaire, con parte del III Corpo di Davout e con il generale Legrand alla loro destra, sfondarono le difese nemiche a Sokolnice, fecero almeno 4.000 prigionieri, e costrinsero i comandanti delle prime due colonne alleate, i generali Michael von Kienmayer e Langéron, a fuggire il più velocemente possibile verso sud dopo una iniziale resistenza; nel frattempo Vandamme con le due brigate rimastegli si spostò verso il bordo meridionale del Pratzen da dove incalzò la linea di Buxhowden, comandante della sinistra alleata e l'uomo che aveva avuto il comando generale. Questi, pare in quel momento completamente ubriaco, fuggì anch'egli precipitosamente in ritirata.
A questo punto l'esercito alleato fu colto dal panico generale e abbandonò il campo di battaglia fuggendo in tutte le direzioni possibili. A proposito di questa rotta fu documentato un famoso episodio: le forze russe che erano state sconfitte dall'ala destra francese si ritirarono verso sud, in direzione di Vienna, attraverso gli stagni di Monitz e il lago palustre di Satschan, ricoperti da lastre gelate. Poiché l'artiglieria francese, su ordine di Napoleone, martellava gli uomini in fuga, il ghiaccio si ruppe a causa del bombardamento: secondo fonti coeve, numerosi soldati annegarono nelle acque ghiacciate e decine di pezzi di artiglieria affondarono con loro. Tuttavia negli anni successivi alla battaglia e anche recentemente, questa ricostruzione che criminalizzava l'imperatore francese è stata spesso messa in dubbio.
« Non ci sono più nemici dopo una vittoria, ma solo uomini »
(Napoleone alla sua scorta la sera del 2 dicembre.)
Dopo il tramonto, a Napoleone non rimase che ritornare verso nord in direzione della strada di Olmütz, attraversando il campo di battaglia. Probabilmente lo fece per misurare la portata della sua clamorosa vittoria, ma le fonti più vicine all'imperatore riferiscono che gli premeva anche, come avrebbe anche fatto nelle campagne seguenti, prendersi cura dei feriti, non solo quelli francesi ma anche quelli del nemico. Fece distribuire del brandy, usò parole di conforto e fece accendere dei fuochi per riscaldarli in attesa dei soccorsi. Intorno alla mezzanotte giunse presso la Stará pošta, una vecchia stazione di posta passata di mano un paio di volte durante la giornata e riconquistata poche ore prima da Murat e Lannes. Qui riposò su un letto di paglia e ricevette la mattina successiva presto la visita dell'arciduca Giovanni, giunto a presentare la resa dell'esercito austriaco. La richiesta era urgente per l'Austria in quanto Napoleone aveva dato ordine ai suoi generali di incalzare le armate nemiche in rotta che ora rischiavano la distruzione totale. Il 4 dicembre, Napoleone accolse Francesco II in un'atmosfera inaspettatamente cordiale per l'imperatore austriaco, scusandosi anche per l'accoglienza spartana all'aperto davanti a due semplici fuochi da campo. Entrambi stigmatizzarono il vile comportamento degli inglesi, considerati dai due imperatori i veri responsabili del conflitto che si erano limitati a finanziare economicamente senza prendere parte ai combattimenti. L'imperatore austriaco li definì «marchands de chair humain, ils payent les autres pour se battre à leur place» ("mercanti di carne umana, pagano gli altri per combattere al loro posto"). Bonaparte infine concesse la tregua all'imperatore austriaco e si impegnò a far ritirare indenni le truppe russe verso la madrepatria. Secondo alcune fonti pare che lo zar, grazie a uno stratagemma utilizzato con Davout, inviato da Napoleone per controllare l'armata russa e formalizzare la tregua precedentemente offerta tramite Savary, fosse già disonorevolmente "in fuga" prima dell'assenso ufficiale dell'imperatore francese.

La ricompensa di Napoleone ai suoi soldati
Gli atti di coraggio compiuti dai soldati francesi durante la battaglia furono così numerosi che, non appena ne cominciò a ricevere i rapporti, l'imperatore sentenziò:
("Farò tutto ciò che è in mio potere per ricompensare adeguatamente tutti questi uomini coraggiosi!").
Le parole di Napoleone ai suoi soldati dopo la battaglia, riportate nel 30º bollettino della Grand Armée, furono piene di lodi, a volte infarcite di esagerazioni:
« Soldati, Sono contento di voi; voi avete, nella giornata di Austerlitz, soddisfatto tutto ciò che mi aspettavo dal vostro coraggio. Voi avete decorato le vostre aquile di una gloria immortale. Un esercito di centomila uomini, comandato dagli imperatori di Russia e Austria, è stato in meno di quattro ore o battuto o disperso; chi è sfuggito al vostro ferro è annegato nei laghi (…). »

(Napoleone alla Grand Armée all'indomani della battaglia.)
Napoleone decreta che le vedove degli ufficiali e dei soldati riceveranno una pensione e i bambini dei generali, degli ufficiali e dei soldati francesi caduti ad Austerlitz saranno adottati. Archives nationales.
Napoleone, inoltre, premiò generosamente lo zelo e il coraggio di chi lo aveva seguito in battaglia: già sul campo egli distribuì ai più arditi le croci della Legion d'onore; a tutti i feriti furono date delle gratificazioni in denaro, con somme fino a 3 napoleoni; i generali ricevettero 3.000 franchi ciascuno mentre gli ufficiali inferiori somme variabili tra i 500 e i 2.000 franchi secondo il grado; ai soldati semplici fu consegnato un napo- leone ciascuno. Con un ordine del giorno emanato ad Austerlitz il 16 frimaio, anno XIV (cioè il 7 dicembre 1805), Napoleone decretò che le vedove dei generali, dei

 Ordine del giorno della Grande  Armata, campo di Austerlitz, 16  frimaio XIV (7 dicembre 1805).
colonnelli e dei maggiori caduti nella battaglia avrebbero ricevuto un vitalizio annuale compreso tra i 6.000 e 2.400 franchi rispettivamente, le vedove dei capitani 1.200 franchi, quelle dei tenenti e dei sottotenenti una pensione di 800 franchi, infine quelle dei soldati semplici un vitalizio di 200 franchi. Tutti i figli dei membri della Legione d'onore caduti in guerra furono formalmente adottati dall'imperatore e, con l'obiettivo di garantire il futuro di questi orfani, sarebbero stati cresciuti a spese dello stato francese che avrebbe anche garantito un impiego ai maschi e una dote per il matrimonio alle femmine. Napoleone stesso creò poi le maisons d'éducation ("case di formazione") per le figlie dei deceduti decorati.
L'unica nota dolente della giornata per l'imperatore fu la perdita dell'aquila del 1º battaglione del 4º reggimento di linea della divisione di Vandamme, catturata durante la carica della Guardia zarista. L'imperatore si dimostrò particolarmente adirato per questo episodio. Il 4 nevoso, anno XIV (25 dicembre 1805) Napoleone era a Vienna per passare in rivista il Corpo di Soult; arrivato nei pressi del reggimento che aveva subito l'onta, riunì attorno a lui gli ufficiali del battaglione e gridò con veemenza per farsi udire da tutti i soldati del reggimento:
« Soldati, che cosa ne avete fatto dell'aquila che vi ho dato? Avevate giurato che essa vi sarebbe servita come punto di raduno, e che sarebbe stata difesa a rischio della vostra vita: come avete mantenuto la vostra promessa? »
Dopo aver accolto le giustificazioni del battaglione, secondo cui nessuno si era accorto nella mischia che l'alfiere era caduto, Napoleone concesse al battaglione una nuova aquila che i soldati, con le lacrime agli occhi, giurarono di difendere fino alla morte. Il fine dell'imperatore era chiaro: aveva ottenuto la fedeltà incondizionata del reparto graziato che, nelle battaglie future, avrebbe dimostrato audacia e valore.

Conseguenze
« Ero… sotto un feroce e continuo fuoco di mitraglia… subendo parecchi morti e feriti, mentre le restanti [forze] erano in totale confusione… Nonostante i dispacci inviati, non ricevetti alcun ordine. Molti soldati, ormai incessantemente impegnati in battaglia dalle 07:00 del mattino alle 04:00 del pomeriggio, non avevano più munizioni. Non ho potuto fare altro che ritirarmi… »
(Generale Przhebishevsky (o Przybyszewski), rapporto al Sua Maestà imperiale delle azioni della 3ª colonna, luglio 1806)
Tuttora la battaglia di Austerlitz, eretta a paradigma dell'arte tattica, è considerata il capolavoro del genio strategico di Napoleone Bonaparte, che con la sua capacità di manovra e il suo intuito militare, con poche perdite e con un esercito di consistenza numerica inferiore a quello nemico, ottenne notevoli risultati sul piano politico e territoriale.
Dopo la conta delle perdite il successo francese risultò devastante per il nemico: ai 9.000 tra morti, feriti e prigionieri francesi, circa il 12% dei loro soldati, corrisposero tra i 25.000 e i 27.000 morti e feriti e oltre 12.000 prigionieri (tra cui otto generali) dell'armata austro-russa, circa il 40% della loro forza iniziale. I francesi si impadronirono inoltre di 180 cannoni, 50 stendardi e 150 cassoni portamunizioni. Forse la sintesi più indovinata della batosta subita dagli alleati si ritrova in una affermazione fatta dallo zar poco dopo la sconfitta e poco prima di allontanarsi dall'Austria per non essere costretto a trattare la resa: «Siamo come bambini nelle mani di un gigante».
Kutuzov, benché sofferente, organizzò instancabilmente il ritiro dell'esercito russo: la notte stessa della disfatta raccolse le sue forze residue e partì per Göding attraversando la Morava (March in tedesco), il grande fiume che fa da frontiera tra la Moravia e l'Ungheria, quindi raggiunse la Russia attraverso la Galizia. Lo zar Alessandro costrinse Langéron a congedarsi, Przhebishevsky fu degradato a soldato semplice, mentre Alexander Kutuzov fu allontanato dall'esercito ma nominato governatore di Kiev.
Dopo la tregua del 4 dicembre, Francia e Austria, rappresentate la prima da Charles-Maurice de Talleyrand e la seconda dal principe Giovanni di Liechtenstein e dal conte Ignatz von Gyulai, firmarono 22 giorni più tardi il trattato di Presburgo, che pose di fatto la potenza asburgica fuori dalla guerra. L'Austria accettò di riconoscere i territori francesi già ceduti con i precedenti trattati di Campoformio e di Lunéville e inoltre rinunciava a Venezia, all'Istria e alla Dalmazia a favore del Regno d'Italia, riconoscendo il titolo di Re d'Italia a Napoleone. Alla Baviera l'Austria fu costretta a cedere il Vorarlberg, il Tirolo e il Trentino, nonché altri domini tedeschi di minore entità che vennero ceduti al Baden e al Württemberg. Questi ultimi due stati, unitamente alla Baviera e all'Assia-Darmstadt, vennero elevati al rango di stati sovrani indipendenti. Le armate francesi, inoltre, si stanziarono nel sud della Germania. Veniva così definitivamente a cadere l'assetto del Sacro Romano Impero, disciolto l'anno seguente con l'abdicazione al trono imperiale di Francesco II, che da quel momento in avanti assunse il titolo di Francesco I d'Austria. Gli stati tedeschi furono riorganizzati nella Confederazione del Reno, istituita da Napoleone che ne divenne protettore facendola rientrare nella sfera d'influenza francese e destinandola a fungere da cuscinetto tra Francia e Prussia. L'Austria dovette pagare anche 40 milioni di franchi (1/7 del reddito nazionale) come indennizzo di guerra alla Francia. Fu una conclusione dura ma non certo una pace catastrofica per l'impero asburgico che ottenne in cambio delle sue cessioni la città di Salisburgo.
La grande vittoria fu accolta dapprima con stupore e quindi con euforia a Parigi, dove solo pochi giorni prima si discuteva di una nazione sull'orlo del collasso finanziario e ora, dopo la durissima indennità imposta all'economia austriaca, ci si trovava per gli anni a venire con le casse ben fornite.
Austerlitz e la campagna precedente alterarono profondamente la natura della politica europea. In tre mesi i francesi avevano occupato Vienna, distrutto due eserciti e umiliato l'impero austriaco.
Questi eventi si posero in netto contrasto con i rigidi equilibri di potere tipici del XVIII secolo stravolgendo la politica europea. Famosa la reazione alle notizie provenienti da Austerlitz di William Pitt: pare che da quel momento assunse una espressione permanentemente tirata e un colorito bluastro (da qualcuno ironicamente definito "look di Austerlitz") e poco prima di morire, meno di due mesi dopo, si rivolse alla nipote e indicandole una carta dell'Europa le disse:
« Arrotolate quella mappa, [così com'è adesso] non servirà più per i prossimi dieci anni. »
(William Pitt.)

 Il primo ministro inglese  Guglielmo Pitt.
L'esito della battaglia preparò il terreno per quasi un decennio di dominazio- ne francese del continente europeo ma, nonostante i tentativi di ingraziarsi la Prussia cedendole anche la ambita città di Hanno-
ver, questa vide nelle manovre di Napoleone un chiaro affronto al suo status di potenza principale dell'Europa centrale e poco dopo avrebbe dichiarato guerra alla Francia nel 1806.
Nel 1806 il ponte Jardin des plantes che attraversa la Senna a Parigi fu rinominato Pont d'Austerlitz.
Nel 1810 il bronzo dei cannoni austriaci e russi catturati fu utilizzato per forgiare la colonna Vendôme, monumento celebrativo dei trionfi di Napoleone, che in seguito alla Restaurazione francese, con l'alternarsi dei diversi governi, subì diverse modifiche. Nel 1871, durante il breve periodo della Comune di Parigi, fu demolita come simbolo di militarismo e imperialismo, per poi essere ricostruita nel 1873 dopo la fine della Comune.

 La colonna Vendôme a Parigi