Giuseppe Pignatale
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   1492: Cristoforo Colombo scopre l'America ma non lo sa.
Cristoforo Colombo nel ricercare la via più breve per le spezie, scopre il continente americano: ma non lo sa!
 
 
 APPROFONDIMENTI

 L'America precolombiana.









SCOPERTA DELL'AMERICA. Prima di Colombo già alcuni popoli avevano compiuto dei tentativi verso il nuovo continente, come ad esempio i vichinghi (che certamente giunsero a Terranova) e i portoghesi, che avevano colonizzato le Azzorre, situate al largo nell'Atlantico; alcuni colonizzatori islandesi erano giunti inoltre in Groenlandia all'inizio del II secolo.

 12 ottobre 1492: Colombo sbarca nel nuovo mondo.

La mattina del "12" le caravelle riuscirono a trovare un varco nella barriera corallina e gli equipaggi riuscirono a sbarcare su un'isola chiamata, nella lingua locale, Guanahani, che Colombo battezzò Isola di San Salvador; sebbene l'identità moderna di questa isola, si tratta, presumibilmente, di un'isola delle Bahamas.

   

LA VIA PIU' BREVE PER LE INDIE. Abbiamo visto come con le Crociate il mondo europeo sia venuto a contatto con quello arabo: ricchi tessuti lavorati con filo d'oro, cura degli ammalati, cucina ricca di spezie.... Quest'ultime erano molto ricercate in tutta Europa e venivano fornite dalla città marinare come Venezia grazie alla via della seta. Molti, all'inizio portoghesi e spagnoli, cominciarono a pensare se ci fosse una via più breve e scorrevole....

Colombo basandosi sulle carte geografiche del suocero, sui racconti dei marinai e sui reperti (canne, legni e altro) trovati al largo delle coste delle isole del "Mare Oceano" (l'Atlantico), Colombo cominciò a convincersi che al di là delle Azzorre dovesse esserci una terra e che questa non potesse essere altro che l'Asia. A Lisbona Colombo cominciò a documentarsi e a leggere testi geografici come l'Historia rerum ubique gestarum di papa Pio II stampata nel 1477, l'Imago mundi di Pierre d'Ailly (1480) e Il Milione di Marco Polo. Una notevole influenza sulla decisione poi presa da Colombo dovette esercitare una lettera che nel 1474 Paolo Toscanelli indirizzò al canonico di Lisbona Fernando Martins de Reriz, in risposta al quesito postogli da Alfonso V del Portogallo attraverso lo stesso canonico. Nella missiva, che è quasi certo che Colombo avesse conosciuto, il fisico fiorentino riteneva percorribile una rotta verso ovest per raggiungere l'India.
Colombo incontrò il re Giovanni II di Portogallo nel 1483 e nell'udienza gli chiese la somma necessaria per il suo progetto, ma dopo aver consultato i suoi esperti il Re rifiutò la proposta.
Colombo nel 1485, dopo la morte della sua donna, si recò nel Regno di Castiglia, a Palos de la Frontera, insieme al figlio, quindi si recò a Siviglia. Cristoforo era alla ricerca di qualcuno che potesse finanziare l'impresa: dapprima provò con il duca Medina Sidonia, ma questi non ottenne l'appoggio della Corona e si trovò costretto a rifiutare; in seguito tentò con don Luis de la Cerda, duca di Medinaceli che convinse parzialmente la regina Isabella di Castiglia, la quale decise di incontrare Colombo. Recatosi a Cordova giunse, il 20 gennaio 1486, al cospetto di Alfonso de Quintanilla, tesoriere dei regnanti, come preludio all'incontro con la Regina, in quel momento assente. L'esploratore intanto visse nella città frequentando i fratelli Luciano e Leonardo Barroia, che gli presentarono Diego de Arana, di cui conobbe la moglie Costanza e la cugina Beatrice (Beatriz Enríquez de Arana). Quest'ultima, ventenne di famiglia dedita al commercio vinicolo e orfana da tempo, ebbe una relazione con Colombo che non giunse al matrimonio. Il navigatore ebbe una relazione anche con la marchesa di Moya. Ai primi di maggio dello stesso anno i regnanti arrivarono nella città e finalmente Ferdinando II di Aragona e Isabella incontrarono Cristoforo. L'esploratore presentò il suo progetto di raggiungere per mare il Catai e il Cipango. Tra il 1486 e il 1487 una commissione, presieduta da padre Hernando de Talavera (confessore dei re cattolici) e composta da uomini dotti (letrados) come Rodrigo Maldonado de Talavera, si riunì per vagliare le effettive possibilità di riuscita del viaggio. Essa seguì i reali nella città di Cordova fino a fine anno e poi si trasferì al loro seguito a Salamanca. Il verdetto di quella che venne definita la "battaglia di Colombo" arrivò solo alla fine del 1490 e gli esperti alla fine bocciarono la proposta.
Nel 1488 Colombo ebbe un altro figlio, Fernando, da Beatrice. Negli anni seguenti Colombo cercò varie volte di farsi ascoltare dalla corte castigliana e decise di rivolgersi pure, tramite il fratello Bartolomeo, ai sovrani d'Inghilterra e di Francia. Intanto conobbe Martín Alonso Pinzón. Nel 1492, col protrarsi dell'attesa, il navigatore era giunto oramai ai limiti della resistenza, e, dopo sette anni di soggiorno nel regno di Castiglia, anche le sue risorse economiche si erano ridotte al punto da non essere quasi più in grado di provvedere alla sua famiglia, costringendolo a vendere libri e disegnare mappe.
Padre Juan Pérez, confessore personale della Regina, tramite Sebastiano Rodriguez[33] fece recapitare una missiva alla stessa regina, la quale due settimane dopo fece convocare il padre. Il tesoriere Luis de Santangel, Ferdinando Pinello e altri intanto assicurarono la copertura finanziaria eventualmente richiesta. Si riunirono nuovamente gli esperti, mentre Colombo ricevette tramite lettera la comunicazione di una nuova udienza. Decisivo fu anche il contributo del vescovo Alessandro Geraldini originario della città di Amelia, anche lui confessore della regina Isabella e amico personale di Colombo e del fratello Antonio; per sua insistenza, la Regina si convinse definitivamente a consentire il viaggio del grande navigatore. Colombo avrebbe poi intitolato una delle isole del Nuovo Mondo a Graziosa, madre del Geraldini, e il prelato divenne anche il primo vescovo residenziale delle Americhe. Colombo si recò a Siviglia, ma i reali si erano trasferiti a Santa Fe. Colombo li raggiunse e nell'incontro, dove i reali erano propensi ad accettare di finanziare l'impresa, dettò le sue condizioni. Chiese il titolo di ammiraglio e la carica di viceré e "governatore delle terre scoperte" (titolo che doveva essere ereditario), la possibilità di conferire ogni tipo di nomina nei territori conquistati[35] e, inoltre, una rendita pari al 10% di tutti i traffici marittimi futuri. Le richieste furono considerate eccessive e non si fece alcun accordo, per cui Colombo partì, ma venne richiamato[36] e le richieste vennero accettate in caso di riuscita del viaggio. Durante le trattative, che durarono tre mesi, Isabella si fece rappresentare da Juan de Coloma, mentre le bozze erano redatte dallo stesso padre Perez. Il contratto (Capitolaciones), firmato il 17 aprile 1492, prevedeva cinque paragrafi. La somma necessaria per l'armamento della flotta, pari a 2 000 000 di maravedí, sarebbe stata versata metà dalla corte e metà da Colombo, finanziato da un istituto di credito genovese, il Banco di San Giorgio e il mercante fiorentino Giannotto Berardi. Si trattava, in realtà, di una somma modesta anche per quei tempi: si calcola, infatti, che quella che si sarebbe rivelata come una delle più importanti spedizioni della storia umana, fu finanziata con una spesa complessiva variabile fra gli attuali 20 000 e 60 000 €. Dopo la firma Colombo lasciò la città il 12 maggio, quando era già deciso il luogo di partenza, Palos.
Furono così allestiti tre velieri (di norma definiti cara- velle), di cui due – la Santa Maria e la Pinta – dotati di alberi a vele quadre e uno – la Niña – dotato di vela latina (quindi tecnicamente non navi dal punto di vista velico, perché non dotati di tre alberi a vele quadre).
 Sotto: i tre velieri.

La Santa María (in realtà si trattava di una caracca) stazzava 150 tonnellate e, in qualità di nave ammiraglia, era capitanata dallo stesso Colombo. La Pinta, che stazzava 140 tonnellate, e la piccola Niña, che ne stazzava solamente 100, erano comandate rispettivamente da due armatori di Palos, Martín Alonso Pinzón e suo fratello minore Vicente Yáñez Pinzón. Inizialmente solo due navi erano pronte, recuperate senza grosse spese a carico della Corona di Castiglia, mentre si decise che chi avesse partecipato all'impresa avesse sospesa ogni pendenza legale (sia civile sia penale) in carico. Nel reclutare i 90 marinai, Colombo fu validamente aiutato da Martín Pinzón che godeva di ottima fama nella città. A Martín Pinzón spettava il ruolo di comandante in seconda di Colombo e l'esecuzione pratica del viaggio, mentre a Colombo spettava la guida come condottiero dell'idea. Il pilota della flotta era il cantabrico Juan de la Cosa, proprietario della Santa Maria.

PRIMO VIAGGIO. La partenza avvenne alle sei del mattino del 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera, con rotta verso le Isole Canarie per sfruttare i venti. Il 6 agosto si ruppe il timone della Pinta e si credette a un'opera di sabotaggio, quindi furono costretti a uno scalo di circa un mese a La Gomera per le necessarie riparazioni. La Pinta giunse con due settimane di ritardo a causa dell'avaria, tanto che Colombo pensò di sostituirla con un'altra caravella. Si approfittò della sosta per modificare anche la velatura della Niña, trasformandola da latina a quadra per meglio adeguarla alla navigazione oceanica. Va anche detto che a La Gomera era presente la giovane vedova del governatore, Beatrice di Bodabilla, che a quanto pare aveva già avuto uno scambio di cortesie col navigatore.

 Primo viaggio nel Mar dei  Caraibi.
  Le tre navi ripresero il largo il 6 settembre spinte dagli alisei, dei quali Colombo conosceva l'esistenza. Questi venti spirano sempre da est verso ovest formando stabilmente una striscia di nuvole galleggiante nell'aria, tanto che l'ammira- glio nel giornale di bordo scrisse: «Si naviga come tra le sponde di un fiume». Un'altra, tra le suggestioni del primo viaggio transoceanico, fu
la posizione delle navi costantemente rivolte verso il tramonto, oltre che la sensazione di procedere per ampi spazi mai prima toccati.
Le caravelle navigarono per un mese senza che i marinai riuscissero a scorgere alcuna terra. Il 16 settembre le caravelle cominciarono a entrare nel Mar dei Sargassi e Colombo approfittò dello spettacolo delle alghe galleggianti (un fenomeno tipico di questo mare) per sostenere che tali vegetali erano sicuramente indizi di terra vicina (cosa in realtà non vera), tranquillizzando temporaneamente i suoi uomini.
A partire dal giorno 17 si osservò con stupore il fenomeno assolutamente sconosciuto della declinazione magnetica: la bussola indicava il polo magnetico distaccandosi sempre più dal nord geografico, col rischio di allontanare le navi dalla loro rotta. Questi strani fenomeni ebbero l'effetto di spaventare i marinai e la tensione crebbe inevitabilmente. Il 6 ottobre Colombo registrò di aver percorso 3652 miglia, già cento in più di quante ne aveva previste. Lo stesso giorno vi fu una riunione generale dei comandanti a bordo della Santa Maria, durante la quale Martín Pinzón suggerì di cambiare rotta da ovest a sud-ovest. Il 7 ottobre Colombo decise di virare quindi verso sud-ovest, avendo visto alcuni uccelli dirigersi verso quella direzione.
Il giorno 10 vi fu un principio di ammutinamento; Colombo, più che mai fermo nella propria idea e forte degli studi che aveva compiuto nel corso del viaggio, riuscì forse a ottenere un accordo: se entro tre o quattro giorni le vedette non avessero scorto alcuna terra le caravelle sarebbero tornate indietro o si sarebbe deciso diversamente. Giovedì 11 ottobre si ebbero alcuni segnali positivi: furono avvistati diversi oggetti fra cui un giunco, un bastone e un fiore fresco che un marinaio pescò in mare: soltanto la vicinanza della terra emersa poteva giustificare questi ritrovamenti. Durante la notte Colombo si disse convinto di avere intravisto in lontananza una luce, «como una candelilla que se levava y se adelantaba» ("come una piccola candela che si levava e si agitava"). Fu solo alle due di notte di venerdì 12 ottobre 1492 che Rodrigo de Triana, a bordo della Pinta, distinse finalmente la costa; (tuttavia, il premio in denaro promesso al primo che avesse avvistato la terra fu aggiudicato a Colombo).
La mattina del 12 le caravelle riuscirono a trovare un varco nella barriera corallina e gli equipaggi riuscirono a sbarcare su un'isola chiamata, nella lingua locale, Guanahani, che Colombo battezzò Isola di San Salvador; sebbene l'identità moderna di questa isola, si tratta, presumibilmente, di un'isola delle Bahamas. Gli spagnoli furono accolti con grande cortesia e condiscendenza dai Taino, la tribù abitante dell'isola. Colombo stesso, nella sua relazione, sottolinea più volte la gentilezza e lo spirito pacifico dei suoi ospiti: « Gli abitanti di essa […] mancano di armi, che sono a loro quasi ignote, né a queste son adatti, non per la deformità del corpo, essendo anzi molto ben formati, ma perché timidi e paurosi […] Del resto, quando si vedono sicuri, deposto ogni timore, sono molto semplici e di buona fede, e liberalissimi di tutto quel che posseggono: a chi ne lo richieggia nessuno nega ciò che ha, ché anzi essi stessi ci invitano a chiedere »
(Cristoforo Colombo, prima relazione sul viaggio nel Nuovo Mondo, 14 marzo 1493)

La sera del 27 ottobre le caravelle arrivarono alla fonda della baia di Bariay, a Cuba, nell'attuale provincia di Holguín. Nel diario di bordo di domenica 28 ottobre troviamo scritto: "Es la isla mas hermosa que ojos humanos hayan visto" ("È l'isola più bella che occhio umano abbia mai visto"). Tuttavia, data la mancanza di oro e la condizione primitiva degli indigeni, l'ammiraglio pensò di essere arrivato soltanto in un remoto avamposto della grande civiltà asiatica descritta da Marco Polo. Martín Alonso Pinzón aveva udito dagli indigeni delle immense ricchezze dell'isola di Babeque e dopo alcuni tentativi fatti insieme a Colombo decise di proseguire le ricerche senza autorizzazione. Sta di fatto che per circa due mesi la flottiglia si ridusse a due sole caravelle, con le quali venne esplorata la costa settentrionale di Haiti, battezzata "Hispaniola". Giunsero quindi nella baia che Colombo chiamò "Bahia de los Mosquitos" (altro nome che sopravvisse nei secoli) e si parlò di un'isola a forma di tartaruga che il navigatore chiamò "Tortuga".
Sempre convinto di trovarsi in Asia, Colombo confuse la parola indigena Cibao col ricchissimo Cipango, ovvero il Giappone, alla ricerca del quale si mise subito in viaggio superando Capo d'Haiti. Verso la mezzanotte del 25 dicembre, a poca distanza dalla costa, la Santa Maria andò in secco di prua arenandosi sopra un banco corallino. L'Ammiraglio, svegliatosi, ordinò di tonneggiare gettando l'ancora verso poppa per poi trainarla da un argano allo scopo di far retrocedere la nave. Venne quindi gettata in mare una lancia su cui salì anche Juan de la Cosa, che però, inaspettatamente, decise di dirigersi verso la Niña. La Santa Maria rimase in condizioni precarie e venne abbandonata; a nulla servirono gli ultimi sforzi dei marinai.
L'Ammiraglio, rimasto con una sola caravella, dovette abbandonare parte della ciurma (39 persone in tutto) con la promessa che sarebbe tornato a riprenderli durante il secondo viaggio transoceanico. Fece quindi costruire un forte – La Navidad – a poca distanza dal luogo dell'incidente. Successivamente gli indigeni dissero di aver avvistato "un'altra casa sull'acqua" (la Pinta) ma a nulla servì il messaggio che Colombo cercò di inviargli. Il 4 gennaio si tentò ancora di entrare in contatto mentre il 5 la flotta si riunì nelle vicinanze di Monte Christi. Seguirono l'incontro e le giustificazioni di Martín Alonso Pinzón.
Il capitano della Pinta affermò di essersi recato senza successo a Babeque e di aver fatto scambi proficui con Caonabò, un potente cacicco indio. Colombo non gli credette ma lo perdonò in quanto gli era impossibile intraprendere il viaggio di ritorno con una sola imbarcazione.[79] Prima del rientro decisero di trarre in secco le due navi a Capo Samanà per un lavoro di restauro. Il 13 gennaio furono attaccati da una tribù ostile, che Colombo credette fossero i temibili Canibi.[80] Negli scontri si ebbero soltanto alcuni feriti ma Colombo decise comunque di partire prima possibile all'alba del 16 gennaio 1493.
Consapevole che per il viaggio di ritorno la flotta avrebbe dovuto muovere a settentrione per uscire dal regime degli alisei, Colombo risalì fino al 35º parallelo, quasi in linea col parallelo di Capo S. Vincenzo in Portogallo. Quindi, il 23 gennaio, puntò la prua a levante. Il navigatore non poteva sapere che in inverno, a tali latitudini, l'oceano Atlantico è sconvolto da violentissime tempeste come quella in cui s'imbatté il 13 febbraio. L'uragano durò circa due giorni, ridusse allo stremo la resistenza delle piccole caravelle e le separò senza alcuna possibilità di manovra. Colombo, temendo il peggio, gettò in acqua un barile che conteneva i documenti e i resoconti dell'impresa (il barile non venne mai ritrovato). Placatasi finalmente la burrasca, Colombo approdò fortunosamente alle isole Azzorre, sull'isola di Santa Maria. Da qui, la malconcia Niña ripartì il 24 febbraio arrivando otto giorni dopo a Restelo, nei pressi di Lisbona. Rui de Pina, umanista portoghese alla corte di Giovanni II, scrisse del suo arrivo in Portogallo: « Il 6 marzo 1493 è arrivato dalle Antille di Castiglia Cristoforo Colombo, italiano… »
Nonostante l'inimicizia dei portoghesi, Colombo venne cortesemente ricevuto da re Giovanni II a Vale do Paraíso, vicino Azambuja, mettendo a sua disposizione il porto di Lisbona per il restauro della caravella. Martín Alonso Pinzón, intanto, era riuscito a giungere a Baiona nell'attuale Galizia ai primi di marzo (rientrando quindi nella Penisola Iberica prima di Colombo); fece poi vela per Palos arrivandovi poche ore dopo la Niña, già sofferente di una misteriosa malattia che in breve tempo lo condusse alla morte (probabilmente la sifilide).



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Colombo aveva portato con sé un po' di oro, tabacco e alcuni pappagalli da offrire ai sovrani quali segni tangibili delle potenzialità delle "isole dell'India oltre il Gange". Condusse anche dieci indiani Taino. Furono giorni di festa nella città di Siviglia, Cordova e Barcellona, dove l'Ammiraglio giunse il 20 aprile accolto dai sovrani con onori trionfali. Il ricevimento continuò nella cappella di Sant'Anna per celebrare il Te Deum consumando poi un pranzo con il rito della "salva", solitamente riservata alla stirpe di sangue reale. I sovrani lo sollecitarono infine a intraprendere una seconda spedizione.

Secondo viaggio. L'ammiraglio Colombo salpò per il suo secondo viaggio da Cadice il 25 settembre con 17 navi, fra cui la Niña ora denominata Santa Clara, e un equipaggio di circa 1200 uomini, tra i quali vi erano il figlio Diego, il fratello Giacomo, il padre di Las Casas, mentre i documenti relativi al viaggio provengono dalle cronache di Diego Alvarez Chanca e di Michele da Cuneo, infatti il diario di bordo andò perduto. Colombo salì al comando della nuova nave ammiraglia: Santa Maria, denominata in seguito Mariagalante. Il 3 novembre la flotta raggiunse Dominica e veleggiò tra le piccole e le grandi Antille. Il 19 arrivarono a Porto Rico e il 22 dello stesso mese Colombo tornò a Hispaniola, dove scoprì che gli uomini dell'equipaggio che aveva lasciato erano stati uccisi e la fortezza rasa al suolo.


Secondo viaggio di Colombo.
Fondò un nuovo avamposto, "La Isabela", sorta sulle rive del rio Bahonito nei primi giorni dell'anno 1494. Le condizioni del luogo e il cibo indigesto fecero ammalare centinaia di uomini entro la fine del mese. L'ammiraglio preoccupato fece partire Antonio de Torres con dodici navi verso l'Europa, cariche di pochissimo oro. Colombo trascorse alcuni mesi nell'esplorazione dell'entroterra alla ricerca di oro, creò un nuovo forte, San Tomás. Il 24 aprile 1494 lasciò l'isola e il 30 aprile giunse a Cuba. Il 12 giugno 1494 si trovò di fronte all'isola di San Giovanni evangelista a 100 miglia dalla fine dell'isola. Colombo fece firmare a ognuno dei membri delle caravelle un giuramento con il quale si affermava che si era giunti nelle Indie, nel continente.
Colombo cadde malato quando tornò a Isabela il 29 settembre, intanto era giunto con tre caravelle suo fratello Bartolomeo, giusto in tempo per essere nominato dal fratello, incapace al momento, adelantado (titolo castigliano di nomina regia che nello specifico coniugava i poteri di governatore con quelli di giudice, ma per una regione ancora da conquistare, quindi i poteri venivano conferiti in anticipo, in adelante in spagnolo) della colonia, ovvero delegò ogni potere a lui. Gli spagnoli non furono contenti di tale gesto: lo stesso Margarit con padre Buyl al seguito decise di ammutinarsi e prendere le tre caravelle di Bartolomeo per tornarsene in Europa, molti li seguirono. Cominciarono delle battaglie contro gli indigeni, che videro al termine la vittoria spagnola.
Giunse Juan Aguardo inviato dai reali ispanici nell'ottobre del 1495, maggiordomo di corte, il cui compito era quello di osservare, informarsi registrando le testimonianze dei coloni e riferire. Colombo decise quindi di ritornare in Europa ma prima della partenza un violento uragano si abbatté su Isabela, distruggendo tutte le caravelle tranne la Niña, insufficiente per tornare con tutti gli uomini rimasti. Fece quindi costruire un'altra caravella, pronta nel marzo del 1496, e a quella imbarcazione venne dato il nome di India. Duecento uomini salirono su quelle navi a cui si aggiunsero trenta schiavi fra cui Caonabò catturato in precedenza, che morì durante il viaggio. Partirono il 10 marzo del 1496 e giunsero l'11 giugno del 1496 a Cadice.

Terzo viaggio. Dopo due anni trascorsi in Castiglia, incontrò a Burgos i re ispanici e li convinse della necessità di una nuova spedizione. I sovrani stanziarono la somma necessaria per il viaggio e Colombo riuscì così ad armare sei navi, con un equipaggio di circa 300 marinai. La flotta, partita il 30 maggio 1498, diresse verso La Gomera dove le sei navi si divisero: tre proseguirono con Colombo, mentre le restanti proseguirono per le rotte ormai consolidate, verso Dominica. L'ammiraglio puntò con la flotta ridotta verso le isole di Capo Verde, da dove raggiunse poi Trinidad il 31 luglio. Nell'agosto di quello stesso 1498 Colombo esplorò il Golfo di Paria e le coste orientali dell'attuale Venezuela, addentrandosi nel delta dell'Orinoco. Convinto di essere di fronte a piccole isole piuttosto che a un continente, decise di non sbarcare, inviando solamente dei marinai che incontrarono terre ricche di perle.

Terzo viaggio di Colombo
La flottiglia giunse a Hispaniola l'11 agosto del 1498. Colombo cercò la nuova città fondata dal fratello, Santo Domingo, dove arrivò alla fine del mese. Lì fu raggiunto dall'altro fratello, Diego. Dopo che nella città scoppiò, nel 1499, una rivolta capeggiata da Francisco Roldán (l'alcalde di Isabella), i sovrani ispanici, avvertiti dai reduci dei disordini sull'isola e leggendo delle strane pretese avanzate da Colombo nella sua missiva, inviarono nel 1500 Francisco de Bobadilla per far luce sull'accaduto. Al suo arrivo Adrian de Muxica, uno dei secondi di Roldán venne catturato e ucciso.
Resosi conto della situazione, Bobadilla arrestò prima Diego e successivamente Colombo e Bartolomeo. Decise quindi di ricondurli in patria. I tre partirono nel mese di ottobre a bordo della Gorda, una caravella, giunsero nello stesso mese a Cadice. All'arrivo, Colombo, ancora incatenato come sua richiesta, consegnò a un suo uomo di fiducia una missiva da recapitare a Donna Juana, sorella di Antonio de Torres, confidente della regina. Isabella fece liberare Colombo, che però dovette rinunciare al titolo di viceré.

Quarto viaggio. Dopo l'incontro con i reali avvenuto nel dicembre del 1500 a Granada il 3 settembre del 1501 i reali esternarono il loro pensiero: fu tolta la carica di viceré a Colombo e governatore e giudice supremo delle isole e della terraferma delle Indie fu proclamato Nicolás de Ovando. L'ammiraglio organizzò un altro viaggio e su insistenti richieste il 14 marzo 1502 i reali accettarono la proposta, ma in cambio non avrebbe portato altri schiavi e non avrebbe dovuto fare scalo a Hispaniola, almeno all'andata, intanto Ovando partì con 32 navi e 2 500 uomini diretti verso Hispaniola. Colombo partì accompagnato dal fratello Bartolomeo e dal figlio tredicenne Fernando.

Quarto viaggio di Colombo
Le quattro navi concesse fra cui la Santiago, la Gallega, pilotata da Pedro de Terreros, e la Vizcaina, comandata da Bartolomeo Fieschi, salparono da Cadice il 9 maggio 1502. Il pilota era Juan Sanchez, posto sotto gli ordini di Diego Tristan; Colombo era invecchiato tanto da non poter prenderne il comando. Dopo lo scalo a Gran Canaria, si riprese la traversata che finì, 20 giorni dopo, a Martinica. Dopo una sosta di qualche giorno si rivolse verso Hispaniola, città che gli era stato vietato raggiungere. Colombo aveva previsto il sopraggiungere di un uragano, così chiese rifugio per le imbarcazioni a Ovando che rifiutò. L'ammiraglio trovò un altro luogo dove ripararsi ma venti navi partite per il ritorno in Spagna su cui vi erano imbarcati de Torres, Francisco de Bobadilla e Francisco Roldán, vennero distrutte e non ci furono sopravvissuti al disastro, mentre le navi di Colombo si salvarono. Ripartì verso l'America centrale continentale con l'intenzione di trovare un passaggio per le Indie.
Tra il luglio e l'ottobre di quell'anno Colombo costeggiò l'Honduras, il Nicaragua e la Costa Rica. Fra piogge continue, in 28 giorni viaggiarono per 170 miglia. Il 5 ottobre giunse in quello che gli indigeni chiamavano Ciguara, luogo che in futuro sarà il canale di Panamá, raggiungendo la città di Panamá, il 16 ottobre. Saputo di Veragua, una regione ricca d'oro, pensò allo sfruttamento della zona, talmente impervia però da abbandonare il progetto. Gli indigeni locali ostili, armati con mazze in durissimo legno di palma, in uno scontro uccisero Diego Tristan e alcuni marinai che erano andati con lui in perlustrazione e ne ferirono molti altri, fra cui lo stesso Bartolomeo. Colombo, malato da tempo, decise di abbandonare tutto, Gallega compresa, grazie all'aiuto di Diego Mendez, promosso poi al posto del defunto Tristan, le perdite furono limitate.
Il 16 aprile 1503 Colombo lasciò quei luoghi, ripartendo per Hispaniola, scoprì le Isole Cayman e le battezzò Las Tortugas per le numerose tartarughe marine che vi erano presenti, ma durante la navigazione gli scafi risultavano infestati da dei parassiti, le teredini, comuni nelle acque caraibiche che indebolirono la struttura delle tre navi rimaste. La prima a cedere fu la Vizcaina che venne abbandonata in un'insenatura. Il 25 giugno giunsero nella baia di Santa Gloria. Gli equipaggi furono costretti a sbarcare sulla costa settentrionale della Giamaica. Le navi infatti avevano imbarcato troppa acqua e la spedizione era giunta in Giamaica svuotandole con le pompe e i secchi di bordo. Poco dopo l'arrivo trascinarono le navi in riva e le puntellarono per creare un riparo e una difesa contro gli indigeni. Si trovavano vicini a un villaggio, Maima.
Colombo vietò a chiunque di scendere dalle navi e inviò Diego Mendez con tre uomini al seguito ottenendo permessi per la caccia e la pesca, si pensò al ritorno l'ammiraglio ebbe l'idea di creare una canoa permettendo un uomo di giungere a Hispaniola, l'incarico fu affidato a Mendez. Alla fine le canoe furono due e l'esempio di Mendez fu seguito da Bartolomeo Fieschi, con loro salirono diversi indigeni, di cui uno morì per la sete venendo poi gettato a mare. Dopo tre giorni di navigazione giunsero a Navassa, a settembre furono a Santo Domingo. Durante le lunghe trattative Francisco Porras e Diego Porras, seguiti da 48 uomini si ribellarono a Colombo, vollero tentare l'attraversata in canoa come i due tempo addietro ma non ebbero fortuna e tornarono arrendendosi.
Gli indigeni stavano per ribellarsi ma Colombo riuscì poco dopo a prevedere un'eclissi lunare del 29 febbraio e mandò quindi a chiamare gli indigeni

Colombo e l'eclissi lunare
sostenendo che il suo dio era in collera con loro e avrebbe oscurato il cielo. La sera la luna divenne rossa e il giorno dopo gli indigeni spaventati ripresero a fornire cibo ai superstiti. Nel mese di giugno 1504 giunse Diego de Salcedo con una nave da lui pagata con al seguito una piccola imbarcazione, i soccorritori erano giunti. Il 28 giugno ripartirono per Hispaniola, il 12 settembre alla volta della Spagna, pagando di tasca propria il viaggio di rientro. Arrivò in Spagna il 7 novembre.

Morte a Valladolid. Alla fine del 1504 decise di non lasciare più il Regno di Castiglia, anche se in un ambiente a lui ostile, risiedeva a Siviglia mentre i reali a Segovia. Inviava lettere al figlio, Diego, divenuto cortigiano di corte chiedendo incontri con i reali che non ebbero mai luogo. La regina Isabella, sua protettrice, malata da tempo, nel frattempo era morta, mentre il Re e la corte non compresero l'importanza delle sue scoperte, né accettarono il suo "Memorial des Agravios", un lungo memoriale sui torti ricevuti.
Il figlio riuscì a far ottenere al padre un incontro con re Ferdinando, e per le sue rivendicazioni fu decisa la creazione di un ruolo apposito, di un arbitro, ricadendo su padre Deza tale compito che svolse con dedizione, ma i risultati non furono dei migliori per Colombo. Gli offrirono Carrion de los Condes in cambio di tutte le sue rivendicazioni ma egli rifiutò, in seguito giunse a Valladolid. Morì a Valladolid il 20 maggio 1506 a causa di un attacco di cuore dovuto alla sindrome di Reiter, come stabilito da una pubblicazione del febbraio 2007 di Antonio Rodriguez Cuartero dell'Università di Granada. I sintomi di tale malattia sono stati ritrovati nei diari di Colombo e negli scritti dei suoi contemporanei: dolore durante la minzione, rigonfiamento e indebo-
 La tomba di Colombo nella  cattedrale di Siviglia

limento delle ginocchia e congiuntivite, diventati evidenti negli ultimi tre anni di vita. Venne sepolto inizialmente in una chiesa della città, ma i suoi resti furono poi inumati nella cripta di un monastero a La Cartuja (Siviglia, dove venne poi sepolto anche suo figlio Diego) e successivamente, nel 1509, posti nella cattedrale della stessa Siviglia. Nel 1537 le spoglie di Cristoforo e Diego vennero trasportate a Hispaniola nella cattedrale di Santo Domingo dove rimasero fino al 1795, quando l'isola dovette essere ceduta ai francesi. Gli spagnoli spostarono quindi i resti a L'Avana e poi, nel 1898 in seguito alla vittoria degli Stati Uniti nella guerra ispano-americana, di nuovo a Siviglia in un elaborato catafalco.