La Prussia, divenuta il più potente degli Stati germanici, aspirava da molto tempo a dare a tutti i popoli
tedeschi l'unità nazionale sotto lo scettro degli Hohenzollern, ma questo suo disegno era stato sempre ostacolato dall'Austria,
che esercitava la propria supremazia sulla Germania meridionale come presidente della Confederazione Germanica, costituita dal
Congresso di Vienna. Il suo interesse ad allontanare l'Austria dalla Germania corrispondeva all'interesse dell'Italia ad
allontanarla dal Veneto. Perciò il ministro prussiano Ottone di Bismarck propose al Governo italiano un trattato di alleanza
offensiva contro l'Austria, promettendo all'Italia tutto il Veneto in caso di vittoria.
Questa era l'occasione favorevole, già auspicata dal Cavour e tanto attesa dagli Italiani, per risolvere uno dei dei problemi
che rendevano ancora incompleto il Risorgimento. La proposta perciò venne subito accettata, e l'alleanza tra la Prussia e l'Italia
fu conclusa a Berlino nell'aprile del 1866. L'Austria, temendo di non poter sostenere la guerra su due fronti, offrì allora
all'Italia, attraverso la mediazione di Napoleone III, la cessione pacifica dei Veneto, purché essa rimanesse neutrale. `Ma il
Lamarmora, allora presidente del Consiglio, non volle mancare di lealtà verso l'alleato, e respinse l'offerta.
La guerra scoppiò nel giugno successivo. II comando supremo dell'esercito italiano, forte di 230 mila uomini, fu assunto
nominalmente da Vittorio Emanuele, ma assegnato effettivamente ai generali Lamarmora,- che intanto aveva ceduto
la presidenza del
Consiglio al Ricasoli- e Cialdini, mentre a Garibaldi venne affidato il corpo dei Cacciatori delle Alpi,
formato di volontari. Il Lamarmora voleva che tutte le forze fossero dirette allo sfondamento dei
deI Quadrilatero; il Cialdini invece proponeva che esse girassero alle spalle del nemico, nel Veneto, e quindi passassero le
Alpi per marciare verso Vienna, come aveva fatto Napoleone nel 1797.
Poiché i due generali non riuscirono a mettersi d'accordo, si venne a un compromesso: il Lamarmora con una parte dell'esercito
avrebbe attraversato il Mincio per muovere contro il Quadrilatero; il Cialdini con l'altra parte avrebbe marciato alla destra del
Po per invadere il Veneto alle spalle degli Austriaci; Garibaldi a sua volta avrebbe agito nel Trentino per impedire al nemico di
ricevere rinforzi dall'Austria e per tagliargli la ritirata in caso di vittoria italiana. Questa divisione delle forze annullò
il vantaggio della superiorità numerica del nostro esercito rispetto a quello austriaco ed espose il Lamarmora a una grave
sconfitta. Egli aveva appena attraversato il Mincio, quando alcune sue
divisioni furono improvvisamente assalite e battute dagli Austriaci, comandati dall'arciduca Alberto, sulle alture di
Custoza (24 giugno). Si trattò di un episodio di guerra per noi sfortunato, che ebbe gravi ripercussioni sul morale
delle truppe c del Paese. Tuttavia alla sconfitta si poteva ancora rimediare con azioni successive. Infatti, sebbene il
Lamarmora avesse ordinato la ritirata generale, il Cialdini, passato il Po ed entrato nel Veneto, avanzava verso il Piave e
l'Isonzo, e Garibaldi, penetrato nei monti del Trentino, sconfiggeva il nemico a Bezzecca (21 luglio) e si apriva la via
verso Trento. Purtroppo alla sconfitta terrestre segui, il 20 luglio, una sconfitta navale nelle acque di Lissa, subita
dall'ammiraglio Persano per opera dell'ammiraglio austriaco Tegethof, nella quale la corazzata Re d'Italia
s'inabissò col suo comandante Faà di Bruno e la corazzata Palestro saltò in aria col comandante Alfredo Cappellini.
Il Persano venne poi processato e destituito dal comando per la sua inettitudine.
La Prussia invece riportò sugli Austriaci una grande vittoria a Sadowa, in Boemia (3 luglio), e avendo ottenuto lo
scopo di allontanare l'Austria dalla Germania, il 25 luglio, senza neppure consultarsi con l'alleato, concluse con essa un
armistizio.
Anche l'Italia, minacciata dalla Prussia di essere lasciata da sola contro l'Austria, fu costretta a cessare le ostilità.
Garibaldi, che stava marciando verso Trento, all'ordine di ritirarsi rispose con una sola parola « Obbedisco », la
quale ben esprimeva quanto costasse al condottiero vittorioso doversi piegare alla necessaria disciplina militare.
La pace fu conclusa a Vienna il 3 ottobre, e all'Italia venne assegnato, tramite Napoleone III com'era avvenuto per la
Lombardia, il Veneto, ma Trento e Trieste, la Venezia Tridentina e la Venezia Giulia rimasero all'Austria, la quale
sulla linea del nuovo confine si assicurò posizioni militarmente dominanti.
Torna alla Home Base
|
|
|
A sinistra: il Gen Alfonso Lamarmora;
sotto: il gen Enrico cialdini.
|

Sopra: operazioni militari nella 3 Guerra Indipendenza;
sotto: la battaglia di Custoza.


Garibaldini alla Bezzecca.
|