Giuseppe Pignatale
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IL TRIONFO DEGLI UOMINI
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   NASCITA DELLO STATO MODERNO.
Dal XV secolo assistiamo in molti paesi d'Europa alla nascita dello stato moderno: stati unitari assoluti nati in seguito a lotte intestine. In Italia, culla del Rinascimento salvo il caso dei Borgia, nessun principe ebbe il sopravvento per cui il nostro paese rimase suddiviso in molti stati....
 
 
 APPROFONDIMENTI

 La Guerra dei Cento Anni
 La lotta contro i Mori in  Spagna
 La Guerra delle due Rose

Inizio dell'età moderna
Col tramonto delle strutture feudali, si impongono quelle dello stato moderno realizzate specialmente nelle monarchie nazionali di Francia, Inghilterra e Spagna. Queste monarchie nazionali nacquero in seguito a guerre intestine: in Spagna si avrà l'unificazione cacciando i Mori, in Francia la "Guerra dei cent'anni" e in Inghilterra "la Guerra delle due rose". L'Italia invece, nonostante le guerre fra i vari stati italiani, non emerse nessun principe e il territorio italiano rimase suddiviso in più stati e divenendo preda di appetiti di stati come la Francia e la Spagna.
La civiltà rinascimentale si diffonde dall'Italia agli altri paesi europei; la scoperta dell'America e la nuova via per l'India aprono nuovi orizzonti politici e commerciali. L'affermazione dello stato moderno sul mondo medievale, alla fine del 400, è stato reso possibile anche dal cambio delle tecniche militari. I sovrani ricorrono all'uso di truppe mercenarie rendendosi autonomi dai feudatari. La nobiltà riceve un ulteriore colpo mortale dalla maggiore importanza acquistata dalla fanteria e dalla perdita d'importanza della cavalleria, da sempre monopolio della nobiltà.

La supremazia della fanteria fu determinata in gran parte dall'introduzione di armi da fuoco sempre più perfezionate, artiglierie sempre più potenti e precise, l'archibugio e poi la pistola. Di conseguenza cambiarono anche le fortificazioni delle città: non più mura altissime e relativamente sottili, ma cinte a bastione capaci di smorzare l'effetto delle artiglierie. Nessun feudatario poté più permettersi il lusso di ribellarsi e rinchiudersi nel proprio castello dove avrebbe potuto resistere a lungo difeso dalle proprie mura: ora le artiglierie potevano facilmente abbattere le antiche mura.



  Carlo nella battaglia di Mühlberg (Ritratto di Carlo V a   cavallo, Tiziano, 1548): egli governava su un impero dove   non tramontava mai il sole.
   

LO STATO MODERNO
Tra il XV e il XVII secolo si consolidò in Europa quella forma di organizzazione politica che va sotto il nome di stato moderno. Lo stato moderno è una forma di organizzazione politica le cui fondamentali caratteristiche sono: l'accentramento territoriale del potere, associato all'esercizio esclusivo della sovranità ; la creazione di un apparato burocratico e amministrativo; l'allestimento e il mantenimento di un esercito permanente; l'organizzazione e la gestione di un apparato fiscale. Caratteristica essenziale dello stato moderno fu la capacità di imporre un'unica volontà e il rispetto della legge nei confronti di tutti i cittadini e sull'intero territorio soggetto alla giurisdizione, cioè delle leggi dello stato. La burocrazia svolse una funzione decisiva nell'evoluzione della struttura politica statale. I funzionari non eseguivano la volontà del re in quanto persona, ma del re in quanto espressione della sovranità dello stato.
Nel mondo feudale la guerra era un affare riservato alle classi superiori e il re richiamava a raccolta i suoi cavalieri in caso di necessità . Se in gran parte le guerre vennero ancora condotte assoldando di volta in volta truppe di soldati mercenarie si avviò contemporaneamente la tendenza a costituire i primi nuclei stabili di un esercito nazionale permanente.
Il monarca feudale sosteneva le spese per l'esercizio del potere con il suo patrimonio personale, le cui fonti erano le renditi signorili e le imposte indirette (dazi, tassi sui consumi), le uniche considerate normali. Le imposte dirette, cioè il prelievo sul reddito, avevano un carattere straordinario, eccezionale: erano un aiuto che, nel quadro degli obblighi inerenti al rapporto di dipendenza personale, i vassalli dovevano al loro signore. Essendo tradizionalmente altissimo il prelievo esercitato sui ceti contadini e popolari, quantomeno in proporzione ai modestissimi redditi di cui essi godevano in quel tempo, la politica fiscale delle grandi monarchie si indirizzò progressivamente ad assoggettare al prelievo le rendite e i patrimoni dei ceti superiori, aristocratici, laici ed ecclesiastic, riducendone esenzioni e privilegi.
Analizziamo ora l'evoluzione storica in cui le monarchie nazionali realizzarono più rapidamente l'unificazione territoriale e l'accentramento del potere, in particolar modo la Francia.
"La guerra dei cento anni", che contrappose, con alternate vicende, Inghilterra e Francia tra il 1337 e il 1453, ebbe un'importanza decisiva nell'evoluzione politia di qusti due paesi. Allo scoppio del conflitto, la Francia costituiva, dal punto di vista territoriale, un mosaico di domini regi, feudi signorili, possedimenti feudali del re d'Inghilterra. Il consolidamente della monarchia francese doveva dunque inevitabilmente passare attraverso il recupero dell'intero territorio nazionale e quindi, in primo luogo, attraverso l'abolizione degli anacronistici possedimenti feudali della monarchia inglese.
Carlo VII il Vittorioso (Parigi 1403 - Mehun-sur-Yèvre 1461), re di Francia (1422-1461), figlio di Carlo VI e di Isabella di Baviera, escluso dalla successione al trono secondo i termini del trattato di Troyes (1420), alla morte del padre fu riconosciuto re dagli Armagnacchi mentre, in forza del medesimo trattato, Enrico VI d'Inghilterra era anche re di Francia, dove, oltre alla parte occidentale della Guienna, possedeva quasi tutte le province a nord della Loira. Il paese era in preda all'anarchia: da una parte, ribellioni o resistenza passiva nelle regioni occupate dagli Inglesi; dall'altra, insufficienza di Carlo VII, il quale disponeva di un embrione di governo a Bourges (fu detto ironicamente "il re di Bourges") e di un parlamento a Poitiers e, se faceva leva sul sentimento nazionale, mancava però di energia, di denaro, di un esercito regolare e di solide alleanze, talchè le sue truppe conobbero le sconfitte di Cravant (1423), di Verneuil (1424) e della giornata delle Aringhe [journèe des Harengs] (12 febbraio 1429). Perduta ormai la speranza di vincere, meditava di rifugiarsi in Scozia, quando la suocera, Iolanda d'Aragona (Carlo aveva sposato Maria d'Angiò), favorì l'ascesa di Giovanna d'Arco la quale, liberata Orlèans (8 maggio 1429), restituì a Carlo la fiducia in se stesso e alla Francia la fiducia nella dinastia, legittimata dopo la consacrazione del sovrano a Reims (17 luglio). Nonostante il successivo declinare della fortuna di Giovanna e la sua cattura ed esecuzione, che Carlo non fece nulla per impedire, le sorti del regno erano ormai risollevate e il sovrano, di lì a qualche anno, sbarazzatosi della tutela di La Tremoille, profittatore senza scrupoli e rivale del connestabile Richemont (1433), e concluso il trattato di Arras (1435), in base al quale il duca di Borgogna Filippo il Buono rompeva l'alleanza con l'Inghilterra, potè procedere alla liberazione del territorio nazionale: nel 1436 con l'ingresso di Richemont a Parigi; nel 1450 con la campagna di Formigny e la riconquista della Normandia; nel 1453 con la vittoria di Castillon e l'occupazione di Bordeaux e della Guienna. Così agli Inglesi, in Francia, rimase solo Calais. Nel campo della politica interna, Carlo VII sottomise il clero all'autorità del monarca (Prammatica sanzione di Bourges, 1438), represse la rivolta della Praguerie, riorganizzò le finanze (grazie, soprattutto, a Jacques Coeur), e diede inizio alla formazione di un esercito regolare. L'abilità dei suoi consiglieri gli valse l'appellativo di Bien-Servi. Ma gli ultimi anni della sua vita, nella quale, dal 1443, era entrata Agnès Sorel, furono rattristati dai continui intrighi e complotti del Delfino, il futuro Luigi XI. Dal XII al XIVsec. la Piccardia fu progressivamente annessa alla Corona. Col trattato di Arras del 1435, Carlo VII cedette le città della Somme al duca di Borgogna Filippo il Buono; Luigi XI le riacquistò nel 1463, ma, venuto a conflitto con Carlo il Temerario, dovette privarsi di parte del territorio piccardo, che rioccupò peraltro interamente alla morte del rivale (1477) e che assicurò definitivamente alla Corona col trattato di Arras del 1482 imposto a Massimiliano d'Austria, erede del Temerario.

Regno d'Ungheria
Anche nel regno di Ungheria il potere dei nobili impedì a lungo la formazione di uno stato accentrato, sul modello occidentale. Dal 1308 nnel paese si era insediata la dinastia d'Angiò, che sotto Luigi il Grande (1342-1382) aprì la capitale Buda alle influenze culturali francesi e italiane, ma il periodo di maggior prestigio del paese iniziò nel 1458, quando la corona passò a Mattia I Corvino (1443-1490). Oltre ad allargare notevolmente i suoi territori, egli fece di Buda un centro dell'Umanesimo, grazie anche all'opera della moglie Beatrice d'Aragona, principessa di Napoli.

Per buona parte del XIV secolo la corona polacca dovette lottare sia contro il potere dei feudatari, sia contro i Cavalieri Teutonici che occupavano un vasto territorio lungo le sponde del Mar Baltico precludendo alla Polonia lo sbocco al mare. La svolta si verificò nel 1386 quando sul trono polacco salì il granduca di Lituania, Ladislao II (1386-1434), fondatore della dinastia degli Jagelloni destinata a regnare sul paese per oltre due secoli. I cavalieri dell'Ordine Teutonico furono sconfitti nella battaglia di Tannenberg del 1410, poi nel 1466 il re di Polonia Casimiro IV (1447-1492) strappò loro la Prussia occidentale e la Pomerania con l'importante porto di Danzica. La Prussia orientale restò all'Ordine, ma solo come feudo della monarchia polacca.

Intanto due altri paesi nazionali si formarono a sud dei Pirenei: la Spagna e il Portogallo. Il Portogallo completò precocemente la propria unificazione con la conquista dell'Algarve (1248) e rivolse subito l'attenzione verso le coste atlantiche dell'Africa. I due regni di Aragona e Castiglia, rimasero a lungo preda all'instabilità politica. Tuttavia, seppure lentamente, in entrambi i regni la monarchia riuscì a consolidarsi: la svolta si ebbe nel 1469, quando il matrimonio fra Isabella di Castilgia e Ferdinando, principe ereditario, gettò le basi per l'unificazione del paese. In un solo anno, il 1492, la Spagna completò la reconquista, con l'annessione del regno di Granada.

Tra la fine del XV e il principio del XVI sec. il secolare movimento d'ascesa della potenza moscovita culminò nella creazione di uno Stato nazionale russo unitario e indipendente. Ne furono artefici due tra i maggiori sovrani della storia russa, Ivan III il Grande (1462-1503) e Basilio III (1505-1533), sotto i cui regni la Moscovia riuscì ad allontanare definitivamente i Mongoli e affermò stabilmente la sua egemonia in Russia. La cacciata dei Mongoli avvenne nel modo più inaspettato: nel 1480, approfittando dello sfaldamento dell'Orda (divisasi nei canati rivali di Crimea [1430] e di Kazan' [1440], appoggiati dalla Moscovia, e in quello di Astrachan [1466], sede del khan legittimo) Ivan III cessò di pagare il tributo. Il khan dell'Orda rispose marciando su Mosca, ma dopo una breve scaramuccia con le forze moscovite sul fiume Ugra si ritirò precipitosamente verso le sue terre. Con tale episodio, che segnò il completo declino dell'Orda d'oro (la quale tuttavia cessò di esistere anche di nome solo nel 1502), ebbero virtualmente fine due secoli e mezzo di dominazione mongola. Più laboriosa fu invece la realizzazione dell'unità nazionale. Occorsero quasi un secolo e una serie ininterrotta di guerre perchè la supremazia moscovita sulla terra russa fosse saldamente affermata. Il principale impedimento all'attuazione di quest'impresa venne dall'aggressività dello Stato polacco-lituano, stabilmente inserito dal XIV sec. nei territori sudoccidentali del paese che già avevan fatto parte della Russia di Kiev e preoccupato d'impedire ogni possibile ingrandimento di Mosca che ne intaccasse l'ancor forte predominio politico e religioso sul mondo slavo. Di qui l'importanza che ebbero per la Moscovia e per il compimento dell'unità nazionale russa le lotte condotte da Ivan III e da Basilio III contro lo Stato polacco-lituano (guerre del 1492-1494; 1500-1503; 1507; 1522), lotte che, se si conclusero con limitati acquisti territoriali per i Moscoviti (città della Desna e del Soz [1503] e Smolensk [1514]) e senza che la minaccia lituana venisse allontanata dalla Russia, ebbero però un decisivo peso storico, giacchè ottennero, a partire dal 1495, che i sovrani di Polonia e Lituania riconoscessero ai regnanti moscoviti il diritto esclusivo di fregiarsi del titolo di gran principe di tutta la Russia: in tal modo veniva sancita anche formalmente l'identificazione della Moscovia con lo Stato nazionale russo. Di pari passo con l'unificazione politica della Russia, Ivan III e, in minor misura, Basilio III procedettero al consolidamento della compagìne interna del nuovo Stato. Ivan III gettò le fondamenta di quell'originale forma d'assolutismo che fu l'autocrazia russa: avocando a sè l'esclusivo diritto di proprietà su tutte le terre; privando i boiari e i principi della facoltà di abbandonare il suo servizio (reato di tradimento); creando la nuova classe dei "servitori dello Stato", in condizioni di stretta dipendenza dal sovrano, cui dovevano assoluta dedizione e dal quale erano ricompensati con elargizioni di terre a titolo vitalizi; accentuando l'autorità del potere centrale (istituzione dei prikazy, limitazione delle prerogative della duma dei boiari) a spese dei privilegi della nobiltà (Libro di giustizia in 68 articoli, 1497). Il figlio di Basilio III, Ivan IV chiamato poi il Terribile, succedette al padre nel 1533, all'età di tre anni. Cresciuto in un clima di odi e di violenze ed educato fin dall'infanzia nel culto dello Stato e dell'assolutismo monarchico, nutrì per tutta la vita un'inestinguibile avversione per la turbolenta nobiltà russa. A partire dall'incoronazione col titolo imperiale di zar (1547) [titolo di cui Ivan per primo fece uso ufficiale e regolare], fino al regime terroristico dell'opricnina(1565), tutto il suo regno fu una lotta senza quartiere contro ogni forma residua di autorità in contrasto con quella dello Stato: i principi vassalli vennero ridotti al rango di semplici boiari e questi a loro volta furono sottomessi al servizio obbligatorio; la Chiesa, la nobiltà e le città libere persero gran parte della loro indipendenza; i contadini cominciarono a esser legati alla terra; finanze, amministrazione e diritto vennero parzialmente unificati e sottomessi al diretto controllo del sovrano. Buon esito, anche se non durevole, ebbero i tentativi di avvicinamento con le potenze dell'Europa occidentale: risalgono infatti agli inizi del regno di Ivan i primi contatti commerciali con gli Inglesi della Compagnia di Moscovia, cui fu aperto il porto di Arcangelo (1553). Ma Ivan il Terribile riscosse i maggiori successi a Oriente. Grazie all'intraprendenza degli Stroganov di Novgorod e dell'atamano cosacco Ermak, per opera dei quali iniziò la conquista dei territori a est degli Urali (sottomissione del khan di Siberia Kucium, 1581-1582; distruzione del canato uzbeko dei Shaybanidi 1598-1600), la dominazione russa si estese in Siberia fino a Tomsk (1604). Tuttavia nonostante questi imponenti acquisti territoriali, alla fine del regno di Ivan, la Russia si trovava in una situazione estremamente precaria. Le ininterrotte guerre con gli Stati vicini e ancor più il regime di terrore instaurato da Ivan il Terribile ne avevano profondamente indebolito la compagine interna.

La tecnica militare svizzera
Un secondo elemento che determinò un più rapido inizio dello stato moderno fu l'uso in guerra dell'ordine svizzero. Si trattava di una tecnica militare elaborata dai cantoni svizzeri nella loro lotta secolare contro gli Asburgo. Essi usavano grosse formazioni di fanti armati di lunghe picche operanti in ordine chiuso: in tal modo un'insormontabile muraglia irta di punte si contrapponeva alle cariche di cavalleria vanificandole e sconvolgendole.
In tutte le guerre europee del tempo fu determinante disporre di mercenari svizzeri o di reparti addestrati all'ordine svizzero. Francia e Spagna che ebbero i mezzi per potersi servire dell'ordine svizzero conservarono la possibilità di dominare la scena militarmente, mentre gli altri stati si trovarono in una situazione di inferiorità. L'importanza politica della confederazione svizzera crebbe a dismisura: i sovrani che volevano servirsi di soldati svizzeri e impedire che i nemici facessero altrettanto dovevano accaparrarsi l'amicizia dei confederati con doni e favori. Le città della Confederazione divennero fiorenti centri commerciali. Dall'originario nucleo di lingua tedesca i Cantoni Svizzeri all'inizio del 400 già tendevano ad espandere il proprio dominio su zone italiane e francesi urtando contro i duchi di Milano, di Savoia e di Borgogna. Proprio a causa di queste lotte gli svizzeri esercitarono un peso importantissimo nella storia europea anche perché portarono allo sfacelo l'ultima grande potenza feudale, quella dei duchi di Borgogna, mentre agevolarono l'affermazione della prima grande potenza dell'Europa moderna, cioè la Francia.

I duchi di Borgogna
Mentre i re di Francia combattevano la guerra dei Cento Anni, i duchi di Borgogna giunsero a dominare sul territorio tra il Rodano ed il mare del Nord. Questo dominio abbracciava i Paesi Bassi con le ricchissime città delle Fiandre, i territori dell'Artois e della Piccardia, il ducato di Borgogna e la Franca Contea. Questo territorio univa la prosperità e lo sviluppo artistico delle città fiamminghe con il valore cavalleresco della Borgogna.
Alla fine della guerra dei cento anni il duca di Borgogna Carlo il Temerario (1465-77) capeggiò una lega di feudatari ribelli (Lega del bene pubblico) contro le tendenze assolutiste di Luigi XI re di Francia, del quale era vassallo.

Carlo il temerario in mezzo alle bandiere del suo esercito
L'impetuoso e prode duca di Borgogna aveva come avversario il re di Francia, calcolatore, astuto, abilissimo nei raggiri, dai gusti borghesi, così lontani dal teatrale fasto cavalleresco borgognone. Luigi, si adattò ad una pace di compromesso con la Lega del Bene Pubblico; ma, una volta allontanato il pericolo, si dette subito ad un'opera tenace ed intelligente di rafforzamento della propria autorità assoluta all'interno del regno di Francia. L'altro, invece, tentando di conquistare l'Alsazia e la Lorena per congiungere la Fiandra con la Borgogna, ebbe l'imprudenza di urtare gli Svizzeri che lo sconfissero disastrosamente a Nancy (1447) dove trovò la morte.
Alla figli Maria di Borgogna rimasero solo i Paesi Bassi che ella portò in dote a Massimiliano d'Asburgo. Il resto fu annesso al regno di Francia che saliva a quella posizione di massima potenza dell'Europa moderna, in cui doveva restare fino al secolo XVI.
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 A destra: picchieri svizzeri nella battaglia di Morgarten (1476).

   Domini di Carlo V


La monarchia francese
Carlo VII e Luigi XI (1461-1483) sono i creatori della potenza francese. Luigi XI malgrado i difetti della sua natura superstiziosa, crudele e subdola, era dotato di qualità politiche veramente notevoli, che gli permisero di lasciare alla sua morte una Francia molto più potente e ordinata di come l'aveva trovata.
Intorno alla metà del secolo XV, malgrado la vittoria nella guerra dei Cento Anni, molti paesi mancavano al completamento del del territorio francese. Calais era ancora in mano agli inglesi; Avignone in quella dei papi. Ad Oriente, il vasto stato fiammingo-borgognone costituiva, un costante pericolo per la integrità nazionale della Francia. A sud-est, il duca di Savoia, stendeva i suoi possessi fino al Rodano, facendo di Lione, una città di frontiera. Grandi potenze feudali, come i duchi di Bretagna e quelli d'Angiò, mantenevano ancora un atteggiamento di indipendenza nei confronti del potere centrale. Tuttavia l'abilità e la tenacia di Luigi XI, sostenuto dalla simpatia della borghesia cittadina, riuscirono a sgretolare progressivamente queste potenze feudali. Il re portò così sotto il diretto dominio della corona la maggior parte del territorio francese, sfruttando la morte di Carlo il Temerario e l'estinzione delle dinastie di Angiò e di Bretagna.
Luigi XI riorganizzò l'apparato tributario, così poté disporre di rendite superiori a quelle di ogni altro sovrano. La nobiltà continuava a fornire all'esercito la cavalleria pesante, ma, grazie alle disponibilità finanziarie, la vera forza dell'esercito francese diventavano le fanterie svizzere e una formidabile artiglieria. La Chiesa Francese faceva parte integrante della vita dello stato e dipendeva strettamente dalla corona per il conferimento dei benefici ecclesiastici e delle cariche vescovili. L'organizzazione burocratica e giudiziaria si rafforzò costringendo la nobiltà feudale ad una sottomissione alla corona incomparabilmente più stretta che nei secoli precedenti.
Luigi XI diventava così il sovrano europeo con la più grande disponibilità finanziaria da usare liberamente senza controllori. Nello stesso tempo nessuna nazione europea era meglio amministrata e più prospera della Francia. Gli abitanti della Francia erano il triplo degli Inglesi e molto più numerosi degli spagnoli. La ricca agricoltura rendeva la Francia più sicura degli altri stati che dipendevano dall'estero per i loro rifornimenti di grano. Esportavano vino, sale, canapa per le vele compensando nella bilancia commerciale le importazioni di prodotti industriali soprattutto dall'Italia e dalle Fiandre. Gli stretti rapporti con le banche fiorentine garantivano d'altronde ai re francesi la possibilità di attingere largamente a prestiti e finanziamenti. Nessun paese era ricco e potente quanto la Francia quando salì al trono di Francia il giovane Carlo VIII.

Lo stato spagnolo
Ancora meno unitaria della Francia prima di Luigi XI si presentava la penisola iberica alla metà del secolo XV. Essa contava infatti i quattro regni cristiani della CASTIGLIA, del PORTOGALLO, della NAVARRA e dell'ARAGONA (da cui dipendevano anche le corone della Sicilia e della Sardegna, mentre un ramo cadetto della dinastia aragonese sedeva sul trono di Napoli) nonché lo stato mussulmano del regno di Granata. Soltanto nel 1479 si delineò un principio di unificazione, allorché nel regno di Castiglia, fino ad allora sconvolto da turbolenze feudali, veniva riconosciuta come legittima sovrana la regina Isabella, già sposa del re di Aragona, Ferdinan- do il Cattolico. Le due corone di Castiglia e di Aragona rimanevano giuridicamente distinte l'una dall'altra, malgrado l'unione personale dei due sovrani, con due diverse amministrazioni, due diverse strutture economiche (pastorale in Castiglia, agricolo-commerciale in Aragona) e due diverse lingue come la catalana e la castigliana. Nemmeno religiosamente il territorio poteva dirsi unitario, data la presenza di Mori (arabi), nelle cui mani stava la maggior parte dell'agricoltura delle fertili regioni del Levante e del Meridione, e di Ebrei, attivi nel campo commerciale e artigianale.
L'unificazione della Spagna e la sua trasformazione in un paese retto da una monarchia assoluta di tipo moderno, furono l'opera personale dei due re cattolici ed in modo particolare dello scaltro Ferdinando il Cattolico (1479-1516). Le forze riunite dei due sovrani affrontarono infatti il regno di Granata e lo abbatterono, costringendo a rifugiarsi nell'Africa settentrionale l'ultimo re mussulmano (1492). Più tardi, anche la parte spagnola del regno di Navarra veniva assoggettata ed incorporata nello stato spagnolo (1512). Ferdinando il Cattolico riusciva ad imporre fermamente il suo dominio assoluto sul territorio così unificato, stroncando le resistenze feudali.
Contro la nobiltà feudale le borghesie cittadine già avevano preso ad istituire organismi di difesa collettiva nelle Hermandades (= Fraternità), dotate di proprie forze militari. Ferdinando il Cattolico organizzò una SANTA HERMANDAD unica, sotto il suo controllo, con un tribunale di proverbiale severità, liquidando così le violenze signorili. Ma soprattutto impose il suo assolutismo, identificando la causa della monarchia con quella della religione cattolica. Ottenne così un forte controllo sulla Chiesa, usando le nomine episcopali per rafforzare la propria autorità, e concentrò nelle sue mani le pingui rendite degli ordini monastico-cavallereschi, istituiti per combattere i Mori, rendendosi così più indipendente dal controllo finanziario delle Cortes, (i Parlamenti, dei regni iberici).
Le minoranze di EBREI e MORI, furono trattate come nemici dello stato. Fu imposto loro di convertirsi con la forza e fu attuata la cacciata degli Ebrei, restii alla conversione, anche per compiacere la borghesia spagnola gelosa dei loro successi economici. Per sorvegliare i maranos ed i moriscos, cioè i convertiti dal giudaismo e dall'Islam, fu istituito uno spietato tribunale, la Inquisizione spagnola, tristemente famoso per la sua crudeltà, alle dipendenze del sovrano, che poté servirsene anche per colpire i propri avversari ed arricchirsi con le confische dei beni dei condannati.
La cacciata degli Ebrei impoverì l'economia spagnola, allontanando una quantità di abili mercanti ed artigiani. Prevalse inoltre la prassi della limpieza de sangre, per cui era necessario provare di non avere antenati mussulmani od ebrei per ottenere uffici ecclesiastici, burocratici o militari. Tali carriere acquistarono di prestigio, mentre ne persero le professioni tradizionalmente esercitate dagli Ebrei, come il commercio. L'autorità della corona venne ad essere legata indissolubilmente ad una direttiva di fanatismo religioso e di bellicoso militarismo.
In passato, il regno di Aragona aveva avuto maggiore importanza di quello di Castiglia, per la sua fiorente marineria e la sua espansione nel Mediterraneo, che aveva portato all'annessione dei regni di Sardegna e di Sicilia. Ma le forze spagnole furono concentrate, alla fine del Quattrocento, nella conquista del regno di Granata, e questo avvantagiò la Castiglia. Inoltre, la marineria catalana del regno d'Aragona cominciò a perdere d'importanza, rispetto a quella atlantica del regno di Castiglia, specialmente dopo la scoperta dell'America. La Castiglia quindi cominciò a indirizzare tutta la politica spagnola in favore dei propri interessi.
Le vicende della politica europea porteranno la Spagna ad impegnarsi sempre di più in una serie di guerre per l'egemonia sull'l'Italia. A ciò non fu estranea la necessità di tutelare il dominio della Sicilia, grande esportatrice di grano, data la scarsità di cereali di cui soffriva la penisola iberica. Queste incessanti guerre ribadirono il predominio castigliano, perché i desolati altipiani della Castiglia, con i loro pecorai, i loro contadini poveri ed i loro piccoli nobili famelici, fornivano in quantità truppe di proverbiale sobrietà, resistenza ai disagi e coraggio, cui fu facile dare un addestramento all'ordine svizzero, creando così una delle migliori fanterie d'Europa. In pratica, le fortune della Spagna si identificarono con quelle della Castiglia e quindi con le sue tradizioni bellicose ed il suo fanatico spirito crociato.

Lo stato inglese
Uscita appena dalla guerra dei Cento Anni, l'Inghilterra piombava nuovamente in un conflitto intestino destinato a trascinarsi per un altro trentennio: la guerra delle Due Rose (1455-1485). La fine della guerra dei Cento Anni con l'abbandono del suolo francese da parte dell'Inghilterra, era una tale svolta nella politica nazionale, da non poter essere accettata facilmente da tutti, specie dall'aristocrazia feudale tradizionalmente avvezza a cogliere allori cavallereschi nelle campagne di Francia. Partigiani della ripresa della guerra e partigiani del mantenimento della pace, còlto il pretesto di una crisi dinastica, che metteva di fronte le due case di LANCASTER e di YORK inalberanti, rispettivamente, una rosa rossa ed una rosa bianca per emblema di guerra, si affrontarono furiosamente in una lotta interminabile, che finì col determinare la liquidazione dell'aristocrazia feudale, decimata dai combattimenti e dalle proscrizioni dell'accanita guerra civile.
Soltanto nel 1485, l'ultimo erede dei Lancaster, Enrico VII Tudor (1485-1509), pacificava le due fazioni, col proprio matrimonio con l'ultima erede della dinastia rivale, Elisabetta di York. Dopo la distruzione dell'aristocrazia feudale e l'abbandono delle cruente e difficili avventure militari in terra di Francia, la monarchia inglese poteva accingersi così all'opera di consolidamento interno, con l'appoggio della borghesia cittadina, analogamente a quanto stava avvenendo od era avvenuto in Spagna ed in Francia.
Come i sovrani francesi e spagnoli, Enrico VII restaurò l'ordine all'interno del regno, valendosi largamente di ministri tratti dalle file della piccola nobiltà o della borghesia. Mirò a diminuire l'autorità del Parlamento, dal quale si era reso indipendente finanziariamente con le confische dei beni della nobiltà avversaria, e tenne sotto rigido controllo la Chiesa, specie per quanto riguardava le nomine episcopali e il conferimento dei benefici ecclesiastici. Si servì infine di un inflessibile tribunale regio, la Star Chamber o CAMERA STELLATA, per ristabilire la giustizia, scossa dalle turbinose vicende della guerra.
La fine della politica di espansione in Francia, dette modo ad Enrico VII di estendere il proprio dominio sull'isola dell'Irlanda, il cui parlamento venne reso dipendente dal consiglio della corona d'Inghilterra, precisando così quei vincoli di sudditanza che fino ad allora erano esistiti in modo quanto mai vago tra l'uno e l'altro regno, nonché di fronteggiare il regno di Scozia, che, appoggiandosi sulla Francia, aveva assunto un atteggiamento nettamente ostile verso il regno dei Tudor.
In un punto essenziale, però, la politica di Enrico VII si differenziava da quella dei suoi colleghi di Francia e di Spagna. Mentre sia Luigi XI che Ferdinando il Cattolico completavano l'opera d'affermazione della monarchia con la creazione di un forte esercito, tratto o dalle fanterie mercenarie svizzere o da quelle nazionali spagnole, l'isolamento insulare, in cui si trovava l'Inghilterra, e le sue particolari condizioni economiche e demografiche, rendevano questo superfluo ad Enrico VII. Paese fino ad allora agricolo, piuttosto arretrato e scarsamente popolato, l'Inghilterra si avviò sotto Enrico VII a incrementare sempre più largamente la copiosa produzione locale di lana. Mentre la corona aveva potuto combattere la guerra dei Cento Anni attingendo largamente soldati dalle robuste file dei liberi agricoltori e dei piccoli proprietari, adesso le terre comunali e le piccole proprietà andavano sparendo divorate dalle recinzioni (enclosures) dei ricchi, che praticavano in estese proprietà l'allevamento degli ovini su larga scala. D'altronde, malgrado la crescita rapidissima della popolazione, la rovina della piccola agricoltura era largamente compensata dalle sempre maggiori necessità di mano d'opera per la nascente industria tessile. Ben poco incentivo restava così alla popolazione inglese a seguire l'esempio svizzero o spagnolo e darsi al mestiere delle armi. Mentre l'esercito di terra dei sovrani inglesi rimaneva inferiore a quello dei maggiori stati europei si sviluppava gradatamente una potente marina militare e commerciale. Anche l'Inghilterra partecipò alle scoperte geografiche grazie alle esplorazioni di Giovanni Caboto in America del nord.

L'impero ottomano è fondato da Osman I che regnò dal 1299 al 1326. Gli ultimi Paleologhi dell'impero bizantino, indeboliti dalle guerre civili, tentarono invano di ristabilire l'unione religiosa con Roma (concilio di Firenze, 1439) per ottenere l'aiuto dell'Occidente contro i Turchi Ottomani, i quali si impadronirono a poco a poco delle province europee dell'Impero. Gli Ottomani conquistarono infine Costantinopoli (29 maggio 1453), la Morea (1460) e Trebisonda (1461); gli ultimi stanziamenti bizantini e latini non tardarono anch'essi a soccombere. Nonostante i suoi motivi di debolezza, l'Impero bizantino, ebbe dunque più di mille anni di esistenza (395-1461).

Nel XVI secolo gli spagnoli conquistarono alcuni porti del territorio nordafricano, tra cui Algeri, e imposero ai musulmani il pagamento di tributi. Gli algerini chiesero aiuto a Selim I, sultano dell'impero ottomano, califfo di tutto l'Islam, che inviò la sua flotta comandata dai corsari Baba'Arug e Khayr al-Din, detto Barbarossa. I corsari sconfissero gli spagnoli e nel 1518 Khayr al-Din fu nominato beylerbey, rappresentante del sultano in Algeria.

Lo sviluppo dello Stato moderno in Italia
Mentre in europa, in seguito a lotte intestine, nascono stati moderni unitari, nel Quattrocento italiano non ci furono più seri tentativi per stabilire l'egemonia di uno Stato sugli altri, e finì per trionfare la politica dell'equilibrio, attribuita in particolare a Lorenzo il Magnifico che, pur essendo un privato cittadino, indirizzava la politica della repubblica di Firenze nella direzione desiderata.
Il commercio e la produzione per mercati lontani furono razionalizzati, e la cultura favorita in ogni modo anche per tentare la giustificazione della politica dei prìncipi in quegli aspetti che la morale giudicava riprovevoli.
Lo sviluppo delle arti figurative e l'invenzione della stampa a caratteri mobili estesero la possibilità di accesso al sapere, così come lo sfruttamento della scienza mediante una più efficiente tecnologia rimetteva in movimento energie rimaste sopite da tanto tempo.


Verrocchio, Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni, Campo Santi Giovanni e Paolo a Venezia
Questi furono gli anni d'oro del sistema dei capitani di ventura. Alberico da Barbiano, con la vittoria del 1379 sulle truppe francesi che minacciavano Roma, fu il fondatore della tradizione italiana, divisa in due scuole: quella di Fortebraccio da Montone che sosteneva la tattica dello sfondamento mediante una decisa azione a cuneo contro lo schieramento avversario; e quella di Muzio Attendolo, soprannominato lo Sforza, che mirava a fiaccare l'avversario mediante una serie di marce e contromarce che dovevano esasperarlo fino a indurlo all'attacco da una posizione sfavorevole. Il mestiere delle armi rendeva bene: se il capitano di ventura possedeva capacità politiche, poteva divenire signore di uno Stato. I casi più noti sono quelli dei Gonzaga a Mantova, degli Este a Ferrara e dei Montefeltro a Urbino, ma soprattutto di Francesco Sforza, figlio di Muzio Attendolo, che si impadronì del ducato di Milano.